La Vicina Perfetta

Текст
0
Отзывы
Читать фрагмент
Отметить прочитанной
Как читать книгу после покупки
La Vicina Perfetta
Шрифт:Меньше АаБольше Аа
l a   v i c i n a   p e r f e t t a
(un emozionante thriller psicologico di jessie hunt—libro 9)
b l a k e   p i e r c e
edizione italiana
a cura di
Annalisa Lovat
Blake Pierce

Blake Pierce è l’autore statunitense oggi campione d’incassi della serie thriller RILEY PAGE, che include diciassette. Blake Pierce è anche l’autore della serie mistery MACKENZIE WHITE che comprende quattordici libri; della serie mistery AVERY BLACK che comprende sei libri;  della serie mistery KERI LOCKE che comprende cinque libri; della serie mistery GLI INIZI DI RILEY PAIGE che comprende cinque libri; della serie mistery KATE WISE che comprende sette libri; dell’emozionante mistery psicologico CHLOE FINE che comprende sei libri; dell’emozionante serie thriller psicologico JESSIE HUNT che comprende sette libri (e altri in arrivo); della seria thriller psicologico RAGAZZA ALLA PARI, che comprende tre libri (e altri in arrivo); della serie mistery ZOE PRIME, che comprende tre libri (e altri in arrivo); della nuova seria thriller ADELE SHARP e della nuova serio di gialli VIAGGIO IN EUROPA.

Un avido lettore e da sempre amante dei generi mistery e thriller, Blake ama avere vostre notizie, quindi sentitevi liberi di visitare il suo sito www.blakepierceauthor.com per saperne di più e restare informati.


Copyright © 2020 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright GeorgeMayer, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.

LIBRI DI BLAKE PIERCE

LA SERIE THRILLER DI ADELE SHARP

NON RESTA CHE MORIRE (Libro #1)

NON RESTA CHE SCAPPARE (Libro #2)

NON RESTA CHE NASCONDERSI (Libro #3)

NON RESTA CHE UCCIDERE (Libro #4)

THRILLER DI ZOE PRIME

IL VOLTO DELLA MORTE (Libro #1)

IL VOLTO DELL’OMICIDIO (Libro #2)

IL VOLTO DELLA PAURA (Libro #3)

IL VOLTO DELLA FOLLIA (Libro #4)

LA RAGAZZA ALLA PARI

QUASI SCOMPARSA (Libro #1)

QUASI PERDUTA (Libro #2)

QUASI MORTA (Libro #3)

I THRILLER PSICOLOGICI DI JESSIE HUNT

LA MOGLIE PERFETTA (Libro #1)

IL QUARTIERE PERFETTO (Libro #2)

LA CASA PERFETTA (Libro #3)

IL SORRISO PERFETTO (Libro #4)

LA BUGIA PERFETTA (Libro #5)

IL LOOK PERFETTO (Libro #6)

LA TRESCA PERFETTA (Libro #7)

L’ALIBI PERFETTO (Libro #8)

LA VICINA PERFETTA (Libro #9)

I GIALLI PSICOLOGICI DI CHLOE FINE

LA PORTA ACCANTO (Libro #1)

LA BUGIA DI UN VICINO (Libro #2)

VICOLO CIECO (Libro #3)

UN VICINO SILENZIOSO (Libro #4)

RITORNA A CASA (Libro #5)

FINESTRE OSCURATE (Libro #6)

I GIALLI DI KATE WISE

SE LEI SAPESSE (Libro #1)

SE LEI VEDESSE (Libro #2)

SE LEI SCAPPASSE (Libro #3)

SE LEI SI NASCONDESSE (Libro #4)

SE FOSSE FUGGITA (Libro #5)

SE LEI TEMESSE (Libro #6)

SE LEI UDISSE (Libro #7)

GLI INIZI DI RILEY PAIGE

LA PRIMA CACCIA (Libro #1)

IL KILLER PAGLIACCIO (Libro #2)

ADESCAMENTO (Libro #3)

CATTURA (Libro #4)

PERSECUZIONE (Libro #5)

FOLGORAZIONE (Libro #6)

