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Prima Che Uccida

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Из серии: Un Mistero di Mackenzie White #1
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Prima Che Uccida
Prima Che Uccida
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Читает Alessandra Bedino
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CAPITOLO VENTIQUATTRO

Mackenzie si sentiva certa che il killer non avrebbe colpito prima di quella notte, e gli altri erano d’accordo con lei. Questo dava loro ancora quattro ore di luce per preparare quella che speravano sarebbe stata un’operazione di successo. E, anche nell’eventualità che succedesse qualcosa prima di sera, c’erano comunque tre volanti lungo la Statale 411 a tener d’occhio tutti i veicoli che accedevano alla stradina sterrata che portava al luogo preparato dal killer. Con l’elicottero della polizia di stato in arrivo, la vittoria sembrava assicurata.

Mackenzie si trovava su una delle auto civetta sulla Statale 411, sollevata di essere sola. Nelson era tornato alla centrale per incontrare un consulente della polizia di stato e le aveva permesso di restare sul posto per avere sott’occhio la scena e mantenere il controllo sulle indagini. La sua auto era parcheggiata a due chilometri di distanza dalla stradina sterrata, ed era in parte nascosta dalla 411 perché si era infilata in retro in una scorciatoia che un tempo usavano i contadini per andare da un campo di granoturco all’altro.

Era seduta lì da quindici minuti, e l’unica macchina che avesse visto passare era una della polizia, che lasciava il luogo per tornare alla centrale. Era sicura che non ci sarebbe stata attività fino a notte inoltrata e sapeva che aveva davanti a sé lunghe ore di attesa. Si domandò se Nelson le avesse affidato quel compito per tenerla fuori dai piedi, oppure se lo vedeva come un modo per darle una posizione che la tenesse in prima linea ad osservare gli eventi.

Con un sospiro e un’occhiata verso quel tratto morto della statale, Mackenzie prese il cellulare e guardò la notifica della chiamata persa da Ellington, un’ora e mezza prima. Fece del suo meglio per non ripensare agli eventi della sera precedente, quando si era resa ridicola davanti a lui. Aprì la barra delle notifiche e, quando venne fuori il suo numero, lo premette subito, prima di avere tempo per ripensamenti.

Quando al terzo squillo rispose, Mackenzie detestò il fatto che fosse così bello sentire la sua voce. “Qui Ellington” disse.

“Sono Mackenzie White” disse lei. “Avevi provato a chiamarmi.”

“Oh, ehilà! Ho sentito che avete una pista promettente.”

“Così sembra, ma vedremo. Abbiamo trovato il prossimo palo, già sistemato e pronto all’uso.”

“Sì, ho sentito. Come ti senti?”

“Bene” disse lei.

“Mi sembri dubbiosa.”

“Mi sembra solo troppo bello per essere vero. Sento che manca qualcosa.”

“Forse è così” disse Ellington. “Il tuo istinto è piuttosto acuto. Io non lo metterei in dubbio.”

“Infatti di solito non lo faccio.”

Un silenzio impacciato calò fra loro e Mackenzie si ritrovò a cercare disperatamente qualcosa di nuovo di cui parlare. Aveva già sentito della svolta nelle indagini, quindi era inutile ripetere le cose. Questo è patetico, Mackenzie, pensò.

“Allora” disse Ellington, rompendo il silenzio. “Mi sono preso la libertà di elaborare un profilo dopo che ho sentito dei legami religiosi. Ci sono buone possibilità che l’uomo che cerchiamo abbia un passato religioso. Magari si tratta addirittura di un prete o un reverendo, anche se la storia indica più che sia stato cresciuto in una casa strettamente religiosa. Forse ha frequentato una scuola religiosa privata. Inoltre, penso che in casa sua non ci fosse una figura materna, oppure sua madre era spesso fuori. Probabilmente si comportava male da piccolo – non nei modi estremi che vediamo oggi, ma tipici episodi da bambino problematico.”

“Su cosa ti stai basando?” chiese lei. “Solo sui casi passati?”

“Sì, principalmente” disse lui. “Non posso prendermi il merito per queste intuizioni. Ma a dire il vero, è una formula che funziona circa il settanta percento delle volte.”

“D’accordo, quindi se questo non ci porta a nulla, vi rimangono solo un migliaio di probabili sospettati.”

“Forse non così tanti. In base al profilo che ho stilato, deduco anche che questo tizio è uno del posto. Se sta creando la sua città, come hai fatto notare tu, direi che sia nel posto dove è cresciuto. Basandomi su quello, ho fatto un paio di chiamate. C’è una scuola elementare cattolica a meno di cento chilometri da Omaha. Ce n’è anche un’altra in regione, ma scommetterei su quella più vicina ad Omaha.”

