La Sfida

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Guido Pagliarino

LA SFIDA

Il conflitto fra

Cristianesimo e Gnosticismo

nei primi secoli della Chiesa

Saggio

Copyright © 2018 Guido Pagliarino

All rights reserved

Book published by Tektime

Guido Pagliarino

LA SFIDA

Il conflitto fra Cristianesimo e Gnosticismo nei primi secoli della Chiesa

Saggio

1a Edizione, in Volume e in E-book, 2018

Copyright © Guido Pagliarino

Distribuzione Editrice Tektime

Questo saggio è basatp sulla prima parte, ma interamente rivista e, dove utile, variata o integrata, della più ampia opera dello stesso autore, pubblicata in fprmato solo cartaceo, “Cristianesimo e Gnosticismo: 2000 anni di sfida. saggio”, Copyright © 1999 Guido Pagliarino, libro edito da Prospettiva Editrice, Copyright © 2003, fuori catalogo dal 30 settembre 2011: dal 1° ottobre 2011

Il Copyright © è tornato all’autore

L’immagine in copertina è tratta da “’L’Antico dei giorni,” di William Blake, acquerello e tempera su carta, circa 1821, Whitworth Art Gallery, Manchester University

Indice

LA SFIDA Il conflitto fra Cr istianesimo e Gnosticis mo nei primi secoli della Chiesa – Saggio

PREFAZIONE DELL’AUTORE

I- 2 000 ANNI DI SFIDA

Gnosticismo: un fenomeno antico

Gnosticismo “cristiano” nemico del Cristianesimo

II – L’ANTICO GNOSTI CISMO

Gnostici greci ed ebrei

Esseni gnostici? Essenismo matrice del Cristianesimo? Qumran

Verso lo Gnosticismo “cristiano”

Gnosticismo “cristiano”

III - V ERSETTI GNOSTICI NEL NUOVO TESTAMENTO?

Alogi e Gaio di Roma

Assertori contemporanei dello Gnosticismo quale fonte del Cristianesimo

I Libri di Giovanni e le scuole apostoliche

Dualismo esseno e dualismo giovann eo: il quarto Vangelo, le Lettere, l’Apocalisse

... il quarto Vangelo…

...le Lettere…

... l’ ’Apocalisse

La Lettera di Giacomo il minore

Altri autori anti-gnostici del Nuovo testamento: Paolo, Pietro, Giuda

Lettera di Clemente P apa: cenno

I V - I NIZIA LA LOTTA. APOLOGISTI E PADRI DELLA CHIESA: CENNI

Trionfa il concetto greco di anima – essenza:

a) Apologisti del Cristianesimo

b) Padri della Chiesa e altri difensori della Tradizione apostolica

Tramite Plotino, influenza gnostica sul Cristianesimo?

%

V - CRISTIANI INCONSCIAMENTE GNOSTICHEGGIANTI: CENNI

Sui digiuni e sulle penitenze diverse

Sempre sull’influenza del pensiero gnosticismo su cristiani e presunti tali

Cenno all’ inferno come annichilimento del peccatore

Cenno a v ari gradi e forme d’influenza gnostica sul Cristianesimo

BIBLIOGRAFI A PRINCIPALE

LA SFID A

Il conflitto fra C ristianesimo e Gnosticism o nei primi secoli della Chiesa

Saggio

PREFAZIONE DELL’AUTORE

Il pudico Governo che guidava l’Italia quand’ero piccolo, anni ‘50 del XX secolo, si faceva carico scrupolosamente di salvaguardare la buona morale dei cittadini e, in primo luogo, di rispettare l’innocenza dei bimbi, arrivando a far indossare mutandoni sulle nude gambe delle ballerine negli spettacoli di rivista della neonata TV statale, canale unico, che il sabato sera allietavano domesticamente i possessori dei primi televisori in bianco e nero; ma quel verecondo Governo, per contro, non si preoccupava affatto d’inquietare l’infanzia, me compreso, programmando al pomeriggio documentari naturalistici con sequenze di animali che assalivano e divoravano animali: leone antilope, serpente topo, pesce grosso pesce piccolo o, caso peggiore, squalo foca, e così via; e si aggiunga che al cinema, cui i miei genitori mi portavano nel pomeriggio della domenica, essendo allora comune il “cortometraggio” fra uno spettacolo e l’altro, non poche volte dovevo assistere, a colori, ad analoghe esibizioni di carnivora ristorazione animale. Sembra che oggigiorno simili cose non preoccupino minimamente i piccoli, adusi a elettronici giochi di gran violenza, ma certamente non era così in quel tempo di più candidi giocattoli fisici: trenino, meccano, macchinine, biglie... Io mi chiedevo ogni volta con ansietà: “Perché la natura è così malvagia? Dio non avrebbe potuto fare il mondo diversamente?”