I MISTERI DI RILEY PAIGE

IL KILLER DELLA ROSA (Libro #1)

IL SUSSURRATORE DELLE CATENE (Libro #2)

OSCURITA’ PERVERSA (Libro #3)

IL KILLER DELL’OROLOGIO (Libro #4)

KILLER PER CASO (Libro #5)

CORSA CONTRO LA FOLLIA (Libro #6)

MORTE AL COLLEGE (Libro #7)

UN CASO IRRISOLTO (Libro #8)

UN KILLER TRA I SOLDATI (Libro #9)

IN CERCA DI VENDETTA (Libro #10)

LA CLESSIDRA DEL KILLER (Libro #11)

MORTE SUI BINARI (Libro #12)

MARITI NEL MIRINO (Libro #13)

IL RISVEGLIO DEL KILLER (Libro #14)

IL TESTIMONE SILENZIOSO (Libro #15)

OMICIDI CASUALI (Libro #16)

IL KILLER DI HALLOWEEN (Libro #17)

UN RACCONTO BREVE DI RILEY PAIGE
UNA LEZIONE TORMENTATA

I MISTERI DI MACKENZIE WHITE

PRIMA CHE UCCIDA (Libro #1)

UNA NUOVA CHANCE (Libro #2)

PRIMA CHE BRAMI (Libro #3)

PRIMA CHE PRENDA (Libro #4)

PRIMA CHE ABBIA BISOGNO (Libro #5)

PRIMA CHE SENTA (Libro #6)

PRIMA CHE COMMETTA PECCATO (Libro #7)

PRIMA CHE DIA LA CACCIA (Libro #8)

PRIMA CHE AFFERRI LA PREDA (Libro #9)

PRIMA CHE ANELI (Libro #10)

PRIMA CHE FUGGA (Libro #11)

PRIMA CHE INVIDI (Libro #12)

PRIMA CHE INSEGUA (Libro #13)

PRIMA CHE FACCIA DEL MALE (Libro #14)

I MISTERI DI AVERY BLACK

UNA RAGIONE PER UCCIDERE (Libro #1)

UNA RAGIONE PER SCAPPARE (Libro #2)

UNA RAGIONE PER NASCONDERSI (Libro #3)

UNA RAGIONE PER TEMERE (Libro #4)

UNA RAGIONE PER SALVARSI (Libro #5)

UNA RAGIONE PER MORIRE (Libro #6)

I MISTERI DI KERI LOCKE

TRACCE DI MORTE (Libro #1)

TRACCE DI OMICIDIO (Libro #2)

TRACCE DI PECCATO (Libro #3)

TRACCE DI CRIMINE (Libro #4)

TRACCE DI SPERANZA (Libro #5)

CAPITOLO UNO

Non voleva fare la ficcanaso.

Almeno questo era ciò che Priscilla Barton si ripeteva mentre camminava lungo la Manhattan Beach Strand con una bottiglia di Sauvignon Blanc in mano.

Tecnicamente, Prissy – come preferiva farsi chiamare – stava per dare il benvenuto nella comunità ai nuovi vicini. Lei e suo marito Garth erano stati via, nella loro proprietà di Palm Springs, per buona parte della scorsa settimana e dovevano essersi persi i nuovi inquilini che si erano trasferiti. Da quando i Barton erano tornati in città, Prissy a volte notava il movimento di una figura dietro alle tende sempre tirate della villa accanto. Ma non aveva mai visto entrare o uscire nessuno.

E comunque di questi giorni era difficile poter controllare costantemente. Dato che tantissimi dei suoi vicini in questa parte di città benestante e antistante la spiaggia passavano buone porzioni di estate a viaggiare, era difficile sapere chi fosse in vacanza, meno che meno chi aveva affittato o prestato la propria casa.

Prissy sapeva che i proprietari della casa accanto alla sua erano un agente di Hollywood e sua moglie, che dirigeva un qualche fondo per il finanziamento di borse di studio per giovani svantaggiati. Ma non erano particolarmente amichevoli ed erano stati assenti per lunghi periodi durante l’anno. In effetti aveva sentito da un’altra vicina che sarebbero stati via fino a tutto agosto. Siccome non li vedeva da settimane, aveva senso che la persona che aveva scorto in casa fosse un affittuario.

