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Prima Che Uccida

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Из серии: Un Mistero di Mackenzie White #1
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Prima Che Uccida
Prima Che Uccida
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Читает Alessandra Bedino
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CAPITOLO DICIOTTO

Il suo soggiorno era per lo più al buio, illuminato soltanto dai sottili raggi di sole mattutino che riuscivano a intrufolarsi dalle tapparelle. Sedeva su una poltrona logora fissando il vecchio scrittoio contro la parete più remota della stanza. La serranda era aperta e rivelava gli oggetti che aveva conservato da ogni sacrificio.

C’era una borsetta con dentro un portafoglio. Nel portafoglio, c’era la patente di guida appartenuta a Hailey Lizbrook. Poi c’era una gonna appartenuta alla donna che aveva appeso nel campo; una ciocca di capelli biondo-rame con le punte tinte di nero della donna che aveva messo dietro la casa abbandonata.

C’era ancora spazio per i ricordini che si sarebbe portato a casa dagli altri sacrifici – i ricordini che prendeva per il lavoro che il Signore gli aveva affidato. Anche se era soddisfatto di come le cose fossero andate fino a quel momento, sapeva che c’era ancora molto da fare.

Rimase seduto nella poltrona ad osservare i ricordini – i suoi trofei – aspettando che il sole finisse di sorgere. Solo quando la mattina fosse stata a pieno regime, lui avrebbe potuto ricominciare a lavorare.

Guardando gli oggetti sullo scrittoio, si domandò (non per la prima volta) se era un uomo malvagio. Lui credeva di no. Qualcuno doveva farlo. I lavori più duri erano sempre lasciati a coloro che non temevano di portarli a termine.

Ma a volte, quando sentiva le donne gridare e implorarlo di risparmiare loro la vita, si domandava se in lui ci fosse qualcosa di sbagliato.

Quando i raggi di luce sul pavimento da giallo pallido si fecero bianco accecante, sapeva che il momento era giunto.

Si levò da dove sedeva e andò in cucina. Dalla cucina uscì di casa attraverso una zanzariera che portava sul retro.

Il giardino era piccolo e delimitato da una vecchia recinzione metallica, che sembrava allo stesso tempo fuori luogo ma anche ben amalgamata, nello stato di abbandono in cui versava il quartiere. L’erba era alta e incolta. C’erano api che ronzavano e altri insetti anonimi che si muovevano freneticamente mentre lui si avvicinava facendosi strada tra le erbacce.

In fondo al giardino c’era un vecchio capanno che occupava interamente l’angolo sinistro. Era un pugno nell’occhio sul terreno già orribile. Andò al capanno e aprì la porta dai cardini vecchi e arrugginiti. Aprendosi cigolò, rivelando all’interno un’oscurità umida. Prima di entrare, si guardò intorno verso le case dei vicini. Non c’era nessuno a casa. Conosceva bene i loro orari.

Adesso, nella sicura luce delle nove, entrò nel capanno e si chiuse la porta alle spalle. Il capanno era impregnato di odore di legno e polvere. Quando entrò, un grosso ratto scattò verso il fondo, uscendo attraverso una fessura tra le assi di legno. Non badò al roditore, si diresse subito verso i tre lunghi pali che erano accatastati sulla destra. Erano impilati in una piccola piramide, due alla base e uno in cima. Dieci giorni prima ce n’erano tre in più. Ma lui ne aveva fatto un buon uso per mandare avanti la sua opera.

E adesso doveva prepararne un altro.

Camminò fino ai pali e fece scorrere la mano in modo amorevole lungo la superfice del cedro logoro del palo in cima. Andò in fondo al capanno, dove era sistemato un piccolo tavolo da lavoro. C’erano un seghetto dai denti irregolari e arrugginiti, un martello e uno scalpello. Prese martello e scalpello e tornò ai pali.

Pensò a suo padre sollevando il martello. Suo padre era stato un carpentiere. In molte occasioni, suo padre gli diceva che anche il buon Signore Gesù era stato un carpentiere. Pensare a suo padre gli faceva venire in mente sua madre. Gli faceva ricordare il motivo per cui li aveva abbandonati quando lui aveva solo sette anni.

Pensò all’uomo che viveva lungo la strada e a come venisse da loro quando suo padre non era in casa. Ricordava le molle del letto cigolare e le parole oscene che provenivano dalla camera da letto, unite alle grida di sua madre – grida che sembravano di piacere e dolore al tempo stesso.

