Читать книгу: «Cuori Svelati», страница 3
CAPITOLO CINQUE
Matt venne sospinto in avanti quando l’auto urtò un piccolo dosso mentre Claire manovrava l’auto nel parcheggio dell’ospedale. Era il giorno in cui avrebbe appreso se la sua vista stava migliorando o se…deglutì il nodo alla gola. L’alternativa non era qualcosa a cui voleva dar voce. Era inaccettabile considerare il fatto che avrebbe potuto non vedere mai più. La vista offuscata che aveva dovuto sopportare durante il mese precedente era fastidiosa, e non aveva percepito segni del fatto che stesse guarendo.
L’auto si fermò. “Sei pronto per entrare?” domandò Claire.
No, non lo era. Non del tutto. In ospedale avrebbe o ricevuto belle notizie—o le peggiori. Ad ogni modo non era certo di essere sicuro di volerne sapere qualcosa. La sua vita era stata un limbo per troppo a lungo. Non ne aveva però parlato. L’ultima cosa che voleva fare era riversare tutte le sue ansie su Claire. Le avrebbe dato un’ulteriore ragione per restare a controllarlo. “Certo”. Alzò la mano e cercò la maniglia all’interno della portiera. “Andiamo a vedere il Dottor Sousa”.
“Ti posso aprire io la portiera”.
“No” sbottò lui. Contrasse con forza la mascella. “Riesco ad aprirmi da solo la dannata portiera”.
Posò la mano sulla maniglia e tirò. L’aprì e prese un respiro profondo. Tutto era molto più difficile di com’era prima, ma non era invalido. Poteva fare certe cose, e non aveva bisogno che Claire lo aiutasse anche nei minimi aspetti.
“Matt…”
L’ignorò e scese dal veicolo. Poi si rese conto che aveva bisogno di lei. Non aveva idea di dove si trovassero nell’affollato parcheggio, figurarsi individuare l’ingresso dell’ospedale. Accidenti, era così frustrante. Si appoggiò alla portiera ed attese che Claire si posizionasse al suo fianco. Ogni minuto in cui rimaneva inerte e dipendente da qualcun altro lo irritava sempre di più.
“Scusami” sospirò lei. “Non è mia intenzione darti fastidio”.
“Tranquilla” rispose, ed un muscolo della sua mascella si contrasse. Non voleva le sue scuse. “Adesso possiamo entrare?”
Gli cinse la vita con un braccio e cominciarono a camminare. Matt distingueva alcuni oggetti. La maggior parte di loro dedusse che fossero auto nel parcheggio. Non che potesse vedere la loro forma, ma aveva senso. I diversi colori erano evidenti, ma dopo un po’ presero a mescolarsi uno nell’altro. Udì le porte slittare ed aprirsi, ed entrarono. Claire lo guidò in ogni passo del tragitto, lungo il corridoio, sull’ascensore e finalmente nello studio di Ren.
“Ren?” Claire busso alla porta.
“Entrate” rispose il dottore.
Matt le concesse di aiutarla ad entrare. Si allungò e tastò la sedia prima di accomodarcisi lentamente. “Hai buone notizie?”
Avrebbe desiderato vedere l’espressione sul viso di Ren. L’avrebbe aiutato a comprendere. Basarsi solamente sul suo tono di voce non gli avrebbe dato la possibilità di capire il quadro completo. Si trattennero poiché non volevano indispettirlo. Anche Dani aveva tentennato attorno al problema in modo che Matt non si dovesse preoccupare. Era la sua vita quella che era stata irrevocabilmente cambiata dall’incidente.
“Ci sono stati dei miglioramenti negli ultimi raggi che abbiamo fatto”.
Perché non sembrava felice? La sua voce era piatta come sempre. Perché non era qualcosa per cui festeggiare? Ogni miglioramento era qualcosa per cui aveva pregato ogni volta in cui era venuto ad un controllo dai dottori e durante gli incessanti test. Il suono blando della voce del Dottor Sousa lo faceva irritare. I pami delle sue mani erano umidi—Matt se li asciugò sui pantaloni e disse, “è una bella cosa, vero?”
“I tuoi test vanno bene” Ren s’interruppe. “Infatti mi aspettavo che la tua vista progredisse un po’ di più perché appunto, le analisi vanno bene. Mi preoccupa il fatto che la tua vista non sia migliorata”.