Mentre Prissy si avvicinava alla porta, sentì un formicolio di emozionata anticipazione. E se l’agente avesse prestato la casa a un cliente, magari a qualcuno di famoso? Non sarebbe stata una cosa insolita. Un sacco di gente famosa viveva o passava le vacanze qui. Li vedeva spesso perché indossavano berrettini con visiera, occhiali da sole e vestiti trasandati. Era un po’ la loro uniforme.

E poi sollevavano raramente lo sguardo. Se vedeva qualcuno con un aspetto quasi da barbone nascondere il viso e rifiutare di guardarla negli occhi, c’era una buonissima possibilità che si trattasse di una celebrità. Ovviamente, lei stessa aveva imparato, provandolo sulla propria pelle, che a volte era effettivamente un senzatetto. Quindi era più cauta nell’approcciarsi a loro rispetto a quando era arrivata lì all’inizio.

Non che Prissy fosse nuova alla ricchezza. Per gli ultimi nove anni era stata sposata con Garth Barton, che era un dirigente di grande successo nella Sharp Kimsey, una società internazionale nel settore del gas e del petrolio. Fino all’anno scorso, avevano vissuto nel quartiere storico di Hancock Park, poco distante da tutti quei grattacieli luccicanti del centro di Los Angeles.

Ma Prissy, che era cresciuta povera e sudata in Catahoula, Louisiana, si era stufata delle afose e calde estati del centro di Los Angeles e aveva chiesto che si trasferissero alla spiaggia, che di solito era più fresca di due o tre gradi. Ma vivere alla spiaggia non significava essere accolta dalla gente del posto. Prissy doveva ancora farsi accettare.

Le piaceva dirsi che le cose andavano così perché questa era gente isolana, tipi distaccati che disprezzavano i nuovi arrivati. E c’era una certa verità in questo. Ma dentro di sé, sapeva che aveva molto a che fare con la sua personalità a volte avida e da arrampicatrice sociale, quella che tentava di tenere nascosta, ma che sembrava sempre emergere nei momenti meno opportuni.

 

Semplicemente non poteva farne a meno. Quella personalità aggressiva l’aveva aiutata a farsi strada a unghiate fuori dal bayou per arrivare all’Università di Los Angeles, dove aveva incontrato il garbato ragazzo di New Orleans che voleva diventare il padrone dell’universo.

Dopo la laurea e il matrimonio, Garth aveva ottenuto il lavoro alla Sharp Kimsey e si erano stabiliti a Metairie, poco distante dalla sede che l’azienda aveva a New Orleans. Dopo due anni erano stati trasferiti a Huston e poi a Los Angeles dopo altri quattro. Ora erano qui da tre anni, e Prissy adorava questo posto.

Amava il lusso della città. Ne amava l’impenitente goffaggine. Amava le donne magrissime che portavano a spasso il loro cagnolini microscopici dentro alle loro minuscole borsette. Voleva esserne parte, anche se i suoi tentativi la facevano apparire un po’ disperata. Ecco perché adesso si trovava davanti alla porta dei nuovi vicini con una bottiglia di vino in mano e un ampio sorriso stampato in faccia: per essere parte della scena.

Si voltò a guardare la Strand, un viale pedonale in cemento che per buona parte passava poco distante dalle case di Manhattan Beach e Hermosa Beach. Era sorprendentemente deserto per quell’ora del tardo pomeriggio, ma questo significava che in giro non c’era nessuno che potesse giudicare la sua curiosità.

Prissy si diede un’ultima controllata generale osservando la propria immagine riflessa nel lucido vetro della porta. Le sembrava di avere un bell’aspetto. All’età di trentuno anni, aveva ancora il corpo energico e tonico che sapeva esserle necessario per evitare che gli occhi di Garth si spostassero altrove. Tutte le sedute di yoga e pilates e gli allenamenti da campo in spiaggia avevano dato il loro risultato, mantenendo il suo corpo sodo in tutti i punti giusti. Teneva i capelli tinti di biondo sciolti sulle spalle, e anche se era quasi sera, usava la temperatura mite come scusa per indossare un reggiseno sportivo e pantaloncini da yoga a vita alta. Era piuttosto certa che avrebbe fratto un’ottima impressione, che il nuovo residente fosse una celebrità o no.

