Scherzi Del Mare

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Scherzi Del Mare
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Marco Fogliani

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Indice dei contenuti

  SERENA LA SIRENA

  OSVALDO IL PESCATORE

  I MOSTRI MARINI

  PAESAGGIO MOZZAFIATO

  SULLA SPIAGGIA

  IL BRACCIALETTO SMARRITO

  LA STORIA DI JASMIN

  UN FIASCO D'AMORE IN MEZZO AL MARE

  L'ONDA MALANDRINA

SERENA LA SIRENA

Il mare calmo, la serata mite e la luna piena avevano richiamato sugli scogli non solo Aldo, un bel ragazzo dai capelli rossi, ma anche altri appassionati di pesca, forniti di canna e opportuna attrezzatura.

“Stai pescando?”. Aldo era lì da un po' quando si sentì rivolgere questa domanda.

“Non si vede?”, rispose secco lì per lì, senza guardare. Ma poi, vedendo chi gli aveva rivolto la parola, sorrise e cercò di essere più gentile.

“O almeno ci sto provando. Se invece vuoi sapere se finora ho preso qualcosa la risposta è no, non ancora.”

I due non si conoscevano. Lei aveva capelli chiari molto lunghi - fin quasi alla vita - ma soprattutto lucenti, che quasi sembravan seta. Così al chiarore della luna era difficile dire di che colore fossero; ma gli occhi sì, tra il celeste e l'acquamarina, e brillavano come due pietre preziose. Sembrava una visione. Magari sto sognando, pensò Aldo tra sé.

“Pescare in quel modo non mi sembra che richieda grande abilità o coraggio”, disse lei. “Però se lo fai per necessità, perché sei affamato come o più di loro … Perché loro abboccano perché sono affamati, dovresti saperlo: stanno solo cercando di procurarsi la cena di oggi, poverini.”

“No, non lo faccio per necessità, ma per svago. Pescare mi rilassa”, rispose lui.

“Strani modi che hai per rilassarti. Io per rilassarmi canto, o magari mi faccio un bel bagno e una bella nuotata. Meglio se con una meravigliosa luna piena come questa, e magari in compagnia di un bel ragazzo coi capelli rossi: a me i ragazzi coi capelli rossi piacciono da morire!”

Si mise a cantare, mentre iniziava ad entrare in acqua. Aveva una voce dolce e armoniosa, bellissima. Aldo si persuase ancora di più di stare sognando.

“Vuoi provare se per caso lo trovi rilassante anche tu?”, fece lei. “E comunque, ti prego, tira fuori dall'acqua quell'amo, che non abbia ad impigliarsi alle mie gambe.”

Aldo all'inizio era rimasto immobile, quasi in trance. Ma poi il canto e le parole della ragazza l'avevano indotto a lasciare la canna, restare in costume e seguirla in mare. Non sentiva freddo, e gli sembrava di muoversi lentamente, quasi come in un sogno. Lei continuava a cantare, e si muoveva nell'acqua come se fosse il suo elemento naturale.

“Come ti chiami? E dove abiti?”, le chiese.

“Mi chiamo Serena. Sono di qui, ci sono nata e cresciuta, per questo nuoto così bene. Tu invece sei in vacanza, vero? Non mi sembra di averti mai visto prima.”

“Sì. Vivo in città. Ma non mi dispiacerebbe trasferirmi in una località di mare, se mi capitasse la possibilità. Il mare mi piace molto.”

“Adesso ti faccio vedere come dovrebbe essere la pesca secondo me.”

Serena si immerse in acqua lì dove si trovava e vi rimase a lungo, forse più di un minuto. In quell'intervallo Aldo vide prima la superficie del mare incresparsi, e poi ombre scure guizzare veloci sul fondale. Alla fine Serena riemerse in superficie, tenendo in ciascuna delle due mani un pesce, uno più piccolo, l'altro più grande.

“Visto?”, disse. E poi lasciò cadere di nuovo i pesci in acqua. “Abilità e coraggio. Ma è solo un gioco. Perché adesso loro devono andare a mangiare, ed io invece non ho fame.”

“Sei davvero brava!”, esclamò Aldo allibito.

“Così mi sembra una gara ad armi pari, equa e divertente. Tu ti divertiresti se dal mare uscisse una corda che ti trascinasse sott'acqua, solo perché qualche pesce vuole rilassarsi?”

Aldo non raccolse la provocazione, e Serena riprese a cantare.

Trascorsero così in acqua un po' di tempo. Un denso nuvolone aveva iniziato a frapporsi ai raggi lunari e a far calare il buio, ma non tanto da non consentire di distinguere in lontananza, puntuale come ogni sera, il passaggio della grossa nave traghetto diretta alle isole.