Matt rilassò la schiena sulla sedia ed assimilò le parole del Dottor Sousa. Doveva stare meglio…eppure così non era. Che cazzo si doveva fare di tale informazione? Era difettoso. Beh, se si guardava in tal modo—lo era. Fare tutto nel modo più complicato era il proprio modo di vivere la vita. Sembrava una buona idea arrampicarsi sulla collina quando avrebbe potuto scivolare giù dalla stessa facilmente. Forse era un modo testardo del suo corpo di agire come il suo solito.
“Che cosa significa?”
Udiva il fruscio dei fogli, ma oltre a ciò l’accoglieva solo il silenzio. Gli vennero le vertigini ed ondeggiò. Allungò il braccio e si issò alla scrivania di Ren. Ragnatele d’incertezza colmavano la sua mente. Sarebbe stato sempre così? Sarebbe guarito, eppure non era ancora successo. Che brutte notizie stava per dargli Ren?
“Matt?” Claire attirò la sua attenzione, nella sua voce era impressa preoccupazione. “Che cosa sta succedendo?”
Scosse il capo, “sto bene”.
“Non sembri stare bene. Non è il momento di trattenersi”.
Matt strinse la mano attorno al bracciolo della sedia. Non aveva bisogno di questo. “Claire, lasciami solo con Ren. Devo parlargli in privato”.
“Non…”
“Va’” ordinò lui, interrompendo la sua obiezione. “Ritorna fra poco”.
“Se ne sei sicuro” la sua voce era esitante. Sentì poi le scarpe di lei spostarsi sul pavimento. Claire si abbassò e gli mise una mano sulla spalla. Era immobile, forse cercava una ragione per restare. Nessuna quantità di esitazione gli avrebbe fatto cambiare idea. Se non fosse stato scortese lei avrebbe trovato un modo per restare, e lui non poteva far sì che ciò accadesse.
“Lo so”. I muscoli della sua mascella s’indurirono. “Non sei necessaria qui”.
Claire soppresse un sussulto dalla sorpresa alle parole di lui. La sedia di Claire indietreggiò quando si alzò in piedi. “Ren, mi puoi chiamare quando hai finito? Ho bisogno di un po’ d’aria fresca”.
“Sì, certo” disse Ren. “Non dovremmo metterci troppo”.
I tacchi delle sue scarpe produssero un morbido rumore mentre se ne andò, ma Matt non tentò nemmeno di guardarla andarsene. Sembrava che fosse un comportamento inutile, poiché la sua vista continuava ad eluderlo. Era questo adesso, ed era ora di accettarlo. Claire sarebbe dovuta uscire dalla sua vita. Era l’unica scelta che ancora le restava.
“Siamo soli” cominciò Ren. “Mi vuoi dire che cosa succede nella tua testa?”
Dove cominciare? La sua vita faceva schifo. Non aveva idea di che cosa avrebbe fatto. Claire era la donna che voleva, e non credeva di poterla raggiungere. Non aveva niente da offrirle. Oh, e la cecità era più o meno permanente.
“Voglio che mi spieghi senza mezzi termini. Che possibilità ci sono di sistemare ciò che non va in me?”
“Credi che vedrai offuscato per il resto della tua vita, vero?” domandò Ren con fare calmo. “La mia onesta opinione è che è questo il tuo problema”.
Che diavolo significava? “Non ti sto seguendo. Che cosa c’entra? Non ha senso”.
“Per farla semplice, non c’è un motivo medico dietro la tua continua cecità. Tutti i testi hanno mostrato che sei guarito e che le ferite si stanno sgonfiando. Sei sano, ed i tuoi occhi dovrebbero esserlo altrettanto”.
Ma. Che. Cazzo? “Allora per favore spiegami perché i miei occhi si rifiutano di cooperare”.
Ren sospirò. “Non lo so, ma credo sia psicologico”.
Il buon dottore stava dicendo che era malato di mente? Dopo aver considerato le cose doveva concedergli che aveva ragione. “Spiegami. Che cosa devo fare per riacquisire la vista? È possibile?”
“Sì, con l’ausilio della terapia dovrebbe esserlo”.
Matt prese un respiro profondo. “Non stai parlando di terapia fisica, vero?”