Prissy suonò il campanello ma non sentì niente. Doveva essere rotto. Bussò alla porta e aspettò. Non ci fu alcuna risposta. Provò ancora, ma di nuovo niente risposta. Stava per arrendersi ed era dibattuta se lasciare il vino sullo zerbino. Ma non aveva portato un biglietto e non aveva senso lasciare lì il suo pensiero senza che il destinatario sapesse chi gli aveva recapitato quel dono. Quindi provò un’ultima volta. Se nessuno avesse risposto, sarebbe semplicemente tornata più tardi. Bussò con forza alla porta con la parte morbida del pugno. Con sua sorpresa, il battente si aprì leggermente all’interno.

“Salve?” esclamò con voce alta ma tentennante.

Non ci fu risposta. Stupita dalla stranezza di una casa da miliardi di dollari lasciata così aperta e priva di protezione, spinse la porta un po’ di più.

“Salve! Sono la vicina di casa!” disse, mentre sbirciava nel foyer alla ricerca di una penna e un pezzo di carta. Qualsiasi cosa le tornasse utile per far sapere ai residenti che il vino era merito suo. Lasciare la bottiglia all’interno come dono anonimo andava contro il primo scopo della sua visita. Non vedendo nulla, Prissy si chiuse la porta alle spalle ed entrò in casa.

“Salve! C’è nessuno? Giuro che non sono qui per rubare niente. Ho un regalo di benvenuto. Lo lascio in cucina.”

Si incamminò lungo il cavernoso corridoio nella direzione che presumeva condurre alla cucina. Si sentiva leggermente nervosa. Dopotutto si era introdotta in una proprietà privata. Se qualcuno era in casa e non aveva risposto perché magari stava facendo la doccia o aveva degli auricolari nelle orecchie, una cattiva reazione sarebbe stata più che giustificata. Ma Prissy provava anche una deliziosa emozione in quella possibilità di curiosare in giro.

Andando verso la cucina, non incontrò anima viva. Tutte le luci in casa erano spente, il che le dava l’impressione che gli inquilini non ci fossero, e avessero quindi solo dimenticato di chiudere la porta in modo appropriato. Posò il vino sull’isola della cucina, trovò una penna e scrisse un breve messaggio su un post-it lì vicino, appiccicandolo poi sulla bottiglia.

Leggermente delusa, imboccò di nuovo il corridoio per tornare verso l’uscita, ma la sua curiosità fu nuovamente stuzzicata. Quando raggiunse l’ingresso dell’ampio salotto, non poté fare a meno di entrarvi per osservarlo meravigliata: sembrava che la stanza fosse stata presa e portata qui direttamente da Cape Cod.

Prissy stava pensando di tirare fuori il telefono e fare qualche foto, in modo da poter rubare qualche idea, quando sentì un rumore nell’angolo della stanza. Si voltò e notò che il suono veniva da dietro una grossa pianta. Per un momento, pensò di aver spaventato un animale che si stava nascondendo per restare al sicuro.

Ma poi, in un’improvvisa esplosione di movimento, un uomo scattò da dietro la pianta e corse verso di lei con un’espressione di oscura intensità in volto. Prissy fu pervasa da un’imprevista ondata di panico. Avrebbe voluto gridare, ma aveva la gola completamente secca. L’uomo stava venendo dritto verso di lei. Alla fine Prissy riuscì a tornare in sé, sentendo il respiro pesante e rapido del suo assalitore.

Scattò nel corridoio, correndo verso la porta. Ma correre con le ciabattine da spiaggia era difficile e dopo pochi passi Prissy perse l’equilibrio e cadde sul pavimento. Si rimise in piedi, con una infradito in meno. Il rumore dei pesanti passi alle sue spalle le fece esplodere l’adrenalina in corpo.