“È sorprendente” commentò Mackenzie.

“Che cosa?”

“In quattro e quattr’otto, hai ristretto il campo di ricerca e hai persino una potenziale fonte di informazioni.”

“Non per niente la I di FBI sta per Investigazioni.” Rise da solo alla sua battuta, ma smise quando Mackenzie non si unì a lui.

“Grazie, Ellington.”

“Di niente. Un’ultima cosa, prima che tu vada.”

“Cosa?” chiese nervosa, sperando che non tirasse fuori le sue imbarazzanti avance della sera prima.

“Quando ho consegnato il rapporto al mio superiore, gli ho detto che sei incredibile e che ho cercato di portarti dal lato oscuro.”

Si sentì lusingata.

“E con lato oscuro intendi l’FBI?”

“Esatto. Comunque, mi sembrava interessato. Perciò, se ti capiterà di desiderare di venire da noi, ti posso dare il suo recapito. Potrebbe valere la pena parlargli.”

Ci pensò su e, anche se da un lato avrebbe voluto dirgli di più, dirgli quanto lei lo apprezzasse, tutto ciò che riuscì a dire in risposta fu “Grazie.” Anche solo l’idea le sembrava un sogno. Cose così belle non accadevano a lei, di solito.

“Ci sei? Tutto bene?” chiese Ellington.

“Sì, tutto ok. Adesso devo andare. La faccenda si sta per concludere qui e io devo restare concentrata.”

“Sì, lo so. Va’ a prenderlo.”

Non riuscì a trattenere un sorriso. Per quanto lui le sembrasse una figura irraggiungibile, Ellington stava anche dimostrando di saper essere scontato e imperfetto come chiunque altro.

Terminò la chiamata e tornò ad osservare la Statale 411. Iniziava a sentirsi ansiosa, come se, standosene semplicemente lì a sedere, stesse sprecando tempo. Aprì il browser sul suo cellulare e fece una ricerca sulle scuole elementari cattoliche in zona, scoprendo che Ellington aveva fatto centro con le sue osservazioni.

Salvò l’indirizzo sul telefono, poi chiamò Nelson. Rispose al quarto squillo e sembrava infastidito per essere stato interrotto mentre faceva il leccapiedi con quelli della polizia di stato.

“Che c’è, White?”

“Ho un indizio che vorrei verificare, signore” disse. “Dovrei allontanarmi dalla 411 per due o tre ore, però.”

“Non se ne parla” disse Nelson. “Tu sei a capo delle indagini, quindi devi restare lì. È il tuo spettacolo, White. Non pensarci nemmeno di lasciartelo sfuggire. Se entro domani non avremo beccato il nostro uomo, allora ne riparleremo. Se è una pista promettente posso mandare qualcun altro a verificare.”

“No” disse Mackenzie. “È solo un sospetto.”

“Ho capito” disse lui. “Resta lì finché te lo dico io.”

Non ebbe nemmeno il tempo di rispondere che lui aveva già riattaccato.

Tirò fuori l’indirizzo della scuola cattolica sul GPS e lo salvò. Quindi guardò verso destra dove, poco oltre la Statale 411, un palo solitario restava vuoto nel campo di granoturco, in attesa di un sacrificio.

Sapeva che avrebbe dovuto restarsene lì buona a seguire gli ordini senza fare niente per quattro ore.

Eppure, seduta in macchina, qualcosa la torturava. E se lui uccideva le sue vittime prima di portarle lì?

In quel caso, significava che c’era una ragazza prigioniera da qualche parte, in quel momento, che stava subendo delle torture. Una ragazza che sarebbe morta mentre Mackenzie se ne stava a sedere lì, aspettando che comparisse il suo cadavere.

Era un pensiero insopportabile.

E se la scuola cattolica – l’unica nelle vicinanze, quella che calzava il profilo dell’FBI perfettamente – poteva fornirle un nome, un’identità?

Questo li avrebbe potuti portare al killer prima che lui arrivasse lì. Forse avrebbe addirittura potuto salvare la prossima vittima, prima che fosse troppo tardi.

Mackenzie sedeva lì, ad aspettare, bruciando dentro mentre sentiva le grida della prossima vittima nella sua mente. Ogni minuto che passava era un’agonia.

Alla fine, spinse il piede sull’acceleratore e sfrecciò via da lì.

Impostò Holy Cross sul GPS.