“È il nostro segreto” aveva detto sua madre. “È solo un amico e non c’è bisogno che papà lo sappia, d’accordo?”

Lui aveva ubbidito. Anche perché sua madre sembrava davvero felice. Ecco perché fu così confuso quando lei li lasciò.

Mise la mano sul palo più in alto e chiuse gli occhi. Una mosca sul muro avrebbe potuto pensare che stesse pregando sul palo, o persino comunicando con esso.

Quando ebbe finito, aprì gli occhi e si mise all’opera con martello e scalpello.

Nella scarsa luce che entrava dalle fessure nelle assi, iniziò a intagliare.

Prima veniva N511, poi G202.

Poi sarebbe seguito un sacrificio.

E lo avrebbe eseguito quella notte.

CAPITOLO DICIANNOVE

Mackenzie si ritrovò ad entrare nella piccola caffetteria con un piccolissimo barlume di speranza. Dopo l’impacciata telefonata a sua sorella, aveva chiamato un’altra persona con cui non parlava da parecchio tempo. La conversazione era stata breve e concisa, e si era conclusa con un appuntamento per un caffè.

Alzò lo sguardo e vide subito l’uomo che aveva chiamato. Era difficile non notarlo; nella calca di persone che si affrettavano a raggiungere il posto di lavoro, per lo più giovani e vestite in modo elegante, i suoi capelli bianchi e la camicia di flanella spiccavano in modo drastico.

Era voltato dall’altra parte e lei si avvicinò a lui da dietro, posandogli delicatamente una mano sulla spalla.

“James” lo salutò. “Come stai?”

Lui si voltò e le rivolse un ampio sorriso, mentre lei occupava il posto di fronte.

“Mackenzie, giuro che diventi sempre più carina” disse.

“E tu diventi sempre più sdolcinato” replicò lei. “È bello vederti, James.”

“Anche per me” rispose.

James Woerner andava per i settant’anni, ma ne dimostrava ottanta. Era alto e magro, per questo i suoi colleghi poliziotti lo chiamavano Crane, la gru, come Ichabod Crane. Era un soprannome che aveva fatto suo dopo essere andato in pensione e aver passato otto anni a fare il consulente per la polizia locale e, in due occasioni, per la polizia di stato.

“Allora, cosa succede di così terribile da spingerti a contattare un vecchio bacucco come me?” domandò.

La domanda era spiritosa, ma Mackenzie rimase un attimo interdetta, realizzando che James era la seconda persona nel giro di due ore a dare per scontato che lei avesse chiamato perché era nei guai.

“Mi chiedevo se ti fosse mai capitato un caso che ti è entrato dentro” gli disse. “E non intendo qualcosa che ti infastidisce e basta. Parlo di un caso che ti influenza così tanto che diventi paranoico quando sei a casa e senti che ogni indizio che si rivela inutile sia colpa tua.”

“Suppongo parli del caso con quel soprannome infelice, il Killer dello Spaventapasseri?” chiese James.

“Come...” fu sul punto di chiedergli, ma realizzò di conoscere già la risposta, mentre James le rispondeva.

“Ho visto la tua foto sul giornale” disse prima di sorseggiare il caffè. “Sono stato felice per te. Ti serve un caso del genere nel tuo curriculum. Mi pare di ricordare di averti detto che eri destinata a risolvere casi come questo parecchi anni fa.”

“Sì, l’hai fatto.” disse lei.

“Invece sei ancora a zonzo con la polizia locale?”

“Esatto.”

“Nelson ti tratta bene?”

“Fa quello che può, data la squadra che ha al suo servizio. In pratica mi ha messo a capo dell’indagine. Spero che sia il suo modo di lasciare che io dimostri quello che so fare, così che tutte le cazzate da macho degli altri finiranno.”

“Lavori ancora con Porter?”

“Fino a poco fa, ma adesso che è arrivato un agente dell’FBI, gli hanno cambiato partner.”

“Lavori con i federali” disse James sorridendo. “Credo che sia un’altra previsione che avevo fatto su di te. Ma sto divagando.”

Sorrise e si sporse in avanti.

“Dimmi come mai questo caso ti turba tanto. E se hai intenzione di dirmi le cose in modo superficiale, prendo il mio caffè e me ne vado. Ho una giornata molto impegnativa di dolce far niente che mi aspetta.”

Lei sorrise.

“La gloriosa vita da pensionato” commentò.

“Puoi dirlo forte” disse James. “Ma non cercare di cambiare argomento.”