Forse era una bella idea vedere uno strizzacervelli. L’incidente l’aveva danneggiato in molti modi. Gli incubi continuavano ad assillarlo ogni notte. Non voleva parlarne con Claire, ma un professionista sarebbe stato necessario per mettersi tutto alle spalle.
“No. Ti consiglio uno psichiatra. L’incidente ti ha messo alla prova. Ti aiuterà in molti modi. Che sia ciò che ti blocca emotivamente—ti potrebbe aiutare a mettertelo alle spalle. Dopo che sarai guarito in ogni aspetto credo che riacquisirai la vista”.
Il disagio lo pervase. “La fai sembrare semplice”.
“Niente di tutto ciò sarà semplice. Non è semplice come guarire qualcosa di fisico. È tutto mentale, e non guarirai a meno che non sarai pronto. In qualche modo è molto più difficile di ciò che faccio io. Ho molto rispetto per coloro che gestiscono le complessità della personalità, del carico emotivo ad ogni altro aspetto psicologico. Non è una scienza esatta”.
Una parte di lui non comprendeva come ciò che Ren stava dicendo potesse essere possibile. Perché mai impedirebbe a sé stesso di vedere? Era tutto ciò per cui aveva pregato da quando si era svegliato nel letto d’ospedale con le garze che ricoprivano ogni centimetro del suo viso. Se avesse riacquistato la vista sarebbe stato in grado di rivendicare la propria vita—e forse avrebbe potuto smettere di comportarsi da coglione con Claire. Odiava la sua attitudine con lei più di ogni altra cosa. Non si meritava di soffrire tutta la frustrazione di lui. Era uno dei motivi per il quale voleva che Claire se ne andasse e trovasse qualcos’altro su cui concentrarsi. Ma se la sua condizione fosse stata psicologica, forse avrebbe iniziato a lavorare su qualsiasi cosa la bloccasse. Che parte di lui era così danneggiata da non far migliorare la sua vista?
“Quindi la tua opinione di esperto è che sono una persona fottuta, ed il mio problema va oltre le tue capacità”.
“Capisco perché piaci a Dani” rise Ren. “Ma sì. Non c’è niente di medico che possa fare per te. Vuoi che chiami la Dottoressa Adams e fissi un appuntamento?”
Davvero? Una parte di lui voleva correre urlando nella direzione opposta. Non farlo. Continuare a correre e non guardarsi indietro—era l’unica cosa che si vedeva in grado di fare. Gli ci volle tutto dentro di sé per non arrendersi al bisogno. La verità era che era molto più che spaventato di cercare di farcela da solo piuttosto che vedere uno strizzacervelli. Che cos’avrebbe fatto se fosse riuscito a trovare un modo per uscire dallo studio di Ren? Forse sarebbe andato a sbattere contro il primo muro e si sarebbe ferito nuovamente il suo cervello già danneggiato. La cosa non gli lasciava molte opzioni. Infatti per quanto ne sapeva ne aveva solamente una.
“Sì. Prendi l’appuntamento”.
Ren sollevò il telefono e si accordò con la dottoressa. Matt lo ascoltò parlare con la segretaria. “Grazie, Christie. Dì a Marlee di chiamarmi se avesse delle domande”.
“Ecco fatto”. Ren strappò il foglietto sul quale aveva scritto. Il suono della carta che veniva stracciata riempì le orecchie di Matt. “Vuoi che lo dia a Claire?”
“No” contrasse la mascella con forza. “Dallo a me”.
Ren porse a Matt il foglietto. Dopo averlo stretto nella mano lo infilò nella tasca dei pantaloni. “Voglio che tu dica a Claire che sto abbastanza bene per non avere una babysitter in pianta stabile”.
“Sei sicuro che sia una buona idea?”
“Non posso più averla nella mia casa” Matt voleva che lo lasciasse in pace—il che non era completamente vero, ma era per il meglio. Lei si meritava molto di più di ciò che lui aveva da offrirle. Se fosse riuscito a riacquistare la vista, allora forse…non ci voleva pensare. Desiderare qualcosa non la faceva accadere, e gli conveniva andare avanti come meglio poteva. Senza Claire. “Non sarò in grado di concentrarmi con lei in casa. Sono assistito anche da altri, ma non voglio qualcuno in casa mia tutto il giorno”.