Stava per raggiungere la maniglia, quando si sentì spingere con forza contro la porta. Tra la spinta e lo slancio che già aveva, vi sbatté addosso violentemente, accasciandosi poi sul pavimento, senza fiato. Prima di potersi riprendere, sentì qualcosa che le si stringeva attorno al collo.

Cercò di infilarci sotto le dita, ma non ci riusciva, e l’uomo stava stringendo sempre più, tirandola nel corridoio, lontano dalla porta. Prissy gli crollò addosso ed entrambi caddero con un tonfo sul pavimento. Ma l’uomo non lasciò la presa.

Tra l’ondata di adrenalina, il fiato mozzato per la botta contro la porta e il collo ora così strozzato, Prissy sentiva che tutto il suo corpo tentava di urlare, anche se nessun suono le poteva uscire di bocca. Fece roteare le braccia tentando di colpire il suo aggressore con una gomitata alle costole, almeno per fargli perdere la presa. Ma sentiva che già stava perdendo conoscenza e che i suoi gomiti non erano in grado di produrre un solido impatto.

Non posso morire così!

Il pensiero le si accese nella mente mentre vedeva delle luci intermittenti che iniziavano ad annebbiarle la vista. L’idea la spaventò tanto da spingerla a un ultimo disperato tentativo di scuotersi l’uomo di dosso. Ma ormai era troppo tardi.

CAPITOLO DUE

Jessie Hunt si alzò dal tavolo della cucina senza sussultare visibilmente.

Raccolse i piatti di tutti e andò al lavandino per sciacquarli. In quanto peggiore cuoca del gruppo, era sfuggita alla preparazione della cena. Ma questo significava che era la lavapiatti ufficiale. Normalmente era uno scambio onesto, ma da quando aveva subito le più recenti ferite, stare china sul secchiaio era una sfida. E riporre i piatti nella lavastoviglie era spesso causa di silenziose lacrime.

Sentiva ancora il bruciore per le scottature alla schiena di tre settimane prima. Ma riusciva a non darlo a vedere. Né il suo compagno Ryan, né la sua sorellastra Hannah sembravano notare la sua attuale notevole sofferenza.

Si era procurata le bruciature nel salvataggio di una donna dalle grinfie di un uomo disturbato che l’aveva rapita e rilasciata intenzionalmente giorni dopo, solo per tornare poi a casa sua con l’intenzione di ucciderla. Jessie e la donna erano riuscite a scappare per un pelo dalla casa in fiamme. Da allora Jessie era stata in congedo dal Dipartimento di Polizia di Los Angeles, prima bloccata in ospedale, e ora nel proprio appartamento.

Sapeva che così non andava bene. Prendeva un sacco di antidolorifici. Il medico le aveva detto di non abbassare il dosaggio per un altro mese. Ma lei aveva iniziato a calarli di sua volontà una settimana fa, in parte per la preoccupazione di diventarne dipendente. Ma c’era anche un altro motivo. Doveva stare allerta.

Il giorno successivo a quello in cui si era procurata le ustioni, mentre si stava riprendendo in ospedale, il suo ex marito Kyle Voss era stato liberato dalla prigione. Si trattava dello stesso ex marito che era stato incarcerato per aver assassinato la sua amante, aver tentato di incastrare Jessie con l’accusa di omicidio e avere poi tentato di fare fuori anche lei quando se ne era resa conto.

Eppure in qualche modo il pubblico ministero all’accusa nel caso di Kyle aveva recentemente confessato la propria mala condotta per gestione inadeguata di alcune prove. Ovviamente Jessie sapeva come si fosse verificato quel ‘in qualche modo’. Kyle aveva stretto amicizia con una gang in prigione associata con il famigerato cartello della droga Monzon. Successivamente, i membri del cartello avevano minacciato la famiglia del pubblico ministero. Jessie ne era certa. Il suo amico dell’FBI, l’agente Jack Dolan, ne era sicuro quanto lei. Purtroppo non avevano modo di provarlo.