A parte gli ebeti, che si dice siano sempre contenti, nessuno, io penso, prima o poi non s’è posto drammaticamente il più generale quesito: “Perché c’è il male?” e non ha cercato di adattare la propria vita alla risposta, sempre che ne abbia trovata una: persone comuni, filosofi, religiosi. Così è stato e continua a essere, lungo tutta la Storia:

Molto anticamente in India sorge un discreto concetto per assicurare ordine sociale e scansare, per quanto possibile, il male che viene dall’uomo - se non altro quel particolare dolore, ché quello che viene dalla natura è invece quasi invincibile, almeno a quei tempi, ad esempio nessuna malattia seria è curabile -: si tratta dell’idea combinata della metempsicosi e delle caste: fai il male e ti reincarni in un vermiciattolo, fai il bene – chi sa come può un anellide ermafrodita fare il bene - e recuperi posizioni e puoi tornare a essere uomo, anche se solo paria per il momento, e quindi salire di casta fino a divenire, reincarnazione dopo reincarnazione, addirittura un sacerdote; ma attenzione a non scadere di nuovo nel male, se no... L’idea di un fine ultimo non c’è ancora, le reincarnazioni sono eterne, al male esistenziale non si sfugge mai. Bisogna aspettare il buddha, VI secolo a.C., perché l’incarnarsi in una bestia sia tolto di mezzo e, soprattutto, si sgomberi l’idea dell’eternità delle vite. Ora si può sperare di porre fine a una pena prima creduta eterna, adesso finalmente c’è, sia pur lontanissima, la mèta del dissolversi della persona nell’oblio-Nirvana. Già, ma “perché, di fondo, il male?” “Comunque”, risponde il buddismo, “sono i desideri materiali ad aumentare le ambasce del cuore, cerchiamo almeno di annullare quelli; e l’essenziale è che, alla fine, non ci si reincarni più”. In Oriente il ciclo delle rinascite è inteso ancor oggi con afflizione; chi sa perché, invece, oggidì nel nostro Occidente a molti la reincarnazione piace assai, tanto da preferirla all’idea d’origine giudeo-cristiana di vita eterna gioiosa in Dio.

 

Per gli antichi Ebrei è tutta colpa del peccato originale di Adamo se si soffre, comunque chi è giusto ha una vita e una discendenza prospere anche se poi, essendo discendente della prima coppia peccatrice, muore per sempre. Siamo dopo l’esilio babilonese nel secolo VI a.C. entro l’ambiente del secondo Tempio, in cui si stendono i cinque libri del Pentateuco - non scritto, come invece molti credono ancor oggi, ai tempi e per mano di Mosè1 -, dei quali il primo, la Genesi, avverte che Dio è buono e tutto quanto ha creato lo è, tant’è vero che nello stesso testo egli è mostrato mentre se ne compiace; è buona anche la libertà che ha concesso all’essere umano, peccato che questi abbia scelto il male e rovinato tutto, non solo la propria vita ma il mondo intero che è diventato cattivo come lui: prima il leone pascolava con l’antilope. Fuori dal simbolo, gli autori di questi passi dicono in sostanza, mostrando il mitico Eden: “Vedete come Israele sarebbe felice se non peccassimo?” All’idea della vita eterna si giunge solo attorno al III secolo a. C., ebrei della setta dei farisei ne hanno l’illuminazione e la mettono per iscritto: per essi la persona dei giusti, grazie a Dio, risorgerà con la sua individuale intelligenza - i giusti sono loro, i farisei, parola che non per nulla significa “i separati”, gli unici giusti, potremmo dire -. Un’altra setta, quella dei sadducei, non è d’accordo, per costoro si muore e basta, come tutti quanti la pensavano fin ad allora; inoltre, per maggior disaccordo, sono sacri secondo loro solo i libri che ritengono i più antichi, i cinque scritti, credono, da Mosè in persona. detti nel complesso la Legge, la Torah: in ambiente cristiano saranno il Pentateuco; i farisei, diversamente, accettano come Parola anche molti altri testi che saranno poi accolti pure dai cristiani.

In Persia col Mazdeismo, culto del dio Mazda basato sugli insegnamenti di Zarathuštra o Zoroastro, pensano di risolverla immaginando un unico dio del bene, Ahura Mazda il quale fin dai primordi s’è scisso in due parti, un po’ come fa una cellula, originando uno spirito divino del male chiamato Angra Mainyu o Ahreman ovvero Ahriman o, in italiano, Arimane. Non è chiaro perché ciò sia capitato, è di fede che ciò è avvenuto contro la volontà dello stesso benigno Ahura Mazda. I due spiriti primordiali sono gemelli, ciascuno è dotato di propria individuale volontà. Essi sono perennemente in lotta, per adesso la vince di norma il cattivo e noi soffriamo, ma poi… Essendo i due iddii riferibili a una comune matrice, si tratta di una Divinità bifronte ma unica, per cui si può parlare, a ben vedere, d'un credo monista anche se con l’esteriore aspetto di culto dualista: il dualismo vero e proprio adora esclusivamente un dio buono e insieme cattivo, non adora due dèi, l’uno positivo e l’altro negativo, pur se originati dalla scissione di un unico iddio originario.