Ren tamburellò sulla scrivania con qualcosa. Forse una penna? Cliccava in un ritmo che era quasi ipnotizzante, riempiendo il silenzio mentre attese che il dottore rispondesse. Tap. Tap. Tap. Matt si concentrò sul suono e si ricordò di avere pazienza, il che non era il suo forte, ma era qualcosa di necessario tutto il tempo. Dopo qualche secondo Ren interruppe finalmente il tamburellare e rispose, “Accetterò ad una condizione”.
“Tutto quello che vuoi” rispose Matt. Avrebbe venduto la propria anima pure di ottenere ciò che voleva. “Dimmi”.
“Chiamami se avrai bisogno di qualcosa. Mi sentirò meglio sapendo che avrai qualcuno che ti controllerà almeno una volta al giorno. E prima che tu possa obiettare, non deve essere Claire. Fissa degli appuntamenti con Lana o Dani quando si sarà ripresa. Non m’importa chi sia, a patto che tu accetti. Non sei pronto per stare completamente solo”.
“M’inventerò qualcosa” a Matt non piaceva la cosa, ma avrebbe preferito che fosse un medico a controllarlo piuttosto che Claire. “La terapista occupazionale viene già tre giorni alla settimana. Lana due volte. Ho i weekend liberi”.
“Io e Dani possiamo venire di domenica. Trova qualcun altro per il sabato e siamo a porto”.
Matt sorride. “Grazie, Ren. Come sta Dani?”
“Bene. È un po’ testarda, irascibile e autoritaria”.
“E la ami” gli angoli della bocca di Matt si contrassero in alto. Era geloso, ma anche felice per la sua migliore amica.
“La amo. L’ho sempre amata” commentò Ren. “So che le piacerebbe vedere come stai, quindi sarà felice di sapere che ti verremo a trovare tra un paio di giorni”.
“Mi manca. Dille di non fare troppo” scoppiò a ridere. “So che è più facile a dirsi che a farsi. Sono consapevole di quando possa essere testarda”.
Matt aveva incontrato Dani al college, ed erano diventati migliori amici. Frequentarono la stessa facoltà e poi aprirono lo studio associato nella loro città natale. Ren era stato il suo migliore amico alle superiori e l’uomo che avrebbe sempre conservato il suo cuore. Dani pensava di aver perso la sua occasione con lui, ed era andava avanti come meglio aveva potuto. La vita però aveva avuto altri piani per lei, e si era assicurata che ritrovassero il modo per stare insieme. Ora erano gioiosamente innamorati e stavano programmando di trascorrere il resto della vita insieme.
“È vero. Vuoi che chiami Claire?”
Il sorriso di Matt scomparve dal suo viso. Claire sarebbe stata incazzata con lui. Non aveva voluto lasciarlo solo con Ren, ma non aveva avuto scelta. Era stato l’unico modo per assicurarsi che non si sarebbe intromessa quando Matt avrebbe chiesto a Ren di supportare la sua decisione di stare solo.
“Sì, scrivile. Forse risponderà più velocemente in tal modo” disse. Doveva affrontare la realtà. “Sono pronto per andare a casa”.
E spiegare a Claire perché doveva lasciarlo stare e vivere la propria vita. Non era stupido. Sapeva che lei lo amava tanto quanto lui amava lei. Ma questo era l’unico modo. Con il tempo avrebbe compreso.
CAPITOLO SEI
Claire fissò il telefono. I minuti erano trascorsi lentamente, e la facevano sentire come se si fosse trovata fuori dallo studio di Ren da ore, piuttosto che da venti minuti. Perché Matt le aveva ordinato di uscire? Le faceva più male di quanto volesse ammettere. Era stata al suo fianco per tutto il tempo, eppure sembrava irrilevante. A volte si domandava perché si disturbasse. Niente che lei faceva lo rendeva felice.
Subito era stata in grado di accantonare tale sensazione. Lui era ferito, spaventato e stanco. Tutti esageravano quando vivevano un periodo stressante. Non poteva incolparlo per quello. Oh, ma voleva. Esalò e si appoggiò al muro. Camminare avanti e indietro non aveva aiutato, e non le sembrava sensato proseguire con il futile esercizio.
“Claire, che ci fai qui?”