Quindi, mentre Jessie se ne stava nel suo letto d’ospedale a riprendersi dalle sue ustioni, un giudice aveva rimesso in libertà Kyle Voss, addirittura scusandosi con lui in tribunale. Kyle aveva fatto al suo solito lo splendido. Aveva tenuto una conferenza stampa ammettendo di essere ‘ben lungi da una persona perfetta’ e affermando la propria intenzione di voltare pagina, avviando addirittura una fondazione per la raccolta di fondi in aiuto ai prigionieri condannati ingiustamente.

Quello che Kyle non aveva ammesso – e che Jessie sapeva, ma non poteva provare – era che mentre era stato in prigione, aveva intrapreso una campagna per distruggere la vita e la reputazione dell’ex moglie. Era cominciato tutto con piccole cose, come farle tagliare le gomme dell’auto da un membro del cartello. Poi era passato a far mettere dei farmaci anti-psicotici nell’auto del suo compagno, a fare una chiamata anonima ai servizi sociali affermando che lei stava abusando di Hannah – di cui aveva la custodia –, ad hackerare le sue pagine social, postando commenti razzisti e anti-semitici. Quest’ultima manovra, nonostante fosse stata smascherata, stava ancora avendo le sue ripercussioni sulle relazioni lavorative di Jessie e sulla percezione che di lei aveva il pubblico.

La ciliegina sulla torta era stata una composizione di fiori inviatale in ospedale con il messaggio che il mittente l’avrebbe presto incontrata. Considerato che Kyle aveva già tentato di ucciderla e aveva detto a un informatore in prigione che voleva ‘squartarla come un maiale e farsi un bagno nel suo sangue caldo’, Jessie aveva deciso che valesse la pena di provare un po’ di dolore di più calando gli antidolorifici, se questo le avrebbe permesso di essere più vigile.

Era di aiuto che il suo compagno, che si era recentemente trasferito a vivere con lei e Hannah, fosse un decorato detective del Dipartimento di Polizia di Los Angeles, che aveva tutto l’aspetto di poter sconfiggere un toro infuriato in un incontro di lotta libera. Ryan Hernandez, il migliore investigatore della Sezione Speciale Omicidi (HSS) al dipartimento, era alto un metro e ottantacinque per novanta chili di solidi muscoli. Jessie a volte aveva l’impressione di essersi messa insieme alla propria guardia del corpo, anche se adesso non sembrava proprio così.

“Comodo?” gli chiese quando lo vide spostarsi sul divano e sdraiarsi con i piedi nudi sul bracciolo.

“Molto,” le rispose. Poi le disse con tono canzonatorio: “Li hai insaponati abbastanza quei piatti?”

“Ti faccio sentire subito quanto sono insaponati, se non levi immediatamente i tuoi piedi puzzolenti dal bracciolo del mio divano.”

Lui obbedì senza una parola, ma le mostrò la lingua. Jessie tentò di non sorridere.

Oltre ad avere nei paraggi un uomo tosto con l’abbiocco post-cena, un altro elemento rassicurante era che il suo appartamento era essenzialmente una camera blindata. Era stato progettato in quel modo quando si era trovata alle calcagna il suo padre naturale, un serial killer di nome Xander Thurman, che aveva deciso che lei dovesse unirsi all’attività di famiglia o diventarne una vittima.

Quindi le avevano dato un alloggio in un edificio protetto da poliziotti in pensione come guardie di sicurezza, monitoraggio ventiquattr’ore su ventiquattro tutti i giorni e videocamere di sicurezza in ogni corridoio e area pubblica. Ma quello era solo l’inizio.

 

Lei era una dei pochi residenti – tutti con professioni di alto profilo – ad abitare al segreto tredicesimo piano, sconosciuto alla maggior parte delle altre persone nell’edificio. Era possibile accedervi solo per mezzo di una rampa di scale nascosta dietro agli sgabuzzini dei contatori, dal dodicesimo o dal quattordicesimo piano.

Oltre a tutto questo, Jessie aveva fatto impostare un suo privato sistema di sicurezza per l’appartamento stesso, che comprendeva diverse serrature e allarmi. Uno dei vantaggi dell’essere stata sposata con un sanguinario ma ricco e benestante consulente finanziario era che, al momento del divorzio, era diventata ricca e indipendente lei stessa.