“Si è fatto tardi, devo rientrare a casa.”

“Dove abiti? Ti posso riaccompagnare? Ci rivediamo domani?”, le chiese Aldo.

“Forse. Dipende … anche dalle nuvole …“ Serena non disse altro prima di ributtarsi in acqua. E lei era troppo veloce a nuotare sott'acqua, ed era troppo buio, perché Aldo riuscisse, come era sua intenzione, a seguirla con lo sguardo e a capire da che parte si dirigesse.

La sera seguente, allo stesso orario, Aldo si recò sul medesimo scoglio, sperando di incontrare nuovamente Serena. Portò con sé l'attrezzatura da pesca, ma non la usò. Guardava di qua e di là, sperando che lei arrivasse; e voleva anche capire da che parte venisse, per cercarla durante il giorno. Ma l’arrivo di lei lo colse nuovamente di sorpresa.

Alle sue spalle, ad un tratto, ecco il suo dolce canto, come se si fosse materializzata dal nulla.

“Peschi anche stasera?”, gli chiese Serena.

“No”, rispose lui. “E' solo per tenere occupato il nostro scoglio, e allontanare gli altri pescatori.”

Si sedettero a guardare la luna. Lui contemplava Serena, che era ancora più bella della luna, ed ascoltava il canto di lei, un po' malinconico ed in una lingua straniera e misteriosa.

“Che lingua è?”, le chiese.

“E' la lingua dei pesci”, rispose sorridendo. “Li avviso che ci sono dei pescatori. Dicono che questo canto tenga lontani i pesci … ma attiri i ragazzi!”

Era vero, pensò Aldo, che non riusciva a staccarle gli occhi di dosso quanto la trovava bella.

Chissà quanto rimasero così. Finché, in lontananza, ecco passare la nave traghetto. Aldo immaginava cosa sarebbe successo, e le prese la mano. Ma lei:

”E' ora che vada. Ma se vuoi ci rivediamo.”

“Sì”, rispose lui.

Quando lei si alzò per andarsene, volle alzarsi anche lui; ma Serena glielo impedì, mettendogli le mani sulle spalle.

“Ti prego, non mi seguire. Non oggi. Neanche con lo sguardo, come hai fatto ieri. Me lo prometti?”

“Ma … ”

“Se vuoi uno di questi giorni ti porterò a casa mia. Ti andrebbe?”

Lui fece cenno di sì col capo.

“Allora ti ci porterò. Ma questo vuol dire che dovrai conoscere i miei genitori. Te la senti?”

Quanto corri, esagerata”, avrebbe sicuramente risposto Aldo in altre circostanze e ad un'altra ragazza. Ed invece rispose con naturalezza:

“Certamente. Perché non dovrei? Sappi che non ho paura di nulla e di nessuno.”

“Va bene, allora aspettami domani”. E così dicendo sparì alle sue spalle.

L'indomani sera Aldo tornò al suo solito scoglio. Si portò come sempre l’occorrente per pescare, ma non lo fece, aspettando l'arrivo di Serena.

Il tempo era brutto, piovigginoso, e fece anche un paio di rapidi sgrulloni. Il cielo ed il mare, a tratti irrequieti, erano di un grigio oscuro, e non si vedeva quasi nulla. Ma ad un certo punto, dopo molto tempo, Aldo riuscì a scorgere in lontananza il traghetto che passava. L'ora del rientro, pensò Aldo sconsolato; per quella sera lei non sarebbe venuta. Per non pensarci si sedette e, nonostante la pioggia, cominciò a pescare con la sua canna.

Ed invece fu proprio allora che Serena lo venne a prendere. Una strana onda anomala, forse causata dal passaggio del traghetto ma non giustificata dalle buone condizioni del mare, si abbattè proprio e solo in quella piccola zona di scogli dove il ragazzo si trovava a pescare, e se lo portò via. Un fatto meteorologico e naturale raro ed inconsueto, breve ed improvviso, durante il quale, dichiararono concordemente i pochi pescatori che assistettero a questo accadimento strano ed incredibile, il vento si mise a fischiare, anzi ad urlare, in un modo strano, come se recitasse una specie di canto misterioso.

E qualcuno, fra i testimoni, affermò anche che il ragazzo non fosse il solo ad essere stato trascinato via dal mare, ma che con lui ci fosse anche una ragazza, dai lunghi capelli chiari e lucenti.

Fin qui la leggenda. Poi ci sono i fatti, signor commissario, tutti riportati dettagliatamente in questo faldone. E i fatti sono che, in oltre quindici anni, questo è il quarto ragazzo inghiottito dal mare nella stessa zona di scogli, e all’incirca nello stesso modo, a quanto pare. Tutti, guarda caso, con i capelli rossi. E anche stavolta le ricerche del corpo nelle acque circostanti non hanno restituito assolutamente nulla.