Sapeva che era meglio non girare attorno alle sue richieste dirette. L’aveva imparato quando l’aveva accolta sotto la sua ala protettrice cinque anni prima, insegnandole le basi per fare profiling e come entrare nella mente di un criminale. Quell’uomo era dannatamente testardo e andava sempre dritto al punto – ed era esattamente il motivo per cui Mackenzie andava d’accordo con lui.

“Credo sia perché si tratta di un uomo che a quanto pare uccide solo donne. Inoltre, uccide le donne che usano il proprio corpo per guadagnarsi da vivere.”

“E perché questo ti turba?”

Le piangeva il cuore dirlo, ma lo ammise comunque.

“Mi fa pensare a mia sorella. E quando penso a mia sorella, penso a mio padre. E se penso a lui, mi sento una fallita perché non ho ancora arrestato il colpevole.”

“Tua sorella faceva la spogliarellista?” le chiese James.

Lei annuì.

“Per circa sei mesi. Lo odiava, ma guadagnava abbastanza da rimettersi in piedi dopo un brutto periodo. Mi ha sempre intristito pensare che dovesse fare una cosa del genere per tirare avanti. E, anche se non vedo mia sorella su quei pali di legno quando mi reco sulla scena del crimine, so che ci sono buone probabilità che le donne che questo tizio uccide avessero vite simili a quella di Steph.”

 

“Senti, Mackenzie, lo sai vero che pensare sempre a tuo padre quando le cose non vanno bene durante un’indagine è una forma masochismo? Non c’è motivo che ti tormenti per quello.”

“Lo so, ma non posso farne a meno.”

“Be’, adesso non pensiamoci. Presumo tu mi abbia chiamato per una specie di consulenza, giusto?”

“Sì.”

“Dunque, la cattiva notizia è che tutto quello che ho letto sui giornali è esattamente quello che avrei detto io. L’uomo che cerchi ha un’avversione per il sesso e probabilmente ha avuto problemi con una moglie, una sorella o sua madre. Però aggiungerei anche che questo tizio non esce molto. La sua inclinazione a disporre le vittime in zone così rurali mi fa pensare che sia cresciuto in una piccola cittadina. Probabilmente vive in una zona fatiscente della città. Se non di questa città, comunque da qualche parte in un raggio al massimo di centocinquanta chilometri. Ma è solo un’ipotesi.”

“Quindi potremmo restringere la ricerca a qualcuno che abbia a disposizione dei pali in cedro nelle parti più squallide della città?”

“Per cominciare. Adesso dimmi, hai notato qualche dettaglio sulle scene che possa essere passato inosservato a causa dell’atrocità delle scene stesse?”

“Soltanto i numeri” rispose lei.

“Sì, mi è capitato di leggere qualcosa sui numeri, ma solo in due occasioni. I media sono troppo fissati sulla professione delle donne per ragionare su qualcosa che non è di immediata comprensione. Proprio come quei numeri. Però ricorda: non dare mai una scena del crimine per scontata. Ogni scena ha una storia da raccontare. Anche se quella storia è nascosta in un dettaglio che all’inizio è apparentemente irrilevante. È compito tuo scoprirla, leggerla e capire cosa significa.”

Ci meditò. Cos’è che aveva trascurato?

“C’è qualcos’altro che devo chiederti” disse lei. “Sto per fare qualcosa che non ho mai fatto prima e non voglio che peggiori la mia situazione. Potrebbe potenzialmente coinvolgermi ancora di più.”

James la fissò per un momento e le rivolse lo stesso sorriso malizioso che a volte l’aveva inquietata quando era suo mentore. Voleva dire che aveva capito qualcosa senza che gli venisse detto, e che adesso la teneva in pugno con quello.

“Vuoi tornare sulle scene del crimine” affermò.

“Sì.”

“Hai intenzione di entrare nella mente dell’assassino” proseguì. “Vuoi provare a vedere le scene attraverso gli occhi di un uomo problematico, che ha in sé un forte odio verso le donne e una paura da folle verso il sesso.”

“Questo è il piano” ammise lei.

“E quand’è che avresti intenzione di farlo?”

“Appena uscirò di qui.”

James parve considerare la cosa per un momento. Prese un altro sorso di caffè e annuì in segno di approvazione.

“So che saresti perfettamente in grado di farlo” disse. “Ma sei mentalmente pronta?”

Mackenzie scrollò le spalle e disse: “Devo esserlo.”