Nonostante tutte quelle precauzioni, sapeva che Kyle, in quanto sociopatico che l’aveva ingannata per un decennio, era astuto e implacabile. L’aveva quasi fatta franca con l’omicidio. Era riuscito a negoziare la sua libertà da una lunga sentenza di prigionia. Jessie non aveva intenzione di sottovalutare le sue capacità di aggirare le sue precauzioni riguardo alla sicurezza.

“Avete voglia di dolce?” chiese Hannah, ancora seduta al tavolo, riportando Jessie al presente mentre sciacquava gli ultimi piatti. “Ho fatto le tortine alle pere.”

Jessie era piena, ma non voleva guastare le delicate vibrazioni positive della serata.

“Sto per esplodere, ma potrei provarne una di piccolina,” disse, ottenendo un sorriso soddisfatto da parte della sorellastra.

Ogni sorriso fosse possibile tirarle fuori era una vittoria in quei giorni. Anche se tutto nell’appartamento sembrava piacevole in superficie, c’era decisamente della tensione subito sotto. Ryan aveva chiesto il permesso ad Hannah, prima di esplicitare l’idea di vivere insieme a Jessie. Anche se la richiesta era stata un gesto premuroso, Jessie aveva la sensazione che Hannah avesse acconsentito più per cortesia che per sincero entusiasmo.

Era chiaro che Hannah la voleva vedere felice. Ma era anche evidente che non faceva i salti di gioia ora che condivideva un appartamento da due camere con una coppia affezionata, soprattutto quando entrambi erano professionisti della polizia.

Mentre Jessie rifletteva su questo, Hannah le si avvicinò, tirò fuori le tortine dal forno e, senza una parola, posò quella più piccola, che era anche leggermente bruciacchiata, sul bancone umido accanto a Jessie.

“Buon appetito,” mormorò.

“Grazie,” disse Jessie, scegliendo di concentrarsi sull’offerta del dolce piuttosto che sul modo in cui le era stato dato.

A volte il leggero risentimento di Hannah veniva fuori sotto forma di scatti da adolescente passivo-aggressiva o, come in questo caso, nelle vesti di tortine alle pere bruciacchiate. A volte si manifestava attraverso un cupo silenzio. Non era costante, ma emergeva abbastanza spesso da farsi notare. Gli occhi verdi della ragazza diventavano burrascosi, la sua figura alta si piegava e richiudeva e i suoi capelli biondo sabbia venivano improvvisamente raccolti in una severa e sdegnosa coda di cavallo.

Le circostanze non erano ideali neanche per Jessie e Ryan, dato che nessuno dei due se la sentiva di lasciarsi davvero andare, romanticamente parlando, con una diciassettenne nella stanza che si trovava dall’altra parte del salotto. Vivano insieme in questa nuova configurazione da meno di un mese, ma stava già diventando chiaro che una discussione riguardo alla loro futura sistemazione era ormai inevitabile.

“Con tutta la sicurezza che hai qui, magari potremmo investire in una camera da letto insonorizzata,” era l’unica battuta che Ryan aveva fatto sull’argomento.

E poi c’era l’altra cosa, quella che stava sospesa e aleggiava su tutto. Hannah Dorsey era una persona stabile? Jessie si era recentemente assunta la custodia della sorellastra di cui prima neanche conosceva l’esistenza. Era venuta a sapere di lei solo dopo che il loro padre serial killer aveva assassinato i genitori adottivi di Hannah, e poi un altro assassino di nome Bolton Crutchfield aveva massacrato i genitori affidatari, rapendo Hannah e cercando di indottrinarla per farla diventare come lui. Erano un sacco di eventi da cui chiunque avrebbe avuto la necessità di riprendersi, figurarsi una ragazzina delle superiori.

“Fai attenzione con quel coltello, per favore,” disse Jessie, mentre Hannah lo usava per grattare i resti delle tortine dalla carta forno sulla teglia.

“Grazie, mamma,” mormorò Hannah sottovoce mentre continuava a usare la lama come una spazzola per le briciole.