Si voltò al suono del suo nome. Accidenti. Doveva proprio essere lui. “Ciao, Nolan”. Il suo stupido, buono a nulla, traditore e complessivamente un coglione di un ex fidanzato. Si guardò attorno, e poi riportò l’attenzione su di lui. “Rincorri ancora le ambulanze? Hai bisogno di altri clienti?”
“Non è nemmeno lontanamente divertente”. Alzò il mento. “Lavoro per una compagnia molto rispettabile, come tu ben sai. Non dobbiamo cercare i nostri clienti. Loro vengono da noi”.
Claire era al corrente della reputazione della compagnia per la quale Nolan lavorava. Lo studio legale era stato il primo luogo in cui aveva fatto domanda quando si era laureata. Era una buona compagnia. Se non fosse stata per la disastrosa relazione con Nolan, forse sarebbe ancora lì. Ovviamente non avrebbe mai lavorato con Matt e Dani. Alcune cose succedono per un motivo.
Guardò dietro di sé e vide che la porta era ancora chiusa. Come mai ci stavano mettendo così tanto? L’incontro improvvisato con Nolan non era di suo gradimento. Prima se ne sarebbero andati meglio sarebbe stato. Guardò nuovamente il suo telefono—Ren le aveva scritto che Matt aveva finito. Come mai ci stava mettendo così tanto? Perché era ancora dentro?
“Aspetti di vedere il Dottor Sousa?” domandò Nolan. “Ho sentito che è fidanzato. Forse dovresti trovare un altro uomo da tormentare”.
Claire alzò gli occhi al cielo. “Sì, infatti è fidanzato con il mio capo. Prova ad indovinare chi non è invitato al matrimonio?” alzò ed abbassò le sopracciglia. “Ti do un indizio. Il suo nome inizia con la N, e oh sì, finisce anche con una N”. Poi si guardò le unghie comportandosi con più disinvoltura possibile. “Che peccato, veramente. Sarà l’evento mondano della stagione. Dani è la Brady persa—pensa quante mancate opportunità per lisciare qualcuno” sospirò. “Che peccato”.
Le sue narici si dilatarono. “Come se avessero invitato te. Non sei niente”.
“Aw”. Si mise la mano sul cuore. “Che cose dolci che mi dici. Perché ci siamo lasciati?”
Claire si rifiutò di permettergli di farle ancora del male. Sarebbe stato uno spreco di tempo. Se avesse potuto tornare indietro ai sei mesi in cui si erano frequentati, l’avrebbe fatto. Era stato un errore, ed era rimasta abbagliata dal suo bel viso. Nolan aveva dei bellissimi capelli biondo oro e caldi occhi color cioccolato. Quando l’aveva visto per la prima volta ne era rimasta colpita. Ora si rendeva conto di quanto lui fosse sbagliato per lei. La sua ambizione significava di più di quanto Claire significasse per lui. La vedeva come un modo per ottenere di più. Ciò di cui lei non era al corrente era la sua inclinazione ad essere un arrampicatore sociale. Sua madre era stato il suo biglietto d’ingresso ad eventi esclusivi. Claire non si era resa conto che Nolan l’aveva utilizzata per ottenere la conoscenza di sua madre. Poi, quando Reese era tornata a casa dalla scuola di medicina, Nolan si era trovato una nuova preda.
“Come sta mia sorella in questi giorni?” domandò lei. Reese aveva iniziato la professione nell’ala di pediatria dell’ospedale Envill East. Non che sua sorella gliene avesse mai parlato. No, sua madre aveva avuto tale onore. “Ho sentito che sta facendo grandi cose qui all’ospedale”.
“Come se t’interessasse”.
In realtà le importava veramente. Reese era la sua sorellina, e per quanto fosse intelligente ed ambiziosa—non sapeva niente di Nolan. Un giorno si sarebbe svegliata e si sarebbe resa conto dell’errore colossale che aveva compito. Quando sarebbe successo, Claire voleva esserci per aiutarla a rimettere insieme i pezzi di sé stessa. Quanto Reese e Nolan avevano iniziato a frequentarsi, Claire ne aveva sofferto molto. Adesso realizzava che sua sorella le aveva fatto un grosso favore ad allontanare da lei il bastardo traditore.