Disobbedire a un ordine diretto in quel modo poteva costarle il lavoro, il suo intero futuro.

Ma non aveva scelta.

Sperava solo di farcela ad andare e tornare prima che fosse troppo tardi.

CAPITOLO VENTICINQUE

Stupidi.

La voce gli rimbalzava nella testa mentre superava l’intersezione tra l’Autostrada 32 e la Statale 411.

Stupidi.

Se gli servivano prove che aveva Dio dalla sua parte, erano nella tempistica. Era diretto al luogo del quarto omicidio – quello che sarebbe diventata la sua quarta città – quando aveva visto un’auto della polizia sulla Statale 411. Appena l’aveva vista, aveva proseguito dritto lungo l’Autostrada 32, col cuore che gli martellava i petto.

Forse era solo una coincidenza. Forse gli sbirri erano in un pattugliamento di routine, a caccia di multe per eccesso di velocità.

Oppure avevano trovato il palo. Sapeva che stavano indagando su di lui; aveva visto le storie sul Killer dello Spaventapasseri sui giornali, ma non si era scomodato a leggerle o a guardare i servizi sul suo operato in televisione. Non lo faceva per farsi pubblicità o ricevere attenzioni. Lo faceva per diffondere l’ira di Dio e per insegnare al mondo l’amore, la pietà e la purezza.

 

Naturalmente la polizia non poteva capire. E se davvero avevano scoperto il luogo che aveva scelto per erigere la sua quarta città, per lui sarebbe stata la fine. Non sarebbe stato in grado di portare a termine il proprio lavoro, e questo a Dio non sarebbe piaciuto.

Avrebbe dovuto modificare il quarto luogo. Forse gli sarebbe stato d’aiuto, alla fine. Forse la polizia sarebbe stata così concentrata a cercare di acciuffarlo nel quarto luogo, che lui avrebbe potuto terminare il suo lavoro altrove, senza rischiare di essere preso.

Arrivò ad un minimarket sull’Autostrada 32 e fece inversione di marcia col suo furgone nel parcheggio. Quindi tornò all’incrocio e attraversò senza degnare la Statale 411 di uno sguardo.

Il suo quarto sacrificio era già selezionato e pronto, poteva ancora costruire la sua quarta città quella notte, come pianificato.

Avrebbe continuato il suo lavoro altrove.

*

Lei aprì gli occhi e il dolore le esplose in testa. Gridò e sentì che la sua voce aveva un suono strano, quasi ovattato. Provò a portarsi una mano alla bocca, ma si accorse di non riuscirci. Si accorse poi di essere imbavagliata, la stoffa annodata strettamente dietro la testa.

Sbatté ripetutamente le palpebre, cercando di far diminuire il mal di testa. Quando i suoi occhi iniziarono a mettere a fuoco e la mente le si snebbiò, iniziò a farsi un’idea di dove si trovasse. Era su un parquet ricoperto di polvere. Le braccia erano legate dietro la schiena, e anche le caviglie erano legate. Qualcuno l’aveva spogliata, lasciandola in biancheria.

Fu quel particolare a far tornarle di colpo tutto in mente. Un uomo era sbucato dal nulla la notte prima, quando era arrivata a casa. Erano le quattro e lei aveva... Dio, che cosa aveva fatto?

Ma il reggiseno rosa brillante che indossava rendeva impossibile dimenticare quello che aveva fatto la scorsa notte. Fece del suo meglio cercando di convincersi che essere una escort era diverso da quello che facevano le altre donne. Era più di classe, una cosa più controllata. Ma, in fin dei conti, aveva fatto la stessa cosa che facevano le altre. L’avevano pagata profumatamente (ehi, millecinquecento dollari per un’ora e mezzo di “lavoro” non era così male) e dopo non si era sentita così male come pensava.

Poi però c’era stato quell’uomo, che era uscito dalle ombre. Aveva solo detto ciao, prima che il suo braccio si stringesse attorno al suo collo. Per un istante aveva sentito un odore e, mentre sprofondava nelle tenebre, lo aveva sentito sussurrarle in un orecchio di sacrifici e acque amare.

E adesso era lì. Aveva ancora indosso le mutandine e non sentiva dolore, quinti era abbastanza sicura di non essere stata violentata. Però era comunque nei guai.

Tentò di mettersi in ginocchio, ma ogni volta che era sul punto di riuscirci, le caviglie legate la facevano cadere, facendole sbattere la spalla per terra. Restò distesa lì, piangendo e provando a ricordare l’ultima cosa che l’uomo le aveva detto prima di metterle sotto al naso qualcosa che l’aveva fatta svenire.