Jessie sospirò senza rispondere. La vista della sorellastra con in mano un coltello lungo e affilato la innervosiva. Anche se stava tentano di creare un ambiente sicuro, era preoccupata che magari dei residui istinti omicidi si fossero insinuati nella mente della ragazza. Aveva segretamente sviluppato una sete di sangue dopo aver visto il potere crudele che la violenza offriva a coloro che la abbracciavano? C’era un qualche germe di desiderio omicida che era stato trapassato da suo padre alla figlia? E se così fosse, ce l’aveva anche Jessie?

Era una domanda sulla quale rimuginava da mesi. Ne aveva parlato con la sua terapeuta, la dottoressa Janice Lemmon, che seguiva ora anche Hannah. Lo aveva chiesto addirittura al suo mentore, il famoso profiler criminale Garland Moses, al quale aveva domandato di indagare sulla questione. Ma nessuno era stato in grado di offrirle niente di definitivo sulla natura di Hannah, proprio come Jessie sembrava incapace di discernere una chiara risposta riguardo al proprio carattere.

Per buona parte del tempo, Hannah sembrava come una normalissima ragazza adolescente, con tutti i consueti sbalzi d’umore, gli ormoni e tutto il resto. Ma considerato il trauma che aveva sofferto negli ultimi mesi, a volte quella ‘normalità’ le sembrava sospetta.

Jessie scosse la testa, tentando di cacciare dal cervello quei pensieri. In quel momento, le cose erano accettabili. Sua sorella aveva preparato il dessert, anche se gliene aveva dato un pezzo bruciato. Tutti erano carini. Jessie sarebbe dovuta tornare al lavoro d’ufficio la settimana successiva e sperava di rientrare pienamente in servizio come profiler criminale quella dopo. Le cose stavano procedendo.

Sì, era frustrante vedere Ryan uscire ogni mattina, diretto alla Stazione centrale del LAPD, dove entrambi lavoravano. Ma presto lo avrebbe raggiunto. Poi sarebbe potuta ritornare al mondo che amava, dove doveva catturare assassini tuffandosi nelle loro menti.

Per mezzo secondo, la natura preoccupante del proprio ‘amore’ per quel mondo la fece sobbalzare. Ma mandò giù velocemente la preoccupazione, insieme a un morso della deliziosa tortina alle mele di Hannah. Anche se leggermente abbrustolita, era buonissima. Mentre tutti stavano finendo il dolce, il telefono di Ryan suonò. Ancor prima di guardarlo, tutti capirono di cosa si trattava. A quell’ora, era quasi certamente un caso.

“Pronto?” rispose Ryan.

Ascoltò in silenzio per quasi un minuto. Jessie poteva distinguere appena la voce dall’altra parte della linea. Ma sulla base dello stile brusco e frettoloso, era sicura di sapere chi fosse.

“Garland?” chiese quando Ryan riattaccò.

“Già,” le rispose, annuendo mentre si alzava in piedi e iniziava a raccogliere le sue cose. “Sta gestendo un caso a Manhattan Beach e pensa che sia adatto al HSS. Vuole il mio aiuto.”

“Manhattan Beach?” insistette Jessie. “Un po’ fuori dalla nostra giurisdizione, no?”

“A quanto pare il marito della vittima è un pezzo grosso nel giro del petrolio in centro città. Ha sentito parlare di Garland e ha richiesto nello specifico il suo intervento. Si presume che sia un mega-stronzo, quindi la polizia del posto è felice di passare il malloppo al Dipartimento di Polizia di Los Angeles.”

“Sembra divertente,” commentò Jessie.

“Ecco la cosa strana,” disse Ryan, rivolgendosi non a lei ma ad Hannah, mentre si infilava il giubbotto sportivo e si allacciava la cintura con la pistola. “Molta gente lo direbbe sarcasticamente. Ma tua sorella lo dice sul serio. È gelosa di non poter venire con me. È malattia questa.”

Aveva ragione, in più di un senso.

Купите 3 книги одновременно и выберите четвёртую в подарок!

Чтобы воспользоваться акцией, добавьте нужные книги в корзину. Сделать это можно на странице каждой книги, либо в общем списке:

  1. Нажмите на многоточие
    рядом с книгой
  2. Выберите пункт
    «Добавить в корзину»