Dopo un’accesa discussione con sua madre, Claire si era resa conto di una cosa. Sua madre non sarebbe mai stata dalla sua parte, ed aveva incoraggiato Nolan ad uscire con Reese. Non si era mai fermata a rifletterci al riguardo. Era una ragione in più per tenere sua madre a debita distanza. Tutto ciò era successo secoli prima. Claire era andata avanti con la propria vita ed aveva trovato qualcuno degno da amare—se l’uomo in questione avesse ammesso i propri sentimenti sarebbe stato perfetto. Tutto ciò che voleva era che Matt l’amasse tanto quando lei lo amava. Il resto del mondo avrebbe potuto risolvere i propri problemi autonomamente. Claire avrebbe dedicato il minimo interesse alla questione.
“Credi ciò che vuoi”. Fece spallucce. “Interessarmi a ciò che pensi tu non entra nemmeno nella classifica delle cose di cui m’importa”.
Nolan avanzò di un passo verso di lei. Alzò la mano e le accarezzò il braccio con le dita. “Non ci credo. Mi ricordo quando amavi la mia attenzione”. Si abbassò e sussurrò al suo orecchio. “Possiamo riavere tutto questo”.
Che. Diavolo? Si trovava in un universo alternativo? Nolan aveva per caso perso la testa? Doveva essere così. Altrimenti perché crederebbe anche solo per un secondo che lei vorrebbe avere qualcosa a che fare con lui? Diamine, doveva togliergli tale nozione dalla mente, e in fretta. Avanzò a sua volta, alzò la mano ed accarezzò il viso di lui. “Mi vuoi ancora?”
“Non ho mai smesso di volerti”.
Stronzate. La stava prendendo in giro. L’aveva visto per il coglione che era. “Davvero? Non lo sapevo”. Le ci volle tutta la forza di volontà che possedeva per non alzare gli occhi al cielo. Nolan pensava veramente che lei stesse dando credito alla sua baggianata. “E mia sorella?”
Ad uno stronzo come Nolan non sarebbe importato di ferire Reese. Per quando desiderasse che lui gliela pagasse—non voleva che fosse ai danni di sua sorella. Si meritava un uomo migliore di lui.
“Reese non deve saperlo”. La sua bocca s’incurvò in un sorriso arrogante. “Potrebbe essere il nostro segreto”.
La bocca di Claire prese a tremare. Non di necessità o felicità—no, era pura rabbia. “È bello vedere ciò che provi veramente per noi”. Inclinò il capo di lato. “Sei l’uomo più squallido che abbia mai incontrato”.
Le labbra di lui s’incurvarono in alto. “E tu sei una pazza stronza”.
Una risata crebbe in lei ed attraversò la sua bocca in onde. “Non ne hai idea” disse fra le risa. “Un giorno Reese si sveglierà e ti caccerà di casa. Spero che succeda il prima possibile”.
Nolan l’afferrò per il braccio e la tirò a sé. “Non c’è modo di farti tacere, vero?” La bocca di lui collise con quella di lui in un duro incontro di labbra e denti. Claire dovette forzare la bile nel suo stomaco per impedire che la stessa non risalisse. Questo stronzo pensava di avere il diritto di aggredirla? Presto si sarebbe reso conto di che errore aveva commesso. Claire gli morse il labbro con forza, assaggiando il sapore metallico del sangue di lui sulla punta della sua lingua. Nolan indietreggiò e le rivolse un’occhiata.
“Claire?”
Quando si voltò trovò Ren e Matt sulla soglia della porta aperta. Per una volta era contenta che Matt non avesse riacquisito la vista. L’ultima cosa che voleva era che vedesse Nolan che la baciava. Avrebbe potuto fraintendere. Più tardi avrebbe avuto a che fare con Nolan ed il suo dispotismo. Avrebbe fatto in modo che l’uomo non avrebbe più forzato un bacio su di lei. Si pulì la mano con la bocca e sorride. “Ciao, Ren” si voltò verso Matt. “Fatto?”
La bocca di Matt ricordava una linea dritta. I muscoli della sua mascella si contrassero ed i suoi occhi sembravano rigidi. Era come se—no, non poteva vedere. Era stupido pensare che avesse visto. Continuava a ribadire il fatto che riusciva a vedere solo un mix sfocato di colori. Non avrebbe potuto capire che Nolan l’aveva baciata. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, ringraziando Dio per il piccolo favore. Matt aveva già abbastanza di cui preoccuparsi. Non gli avrebbe fatto bene essere a conoscenza delle azioni di Nolan. Lei amava Matt. Nolan faceva parte del suo passato, e sperava di potersene dimenticare.