 

OSVALDO IL PESCATORE

Incontrai il mio amico Osvaldo al bar.

"E allora, Osvaldo, come è andata poi l'altro giorno la tua pesca?", gli chiesi. L'ultima volta che l'avevo visto, forse dieci giorni prima, era stato al porto mentre usciva per andare a pescare con la sua piccola barca, e gli avevo augurato buona fortuna.

"Bene, bene, grazie. All'inizio no, non ha abboccato niente di niente per parecchio tempo: tanto che pensavo che incontrarti mi avesse portato sfortuna. Ma poi … !"

"Poi?"

"Beh, come al solito ero andato al largo e avevo spento il motore; avevo fissato un capo della lenza al piccolo àrgano dell'àncora, e l'altro capo del filo pescava in mare. Non accadde niente per parecchio tempo, e mi stavo quasi appisolando: allora, come faccio in questi casi, ho sistemato sulla lenza i miei campanellini che mi avvertono se qualcosa abbocca. Ma dopo un po', sarà stato per la brezza o il dondolio anomalo delle onde, intuii che la barca era in movimento, quasi che fosse mossa da vele; e tu sai bene che di vele non ne ha.

La lenza era così tesa che mi stupii che non si fosse spezzata. Era proprio quel filo a muovere la barca: dovevo aver preso qualcosa di grosso, molto grosso. Pensai addirittura che l'amo si fosse impigliato in un sottomarino. Credo che non sarei riuscito a fare nulla se non avessi usato l'àrgano - non per niente mi sono attrezzato a pescare in quel modo - e comunque feci molta fatica a tirarlo a bordo, e in ogni momento temevo che il filo si spezzasse. Ma alla fine eccolo uscire dall'acqua, prima la testa e poi tutto il resto: era un pescione almeno lungo così."

Osvaldo, per farmi vedere le dimensioni della preda, dovette alzarsi e spostarsi per poter aprire le braccia in tutta la loro lunghezza.

"Ma dai, esagerato: secondo me ti sei addormentato e te lo sei sognato", gli dissi.

"No, no, te l'assicuro. Ma la cosa strabiliante, più che la dimensione del pesce, è che a un certo punto ho sentito una voce: eppure ero da solo la in mezzo al mare.

" Ti prego, toglimi questo coso di bocca e ributtami vivo in acqua. Vedrai che ti saprò ricompensare a dovere."

Puoi immaginarti come ci sono rimasto: un pesce che parla. Non mi era mai successa una cosa simile!"

"Neanche a me è mai successo", obbiettai io, sempre più incredulo.

"E quando gli ho detto, sorpreso:

"Ma come, tu sai parlare?", lui mi ha risposto:

"Naturalmente sì, e parlo correntemente cinque lingue di voi uomini. Ma adesso ti prego, rimettimi in acqua."

Mi stavo quasi impietosendo, alla vista di quel pesce che annaspava e si dimenava disperato; ma esitavo.

"Ma io ti avrei trasformato in una cena succulenta per almeno dieci persone. Se ti lascio andare, invece …"

"Come puoi dire che la mia carne sia buona? E comunque, se mi lasci andare, ti prometto che ti procurerò tanto di quel pesce prelibato che non dieci, ma venti persone potrai invitare alla tua tavola. Basta che sistemi delle belle ceste ai bordi della tua barca, ed io in poco tempo te le riempirò. Oggi e per un mese intero a venire."

Mi aveva quasi convinto. Feci per avvicinarmi a lui per liberarlo dall'amo; tuttavia esitai ancora.

"Ti voglio fare una bella foto per mostrarla come trofeo ai miei amici. Se ti libero nessuno crederà mai che io abbia pescato un pesce così grosso", gli dissi.

"Che problema vuoi che abbia a farmi fare una foto in tua compagnia. Basta che adesso mi butti un po' in acqua …"

Ed io lo feci, lasciandolo per un po' in acqua sempre attaccato all'amo. Poi andai a prendermi la mia macchina fotografica digitale e me la collocai in posizione per un autoscatto. Tirai di nuovo su l'enorme pesce, andai a scattare e tornai al mio posto, imbracciando il pesce e attendendo il flash della macchina.

"Bene: se adesso mi lasci andare, vado a prenderti i pesci che ti ho promesso", mi disse lui.

"Generoso lo sono sì, ma mica scemo. Chi mi garantisce che tu non scapperai appena ti libero dall'amo, senza mantenere la tua promessa? Anche perché di pesci che parlano, promettono e mantengono, in fede mia credo che non ce ne sia alcuna traccia nella storia del mondo."