“Può essere pericoloso” la avvertì. “Se inizi a vedere le scene attraverso gli occhi di un assassino, questo può anche distorcere il modo in cui sei stata addestrata a osservare le scene. Devi essere preparata a questo – devi stabilire il confine tra quella sorta di ispirazione oscura e il tuo desiderio di scovare questo tizio e fermarlo.”

“Lo so” disse piano Mackenzie.

James tamburellò con le dita sulla tazza. “Vuoi che venga con te?”

“Ho pensato di chiedertelo” ammise. “Ma credo che sia qualcosa che devo fare da sola.”

“Probabilmente è la decisione giusta” disse James. “Però devo avvertirti: quando cerchi di vedere le cose dal punto di vista di un assassino, non saltare mai alle conclusioni. Cerca di ricominciare daccapo. Non chiudere la mente con supposizioni del tipo “questo tizio odia le donne”. Lascia che sia la scena a parlarti, prima di proiettare te stessa nella scena.”

Mackenzie non poté trattenere un sorrisetto. “Suona tanto New Age” disse. “Hai voltato pagina?”

“No. Dopo la pensione non si volta più pagina. Allora, quanto tempo hai prima di lanciarti in questa missione?”

“Poco” disse. “Vorrei visitare la prima scena del crimine entro mezzogiorno.”

“Bene” disse lui, “Questo vuol dire che un po’ di tempo ce l’hai. Quindi per il momento metti da parte questa merda di Killer dello Spaventapasseri. Prenditi un caffè e fa’ compagnia a un vecchio. Che ne dici?”

Lei lo guardò con uno sguardo che si era sforzata di non fargli scoprire nel il periodo in cui l’aveva guidata. Era lo sguardo di una bambina che guardava suo padre provando il bisogno di compiacerlo e farlo felice. Anche se non si era mai psicoanalizzata per scoprire quella verità, l’aveva capito subito, dalla prima settimana in cui aveva passato con lui due ore al giorno. James Woerner era stata una figura paterna per lei in quel periodo della sua vita ed era qualcosa per cui lei sarebbe sempre stata grata.

Per quello, quando lui le chiese di restare a fargli compagnia e bere una tazza di caffè, fu felice di accettare. Il campo di granoturco, le stradine di ghiaia e quella vecchia casa abbandonata erano rimasti immobili per anni; potevano aspettare ancora qualche ora.

CAPITOLO VENTI

Sotto la breve guida di James Woerner, una delle cose che lui aveva lodato di lei più e più volte era il suo istinto. Il suo istinto, diceva, era più affidabile che leggere la mano o le foglie del tè per sapere come agire. Ecco perché non perse tempo con il campo di grano dove era stato scoperto il corpo di Hailey Lizbrook, né con il campo dove era stato appeso il secondo cadavere.

Invece, si recò direttamente sul retro della casa abbandonata dove era stata esposta l’ultima vittima. Durante la sua prima visita, le era parso che le finestre scure fossero degli occhi che osservavano ogni sua mossa. In cuor suo, l’aveva saputo fin da subito che quella scena del crimine aveva altro da offrire. Ma, con tutto quello che era poi successo con Ellis Pope, era un’intuizione che non era riuscita ad approfondire.

Parcheggiò l’auto e per un momento, prima di uscire, guardò la casa da dietro il parabrezza. Anche dal davanti la casa sembrava tetra, come tutte le case infestate che si trovavano nei film o nei libri. Guardò la casa, provando a vederla attraverso gli occhi di un omicida. Perché scegliere quel luogo? Era la casa in sé, o l’opprimente sensazione di isolamento che lo aveva attratto?

Questo a sua volta la indusse a chiedersi quanto tempo ci avesse messo il killer ad esaminare i luoghi in cui avrebbe esposto le vittime. I rapporti del medico legale sembravano indicare che i corpi erano prima portati lì, poi uccisi – non uccisi prima e poi semplicemente messi in bella mostra. Ma perché? Che senso aveva?

Alla fine Mackenzie scese dall’auto. Prima di incamminarsi verso la veranda decrepita, aggirò la casa per andare nel punto dove la terza vittima era stata immolata. Il cadavere era stato rimosso dal palo: la zona era stata visibilmente alterata, a causa di tutte le persone che l’avevano ispezionata. Mackenzie si portò dov’era stato il palo, il buco ancora visibile nella terra.

Si accovacciò e mise una mano sul foro. Guardò verso la foresta circostante e il retro della casa, tentando di vedere quello che il killer aveva visto nel momento in cui aveva iniziato ad aggredire la donna. Un brivido le corse giù per la schiena quando chiuse gli occhi e provò a visualizzarlo.