Lentamente si rammentò le sue parole. E, sorprendentemente, la follia di quello che le aveva detto le fece venir voglia di cedere e arrendersi, invece di cercare una via d’uscita.

Non preoccuparti, le aveva sussurrato. Costruirò una città per te.

CAPITOLO VENTISEI

Mackenzie impiegò poco più di un’ora a raggiungere la Holy Cross Catholic School, sfrecciando ai centocinquanta per tutto il tragitto. Quando arrivò, la scuola era già finita e mentre veniva accompagnata in fretta dalla segretaria su per una scalinata, scoprì di aver beccato la preside in un buon momento.

La preside era una signora paffuta che rispecchiava ogni stereotipo che Mackenzie aveva sulle suore. All’inizio calorosa e accogliente, la preside Ruth-Anne Costello fu tutta affari e piuttosto brusca, una volta che Mackenzie fu nel suo ufficio seduta davanti alla sua scrivania.

“Abbiamo sentito voci su questo cosiddetto Killer dello Spaventapasseri” disse la preside Costello. “È per questo che è venuta qui?”

“Esatto” confermò Mackenzie. “Come faceva a saperlo?”

La preside Costello si accigliò, ma era un’espressione che pareva più di rabbia che di disappunto. Mackenzie non si sarebbe stupita se, in una scuola del genere, quella fosse stata l’espressione costante del personale in qualunque momento della giornata.

“Dunque, quelle povere donne sono legate a pali di legno quindi fustigate, giusto? Il simbolismo religioso è inequivocabile. E ogni volta che un assassino opera in nome di principi religiosi terribilmente fuorviati, o seguendo una sua contorta interpretazione religiosa, sono sempre le scuole private religiose che vengono messe sotto la lente d’ingrandimento.”

Mackenzie poté solo annuire. Sapeva che era vero; l’aveva visto un mucchio di volte da quando aveva iniziato la sua carriera all’università. Ma il suo silenzio era anche dovuto al fatto che la preside Costello aveva ragione: le allusioni alla religione nelle azioni del Killer dello Spaventapasseri erano ovvie. Mackenzie le aveva avvertite lei stessa, quando avevano trovato il primo corpo. Allora perché diavolo le aveva ignorate?

Perché avevo paura di esporre le mie teorie a Nelson e Porter, temendo di sbagliarmi e di essere poi messa in ridicolo, pensò.

Ma adesso aveva la possibilità di rimediare, non l’avrebbe sprecata per niente al mondo.

“Be’” disse Mackenzie “abbiamo un profilo molto specifico. Speravo che, parlando con lei o con qualcuno che è qui da molto tempo, avrei potuto trovare un potenziale sospettato. O comunque, se non un sospettato, magari qualcuno che sa qualcosa sulle uccisioni.”

“Ebbene” disse la Costello, “io sono qui da trentacinque anni. Prima come consulente scolastico, poi come preside, ruolo che ricopro da vent’anni.”

Si alzò e andò verso il lato sinistro dello studio, dove una fila di schedari dall’aspetto antico era allineato al muro. “Sa” proseguì la preside “lei non è il primo detective che viene a curiosare quando è commesso un crimine che sembra avere influenze religiose. Nemmeno lontanamente.”

La preside tirò fuori dagli schedari quattro cartelline e le portò alla scrivania. Le sbatté sul ripiano con abbastanza forza da dimostrare di essere chiaramente seccata. Mackenzie allungò una mano per prenderle, ma la preside ne stava già indicando una. Senza guardare Mackenzie, riprese a parlare, picchiettando con l’indice paffuto ogni cartellina.

“Questa” disse indicando la prima, “è su Michael Abner. Quando era qui nei primi anni Settanta, aggredì una ragazza in cortile, e in quinta elementare lo scoprirono a masturbarsi nel bagno delle ragazze. Lui però morì nel 1984, in un terribile incidente automobilistico, mi pare. Perciò, chiaramente, non può essere un sospettato.”

Così dicendo, la Costello tolse la cartellina di Michael Abner dalla scrivania. Quindi ne scartò altre due, una su uno studente che era morto cinque anni prima di cancro ai polmoni, l’altro che era immobilizzato su una sedia a rotelle – ovviamente non il tipo di persona che potesse trascinare grossi pali di legno sulle scene del delitto.