Per i Greci - in particolare per Platone - la materia, eterna e non creata da Dio, è stata modellata nelle forme e secondo le leggi del nostro universo da un artefice e legislatore divino, un bel tipo d’incosciente arruffone chiamato il Demiurgo, cioè l’Artigiano: gli animi umani sono stati infelicemente imprigionati nei corpi. Bisogna filosofare migliorandosi, reincarnandosi così in uomini sempre migliori, fino alla cessazione delle incarnazioni e a essere di nuovo, una volta per tutte, spirituali. Su tal idea basilare successivi pensatori, riuniti in vari gruppi e gruppuscoli, persone di spirito assolutamente elitario, ritengono che soltanto alcuni individui, essi stessi per l’appunto, siano spirituali, mentre la maggior parte degli altri, no; esclusivamente per il loro bene è venuto sulla terra un salvatore–rivelatore della vera sapienza divina e grazie a lui essi non si annichiliscono morendo ma si possono salvare dalla materia e quindi dal dolore sopravvivendo felici: solo loro, gli pneumatici o spirituali che hanno in sé l’eterno pneuma o scintilla divina; non tutti gli altri, gli ilici o materiali, che sono mortali perché posseggono solo il corpo e l’anima - o psiche – che periscono. Alcuni gnostici però, i valentiniani, meno ingenerosi pensano che ci sia un’altra categoria al mezzo, quella degli psichici, i quali sforzando la loro anima-psiche possono arrivare al punto di spiritualizzarla sufficiente per poter, almeno, sopravvivere ai margini del pleroma divino, se non nel suo bel mezzo come loro, i privilegiati, gli spirituali.

Pure la pensano elitariamente certi ebrei non ortodossi che, peraltro, su alcune cose secondarie la vedono diversamente.

Gli uni e gli altri sono definiti gnostici dagli studiosi moderni, mentr’essi si definivano, semplicemente, pneumatici.

Diversamente dagli gnostici, per la maggior parte dei pensatori giudei e poi per quelli cristiani la Rivelazione divina non è un’illuminazione dovuta a un salvatore-rivelatore, essa procede a tappe nella Storia e, via, via, sull’insegnamento della stessa, viene trascritta nei libri biblici, cioè nel Primo, o Antico, testamento e nel Nuovo testamento, il secondo scritto a far capo dai primi anni ‘50 d.C. - alcune lettere di Paolo - e concluso entro il decennio 90-100 - Vangelo di Giovanni -2 ; Nuovo testamento che è interamente dedicato alla figura di Gesú di Nazareth detto l’Unto, cioè il Messia dall’ebraico e il Cristo dal greco: ebrei suoi apostoli prédicano, secondo i credenti in parole ispirate da Dio, ch’egli è risorto in corpo e anima per virtù sua propria e che dunque, oltre che uomo, è Dio stesso; e alcuni loro discepoli pongono per iscritto la sostanza delle loro parole formando così, via, via, i ventisette libri del Nuovo testamento; ad esempio Marco, discepolo di Pietro, ne riporta la predicazione scrivendo uno dei quattro Vangeli. Quei primissimi cristiani non sono elitari come i farisei e come gli gnostici, affermano che, grazie al Salvatore-Cristo, tutti gli esseri umani possono avere la vita eterna, che il loro corpo materiale e psichico si trasformerà, morendo, e risorgerà in forma gloriosa e spirituale sopravvivendo eternamente e gioiosamente in Dio, proprio come è accaduto alla persona di Gesù: purché si segua l’esempio d’amore di lui e si creda ch’egli è risorto. Cercano di farla sapere dappertutto, la magnifica notizia della Risurrezione; purtroppo a certi ebrei, precisamente all’élite che ruota attorno al tempio e al sinedrio - parlamento - di Gerusalemme e, presto, anche a tanti romani tal idea non piace, così fanno ammazzare o ammazzano direttamente gli apostoli, i discepoli e i loro seguaci: di regola in modi orribili.

Gli gnostici, curiosi delle novità, s’interessano quasi subito al Cristianesimo e molti, ma alla loro maniera, si cristianizzano: dicono che il vero Cristianesimo è il loro e che di risurrezione del corpo, neanche a parlarne; e continuano a insistere che solo loro, gl’illuminati, si salvano.