La frusta che utilizzava si divideva in più parti all’estremità e, a giudicare dalle ferite che lasciava, doveva avere delle punte. Ad ogni modo, doveva essere maneggiata con grande forza per dilaniare la pelle come faceva. Probabilmente, l’assassino prima girava intorno alla vittima legata al palo, godendosi le sue grida e le sue suppliche. Poi accadeva qualcosa. Qualcosa scattava nella sua testa, oppure le vittima diceva qualcosa che innescava la sua reazione. Era lì che iniziava a frustarle.

Era lì che aveva attaccato con più furia che mai; le sferzate non si limitavano alla schiena come nei casi precedenti, ma si espandevano anche su petto e ventre, e alcune erano anche sui glutei. Poi, ad un certo punto, il killer riteneva il lavoro terminato e si fermava. E poi? Si assicurava che le vittime fossero morte prima di tornarsene al furgone? Quanto tempo restava lì con loro?

Se non uccide semplicemente per il gusto di farlo ma perché prova avversione verso le donne e/o il sesso, allora probabilmente resta lì per un po’, a guardarle sanguinare, a vedere la vita che scivola via dai loro occhi. Mentre muoiono, forse è persino abbastanza coraggioso da guardare i loro corpi e provare a toccare un seno con mano tremante. Si sente sicuro o potente, disgustato o eccitato a vederle sanguinare, a guardare il manto della morte avvolgerle, lasciando i loro corpi seminudi in mostra?

Mackenzie riaprì gli occhi e guardò il buco che la sua mano ancora copriva. I rapporti mostravano che tutti e tre i buchi erano stati scavati a mano con una pala e ad un ritmo rapido, piuttosto che con uno strumento di precisione fatto apposta. Aveva fretta di cominciare, poi infilava il palo e ricopriva il buco con la terra. Dov’erano le donne in quel mentre? Narcotizzate? Svenute?

Mackenzie si rialzò e tornò sul davanti della casa. Anche se non aveva motivo di pensare che il killer fosse dentro casa, il fatto che avesse scelto il cortile per esporre il suo trofeo faceva sembrare la casa colpevole per associazione.

Salì sulla veranda, che subito scricchiolò sotto il suo peso. Anzi, l’intera struttura sembrò assestarsi. Da qualche parte nella foresta, un uccello emise un verso in risposta.

Entrò in casa spingendo una porta di legno molto deteriorata che graffiava il pavimento. Fu subito assalita dal tanfo di polvere, muffa e dal tipico odore di abbandono.

Mettere piede in quella casa fu come entrare in un film in bianco e nero. Una volta dentro, quell’istinto viscerale che James rispettava così tanto le diceva che non c’era niente di anormale lì, nessun indizio che ti facesse esclamare a-ah e che potesse far chiudere il caso.

Però non seppe resistere. Esplorò le stanze vuote e i corridoi. Osservò i muri crepati e lo stucco spellato, provando a immaginare la famiglia che un tempo aveva vissuto in quel luogo ormai in rovina. Infine andò nella parte posteriore della casa, dove sembrava che un tempo si trovasse la cucina. Il vecchio linoleum screpolato sul pavimento si arricciava, rivelando sotto di esso un pavimento marcio. Sulla parete opposta della cucina vide le due finestre che guardavano sul cortile – le stesse due finestre che aveva avuto la sensazione la osservassero la prima volta che era stata lì.

Attraversò la cucina, tenendosi vicina al bancone abbandonato lungo il muro per evitare il pavimento cedevole. Quando si mosse, realizzò quanto fosse assoluto il silenzioso in casa. Quel luogo era per fantasmi e ricordi, non per una disperata detective che tentava alla cieca di trovare un senso ai ragionamenti di un assassino. Si portò comunque sulla parete in fondo e guardò fuori dalla prima finestra, sedendo su un vecchio e malridotto lavandino.

Il luogo dove erano stati il palo e la terza vittima era perfettamente visibile dalla finestra. Da dentro casa non sembrava così spaventoso. Mackenzie provò a visualizzare come erano andate le cose, osservando dal suo posto alla finestra, come se stesse guardando una scena immaginaria alla TV. Vide il killer portare la donna al palo che aveva già piazzato lì. Si chiese se fosse svenuta o intontita in qualche modo, se camminava su piedi instabili e con le mani di lui sotto le braccia o la schiena.