E così dicendo lo liberai sì dall'amo, ma non prima di averlo legato per la coda ad un altro filo altrettanto robusto. E lo legai così stretto, per paura che si potesse divincolare aiutandosi con le sue squame scivolose, che forse ne soffrì ora più per questa stretta che non per l'amo che aveva in bocca in precedenza.

"Malfidato che non sei altro. Ma vedrai che ti pentirai amaramente di questa mancanza di fiducia: perché se tu mi avessi liberato completamente, ti avrei reso l'uomo più ricco della nazione. Non hai forse capito che sono un pesce magico? O pensi che qualunque pesce possa parlare?"

"Sì, puoi ben dire che sono malfidato; ma se nella vita avessi sempre dato credito a chi faceva promesse straordinarie come le tue, a quest'ora non sarei certo qui tranquillo a pescare, ma povero a elemosinare da qualche parte. E comunque sono stato di parola ed ho esaudito la tua richiesta, dato che tu volevi che ti liberassi dall'amo e ti lasciassi in acqua. Ora tocca a te essere di parola: tra un attimo metterò le ceste ai bordi della barca, e tu riempile."

Ma nonostante le mi precauzioni quello, una volta in mare, con un guizzo si liberò subito della stretta alla coda. Me l'ha fatta, pensai, salutando tra me e me l'idea di tornare a casa con abbondante pesce. Ma mi sbagliavo.

"Ti ho ben detto che sono un pesce magico. Ma quello che non ti ho detto è che volendo potrei tranquillamente restare fuori dall'acqua quanto voglio, e persino camminare e correre."

E per dimostrarmelo saltò di nuovo sulla mia barca, quasi ballandomi intorno come a sfidarmi di prenderlo. Ma dopo un po', visto che non raccoglievo la provocazione (ormai era chiaro che era davvero magico, e che aveva voluto solo mettermi alla prova), si ributtò in acqua.

"Però sono un pesce di parola, e manterrò quanto promesso."

E infatti in pochi minuti aveva riempito le mie tre ceste, tutte quelle che avevo a bordo, l'una di soli molluschi e crostacei, l'altra di pesci grandi e l'altra di pesci piccoli; alcuni portandoceli con la bocca, e altri che ci saltavano dentro da soli, come per magia. Tanto che poi sono dovuto passare al mercato del pesce, a cercare qualcuno che mi comprasse quello che avanzava alle mie necessità."

"Addirittura!", gli feci io.

"Già", mi rispose. "Però a pensarci bene credo che una parte del merito per tutto questo pescato sia stata anche tua. Mi hai augurato buona fortuna, e me ne hai portata davvero tanta, forse come non ne ho mai avuta. Lo so che se ti invito a pescare mi dici di no: ma che ne diresti allora di venire a cena da me, stasera? Penso a tutto io: magari tu porta solo una buona bottiglia di vino, bianco, naturalmente."

"Perché no, Osvaldo. Ci sarò. Va bene per le sette e mezza?"

"Va bene. Allora adesso ti lascio, che devo fare un salto al mercato del pesce. A stasera, allora."

Osvaldo uscì, ed io rimasi con calma a finirmi il caffè.

"E tu che cosa ne pensi di quello che ha raccontato il mio amico Osvaldo?", chiesi a Vincenzo, il barista, che in quel momento era impegnato a lavare alcune tazze. "Trovi che ci sia anche solo qualcosa di ragionevolmente credibile in tutto quello che ha detto?"

"Scusami, ma non sono stato a sentire cosa ha detto", mi rispose lui senza pensarci troppo.

"Frottole. Tutte frottole da pescatore", continuai io. "Mi chiedo perché mai i pescatori siano tutti così, almeno quelli che conosco: fantasiosi ed esagerati. Forse star fuori la notte, saltare i ritmi naturali del sonno e della luce gli fa questi scherzi. Chissà."

Gli pagai il mio caffè e feci per uscire.

"Ehi, aspetta. Stai dimenticando qualcosa qui sul banco. O forse l'ha lasciato qui il tuo amico. Come si chiama?"

"Osvaldo", gli risposi. Io non avevo niente con me. Controllai se fosse roba di Osvaldo. In effetti c'erano delle fatture del mercato ittico, e c'era su il suo nome come venditore. Poi c'era qualche altra cosa che non capivo cosa fosse, e … questa cos'era? Una foto. Fatta di sera, col flash. Aveva in braccio un pesce gigantesco, quasi più grande di lui. E, sembra strano a dirsi, questo grande pesce pareva proprio che sorridesse.

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