“Sei pronto per andare?” allungò la mano ed accarezzò il braccio di Matt. “Devi essere stanco”.
“Chi è?” Matt indicò Nolan.
Claire strinse lo sguardo e studiò Matt. Poteva vedere Nolan? La sua vista stava migliorando? “Nessuno d’importante”.
“Nolan Pratt” si presentò l’offeso. “Lavoro alla Courtney, Kissinger e Harrinson. La nostra Claire qui era la mia assistente”.
Claire guardò verso l’altro e pregò per un po’ di pazienza. Non poteva andare bene. Matt era ben consapevole di dove lavorava Claire. Aveva anche un’idea di come mai se n’era andata. Non gli aveva però detto tutto.
La bocca di Matt si contrasse. “Vero. Mi ricordo di aver letto quella compagnia sul curriculum di Claire”.
“È stato bello vederti” disse Claire a Nolan. “Ma io e Matt dobbiamo andare”.
“Claire, sei proprio tu?”
Accidenti, era la voce di sua sorella da in fondo al corridoio. Qualche entità malvagia doveva star operando contro di lei. Le sarebbe stata concessa una pausa prima o poi? Claire si impose di sorridere ampliamente e si rivolse verso la sorella. “Ciao, Reese”.
Sua sorella le sorrise caldamente. “Sono così contenta di averti trovata. Vai a cena da Mamma stasera? Io e Nolan abbiamo delle novità”.
Avrebbe preferito farsi strappare tutti i capelli uno alla volta. “Non era in programma—“
“Sì, ci saremo” l’interruppe Matt, prendendola a braccetto. “Claire credeva che non mi andasse di socializzare stasera dopo una lunga giornata. Ma sto benissimo, quindi non vedo perché non dovremmo venire”.
Claire rimase a bocca aperta e guardò Matt con espressione spaventata. Ne era certa. Era stata catapultata in un episodio di Ai Confini della Realtà. Perché le stava facendo questo? Matt si stava comportando in modo assolutamente irragionevole, e completamente fuori personaggio. Forse non sapeva che Nolan era lo stronzo che l’aveva allontanata dal suo precedente lavoro, o forse che sua sorella era quella che lo aveva aiutato a distruggerle un pezzo di cuore, ma era al corrente che la madre di Claire la faceva impazzire? Matt fissava dritto avanti a sé, i suoi occhi non erano concentrati su nulla in particolare. Ma la sua bocca—i muscoli attorno ad essa—rimasero tesi. Era incazzato.
“Perfetto. Chiamerò mamma e le chiederò se devo portare qualcosa” Claire avrebbe preferito infilzarsi gli occhi con un ago bollente. “Immagino che ci vedremo più tardi”. La bile minacciò di risalire nuovamente. “Sei pronto adesso?” Si voltò verso Matt. Per favore smetti di rovinare la mia serata. Lo amava, ma in quel momento voleva ucciderlo.
“Sì” rispose lui. Poi schioccò le dita e si allungò verso il portafoglio. “Ecco, Ren mi ha preso appuntamento con una dottoressa. Potresti aggiungerlo alla mia agenda? Non vorrei perdermelo”.
“Oh sì, certo”. Si morse il labbro ed infilò il biglietto nell’agenda. Claire provò una sensazione simile ad un grumo di nervi nel suo stomaco, disagio che crebbe esponenzialmente con ogni secondo. Qualsiasi cosa Ren avesse discusso con Matt dopo che lei era uscita dallo studio, aveva dovuto lasciarlo in una strana condizione. Scappare da Reese ed il suo ex era la sua priorità numero uno in quel momento. “Ci conviene andare”. Annuì a sua sorella ed a Nolan. “Ciao”.
“Ehi, Matt” Ren attirò la sua attenzione. “Non dimenticarti che io e Dani ti verremo a trovare domenica”.
Fece spallucce. “Non c’è bisogno, venite solo se volete. Claire si prenderà cura di me”. La sua voce era acuta e quasi—vispa? Scosse il capo e lasciò perdere. Non avrebbe contribuito al suo piano interrogarlo in quel momento. Sarebbe stato meglio se avesse trovato un modo di farlo quando sarebbero stati soli. Specialmente considerato quanto Matt era stato emotivo ultimamente.