Questo le fece venire in mente una cosa che nessuno si era ancora preso la briga di verificare. Come fa a portarle al palo? Sono svenute? Narcotizzate? Oppure semplicemente si impone con la forza? Forse dovremmo chiedere al medico legale di verificare la presenza di sostanze che causano sonnolenza...

Osservò la scena ancora un po’, iniziando a sentire l’isolamento della foresta lungo il cortile posteriore incombere di lei. Non c’era niente là fuori, solo alberi, animali nascosti e un debolissimo sussurro di vento.

Uscì dalla cucina facendosi strada in quello che una volta era stato il soggiorno. Una vecchia scrivania graffiata poggiava contro il muro. Era visibilmente deformata e i fogli sparsi su di essa sembravano foglie cadute su cui era piovuto per anni. Mackenzie andò alla scrivania e frugò tra le carte.

Vide fatture per mangime per maiali e grano. La più vecchia era datata giugno 1977 e proveniva da un fornitore a Chinook, in Nebraska. C’erano fogli di quaderni con la carta invecchiata così tanto che le linee blu erano completamente svanite tra le righe scritte a mano. Mackenzie osservò la scrittura e vide che sembravano appunti di catechismo. C’erano dei riferimenti a Noè e il diluvio, Davide e Golia, Sansone. Sotto il caos di fogli c’erano due libri: un testo intitolato La Parola Guaritrice di Dio e una Bibbia, che sembrava così vecchia da sbriciolarsi con un semplice tocco.

 

Scoprì di non riuscire a distogliere lo sguardo dalla Bibbia. Vederla le riportò alla mente visioni delle crocefissioni di cui aveva sentito parlare nelle poche volte che si era avventurata in chiesa con sua madre, quando era piccola. Pensò a Cristo sulla croce e a quello che rappresentava e si ritrovò a prendere il libro.

Pensò alla croce sulla quale era morto Cristo e sovrappose l’immagine con quella delle tre donne sui pali. Avevano escluso un movente religioso, ma lei non riusciva a smettere di rimuginarci.

Aprì la Bibbia e sfogliò le prime pagine, andando subito all’indice dei contenuti. Sapeva ben poco della Bibbia, quindi metà dei nomi non le diceva niente.

Scorse l’indice distrattamente e stava per mettere giù il volume quando improvvisamente notò qualcosa e il cuore prese a batterle più rapidamente. I nomi dei libri. Dei numeri di fianco.

Vedere le abbreviazioni le ricordò qualcos’altro.

Il palo.

I numeri.

N511

G202

Con mani tremanti, partì dall’inizio dell’indice, mettendo il dito su Genesi. Quindi scorse verso il basso, in cerca di un libro che iniziasse con la N.

Dopo pochi secondi, si fermò al libro dei Numeri.

Scorse le pagine polverose, l’odore di marcio che le giungeva a zaffate. Individuò Numeri e andò al capitolo 5. Trovato quello, scorse il dito sulla pagina fino al versetto 11.

N511. Numeri, capitolo 5, versetto 11.

Lesse e il cuore prese ad accelerare ad ogni parola. Le parve che la temperatura nella stanza fosse calata di venti gradi.

E il SIGNORE parlò a Mosè e disse: Parla ai figli di Israele e dì loro che Se un uomo ha una moglie che si è traviata e ha commesso infedeltà verso di lui e un altro uomo ha avuto rapporti carnali con lei, e la cosa è rimasta nascosta agli occhi del marito ed ella si è resa impura in segreto, e non ci sono testimoni contro di lei né stata colta sul fatto, qualora lo spirito di gelosia si impossessi di lui e questi diventi geloso della moglie che si è resa impura, oppure uno spirito di gelosia si impossessi di lui e questi diventi geloso della moglie che non si è resa impura, Allora il marito condurrà la moglie al sacerdote...

Lesse e rilesse più volte, con mani tremanti, provando esaltazione e nausea allo stesso tempo. Il passaggio la riempiva di un senso di presentimento che le faceva rivoltare lo stomaco.

Tornò all’indice dei contenuti. Vide che c’erano molti libri che iniziavano con la G, ma risolvere quel mistero non era la sua specialità. Inoltre, era abbastanza sicura di avere elementi a sufficienza già da quei versi.

Mackenzie chiuse la Bibbia e la rimise tra i fogli dimenticati. Corse fuori dalla casa per tornare in macchina, all’improvviso impaziente.

Doveva tornare alla centrale.

Anzi, doveva parlare con un reverendo.

Questo assassino non agiva così casualmente come tutti pensavano.

Aveva un modus operandi.

E lei stava per decifrarlo.

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