“L’ultima cartellina” proseguì la preside “è su Barry Henderson. Quando frequentava la Holy Cross faceva spesso a botte, e una volta mandò due ragazzi al pronto soccorso. Quando tornò dopo la sospensione, iniziò a inviare alle insegnanti lettere oscene, ma il culmine fu quando tentò di stuprare l’insegnante di arte, mentre cantava l’inno preferito di sua madre. Questo accadde nel 1990. Mi dispiace informarla che nemmeno lui può essere il vostro sospettato. È un residente del manicomio criminale Westhall da dodici anni.”

Mackenzie si annotò mentalmente di verificare quell’informazione, quindi osservò la Costello rimettere a posto le cartelline negli schedari. Quando chiuse lo sportello, gli diede un colpo che risuonò nell’ufficio come una bomba.

“E quelli erano gli unici studenti che ha avuto negli ultimi trentacinque anni che potrebbero essere capaci di crimini come quelli del Killer dello Spaventapasseri?”

“Non abbiamo modo di saperlo” disse la preside. “Con tutto il rispetto, non teniamo un fascicolo su ogni studente che sembra incline a diventare un futuro criminale. Questo comporterebbe tenere un registro su ogni bambino che infrange anche la minima regola. I quattro casi che le ho mostrato erano i più estremi, e da molti anni tengo quei documenti a portata di mano, così risparmio un sacco di tempo quando vengo contattata dalla polizia, soprattutto quando arrivano con quelli che secondo loro sono profili corrispondenti. Vogliono sempre incolpare la religione per crimini che non riescono a risolvere da soli.”

“Io non sto incolpando nessuno” puntualizzò Mackenzie.

“Invece sì” ribatté la preside. “Mi dica, detective, è venuta qui semplicemente per scoprire il nome di un sospettato, oppure per scoprire quale dottrina religiosa lo abbia deformato a tal punto da fargli commettere questi terribili atti?”

“Non mi importa come arriviamo alle informazioni” sbottò Mackenzie. “Devo solo scoprire chi sta uccidendo queste donne. Il perché passa in secondo piano, a questo punto.”

Mackenzie iniziò a sentirsi un’idiota per essere venuta alla Holy Cross. Che cosa si era aspettata? Una soluzione facile e pulita? Un vecchio studente che calzava il profilo elaborato da Ellington alla perfezione?

“Grazie per il suo tempo, signora Costello” disse piano. Si alzò e si diresse alla porta. Quando la mano fu sulla maniglia, la preside Costello la fermò.

“Secondo lei perché, detective White?”

“Perché cosa?”

“Perché le forze dell’ordine vengono a cercare risposte nella religione quando non riescono a risolvere quelli che secondo loro sono crimini basati sulla fede?”

“Il più delle volte, semplicemente perché corrisponde ai profili” disse Mackenzie.

“Davvero?” chiese la Costello. “Oppure è perché gli esseri umani non riescono ad accettare il male per quello che è in realtà? E dato che non possiamo accettarlo, dobbiamo trovare qualcos’altro di tangibile da incolpare?”

Una domanda le sfuggì di bocca prima che riuscisse a fermarla.

“Che cos’è il male, signora Costello? Che aspetto ha?”

La preside Costello fece un sorriso a labbra strette. Era un ghigno inquietante, un’espressione che suggeriva un’oscura comprensione.

“Il male somiglia a lei. Somiglia a me. Viviamo in un mondo in rovina, detective. Il male è ovunque.”

La maniglia sotto la mano di Mackenzie all’improvviso sembrò gelida. Annuì e se ne andò, senza preoccuparsi di voltarsi a salutare la preside Costello.

Mentre percorreva i corridoi labirintici della Holy Cross, sentì il cellulare vibrarle in tasca. Lo prese e vide il nome e il numero di Nelson sullo schermo. Il cuore le sprofondò.

L’assassino, pensò. Si è fatto vivo mentre io non c’ero, e Nelson mi farà il culo.

Rispose con lo stomaco contratto dalla paura. “Ehi, Capitano.”

“White” disse lui. “Dove sei?”

“Alla Holy Cross Catholic School” disse. “Sto indagando sul profilo che mi ha fornito Ellington.”

Nelson restò in silenzio per un po’, riflettendo. “Mi spiegherai dopo perché diamine hai disobbedito ai miei ordini e stai sprecando il tuo tempo laggiù” disse. “Adesso però devi passare alla centrale mentre torni indietro.”

“E la Statale 411?” gli chiese. “Vorrei avviarmi prima dell’ora di punta.”

“Un’altra ragione per cui non avevi tempo da perdere a seguire la pista di Ellington. Vieni qui e basta.”

“Va tutto bene?” chiese.

Ma Nelson aveva già riattaccato, lasciando Mackenzie ad ascoltare soltanto la linea morta.

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