Ren ridacchiò. “Verremo comunque”.
“Preparati” Matt gli rivolse un ghigno. “Mi piacerebbe un po’ di compagnia. Non vedo Dani da secoli”.
“Anche lei non vede l’ora di vederti” annuì ad entrambi. “Ho dei risultati di test da controllare” si voltò verso Reese. “In realtà la tua opinione potrebbe tornarmi utile con un caso. Hai un momento?”
“Sono felice di aiutare” rispose Reese.
“Bene” Ren gesticolò verso di lei. “Adesso avresti tempo? Sono un po’ preoccupato per questo paziente”.
Ren guardò Nolan e poi Claire. Sapeva che cos’era successo fra loro due? Claire non aveva considerato il fatto che tutti all’ospedale potevano essere a conoscenza della loro storia, ma era possibile. Sarebbe potuto essere il modo di Ren di aiutarla. Ma senza usare Reese come ripiego, Nolan si sarebbe potuto comportare in modo sleale in un battito di ciglia. Lei e Matt dovevano andarsene, e velocemente. Non voleva stare in sua presenza nemmeno per un altro secondo.
“Assolutamente. Hai i risultati in ufficio?” domandò Reese.
Ren annuì. “Esatto. Ti va di seguirmi?”
Reese si voltò verso Nolan e gli diede un bacio veloce. “Spero che tu comprenda quando è importante. Ti chiamo dopo”.
Nolan contrasse la mascella ma riuscì a non far sembrare il suo tono arrabbiato quando disse, “Sei una donna impegnata e d’importanza. Come potrei obbiettare il tuo aiutare un altro essere umano? Sarei un mascalzone”. L’accolse poi fra le sue braccia, “Non dimenticarti di chiamarmi”.
“Non lo farò” rispose Reese. “Ad ogni modo, ci vediamo a cena da Mamma, giusto?”
Annuì. “Non me lo perderei per niente al mondo”.
Reese gli sorrise e poi si voltò per seguire Ren nel suo studio. Lo scambio fece venire la nausea a Claire. Era veramente stata ingenua quanto Reese ad un certo punto? Era chiaro quanto Nolan fosse una vipera. Era così bravo a nascondere la propria natura, ma una volta rivelata non riusciva a celarsi nuovamente dietro una maschera di congenialità.
Nolan si voltò di nuovo verso Matt e Claire. Le sue labbra s’incurvarono in un ghigno malefico. Voleva dargli un pugno sul suo viso perfetto e guardare il livido diffondersi, bello viola. Era uno dei suoi colori preferiti…l’orgoglio dell’uomo era troppo da reggere.
“Credo sia ora che anche noi ce ne andiamo” disse Claire. Perché erano rimasti ad assistere allo scambio? “Sei pronto?” Quante volte doveva chiederglielo prima di trovare un motivo per andarsene?
Matt inclinò la testa portando l’orecchio verso di lei. Alzò la mano e si grattò l’orecchio. “Che cosa?”
Claire alzò gli occhi al cielo. Che cosa stava facendo? Stava fingendo di essere sordo invece che cieco? Lo tirò per il braccio portandolo più vicino a sé. Si alzò fino a portare la bocca al suo orecchio ed esclamò. “È ora di andare”.
“Ahia” commentò lui accarezzandosi l’orecchio. “Sono cieco, zuccona. Ci sento benissimo”.
Già, ma che ne sapeva di questi giorni. Questa sua attitudine era ridicola. “Che ne so? Sono giorni che non ascolti ciò che dico”.
Matt l’ignorò. “Signor Pratt, è stato un piacere conoscerla. Ci vedremo alla cena della Signora Jackson stasera”. Poi cercò il braccio di Claire e la lasciò condurre senza attendere la risposta di Nolan. Era grata per lasciare finalmente il bastardo da solo. Ma non poteva fare a meno di chiedersi…che diamine era successo? Claire condusse Matt fuori dall’ospedale, ancora confusa dall’accaduto. Matt aveva come obiettivo farla impazzire. Non ci avrebbe ponderato troppo. Lui le avrebbe detto che cos’aveva in mente quando sarebbe stato pronto. Per ora doveva prepararsi per una serata terrificante in cui sua madre l’avrebbe ripresa per ogni scelta della sua vita.
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