Da quel tempo non cessano più le diatribe fra gnostici cristianeggianti e cristiani doc, diverbi acerrimi nei primi secoli dell’era cristiana; ma… i membri della Chiesa, qui non importa discernere fra cattolica, ortodossa e riformata, sono davvero i cristiani doc? Gli antichi gnostici credevano d’essere i veri e soli cristiani mentre ancora ai nostri tempi, secondo certi studiosi, ad esempio il Bultmann, il Cristianesimo è derivato dallo Gnosticismo che sarebbe Gnosticismo, per così dire, annacquato; ma… una disputa in merito è giustificata? A me sembrerebbe una questione di lana caprina, un almanaccare senza costrutto, come lo era per Orazio3 l’elucubrare se l’aggrovigliato, pungente e ruvido vello delle capre, inconfondibile col vello ovino, fosse lana oppure pelo. Per me è pura e semplice opzione personale il ritenersi vero cristiano in quanto s’accolgono i concetti ecclesiali ovvero perché si fanno proprie le nozioni gnostiche: scelte entrambe oneste se ciascuna sia tenuta per sé, non pretendendo d’imporla violentemente agli altri come se fosse l’unico Vero Cristianesimo. Qualora si ritenesse utile saperlo, io m’annovero fra i cristiani della prima opzione.

Guido Pagliarino

I – 2000 ANNI DI SFIDA

Qualcosa di assolutamente improbabile accade nel 1945.

A Nag Hammadi, l’antica Chenoboskion d’Egitto, viene scoperta un’importante biblioteca antica con testi in gran prevalenza gnostici, in parte cristianeggianti come un vangelo apocrifo di Tommaso. Si tratta d’una completa raccolta con quaranta scritti riportati su tredici codici che erano stati sepolti entro una giara. Per quei reperti, finalmente, si può approfondire lo Gnosticismo4 , insieme di dottrine derivanti da filosofia e teosofia5 greche e da promesse di redenzione di culti misterici orientali, ebraici, egiziani, pitagorici, orfici, dionisiaci, ermetici6 , mistico-astrologico-magici: lo Gnosticismo nasce e vive su un terreno precedente fatto di religioni e di loro presunti misteri, che pretende di svelare nel profondo, e inoltre di concetti di filosofi7 .

Tuttavia, precisiamolo subito un po’ meglio, lo Gnosticismo (da gnosi = conoscenza) non è la religione di sapienti che ricercano grazie alla filosofia e trovano per tal via di ragione la Salvezza, com’era per Platone, ma è il credo di coloro che raggiungono la pienezza di Luce in modo mistico, per certuni di loro, questo già nello Gnosticismo pre-cristiano, approfondendo in sé, in segreto, una prima illuminazione ricevuta da un rivelatore-salvatore, per gli altri grazie solo ad auto-illuminazione, senza la persona d’un rivelatore, grazie alla scintilla divina (pneuma) presente in essi stessi, gli spirituali. È quest’illuminazione mistico-esoterica la vera sapienza per gli gnostici precristiani e per i successivi gnostici cristianeggianti.

Sulla base delle antiche confutazioni teologiche di Padri della Chiesa e di altri scrittori ecclesiastici dei primi secoli, fin verso la metà del XX s’era conosciuto soprattutto lo Gnosticismo cristiano, pure chiamato Cristianesimo gnostico o Gnosticismo cristianeggiante, espressione quest’ultima che mi sembrerebbe la più appropriata perché, come vedremo, i fondamenti del Cristianesimo sono assenti. Normalmente userò però la prima espressione, Gnosticismo cristiano, perché è la più comune; ma ponendo “cristiano” in corsivo.

Mi pare che, più che cercare una presunta essenza del Cristianesimo e confrontarla con quella, altrettanto presunta, dello Gnosticismo cristiano, il che porterebbe a inutili discussioni su quale sia tra i due il vero Cristianesimo - con questo sgombro subito il terreno al riguardo - si tratti di precisare che cosa intendano etichettare con la parola Cristianesimo i membri stessi della Chiesa; e mi riferisco, lo dico senz’altro, al credo nelle reali morte e risurrezione di Gesú Cristo, il Figlio seconda Persona della Trinità e vero Dio in Pneuma, e insieme vero uomo in corpo e anima (o psiche, cioè psyché in greco antico, tradotta anima in latino e poi in italiano): il Cristo che ha portato all’intera umanità, nessuno escluso, l’Amore totale per Dio e per il prossimo compreso il nemico, non una conoscenza per pochi eletti come nello Gnosticismo: differenza fondamentale.

Le citate scoperte favoriscono il paragone tra Gnosticismo cristiano e Gnosticismo pagano e giudeo.

I papiri di Nag Hammadi contengono testi relativi agli gnostici sethiani, di cui lo scrittore ecclesiastico antico Epifanio aveva sentito parlare e che aveva citato, vale a dire “La rivelazione di Adamo a Seth” e altri libri attribuiti al Seth Celeste, detto l’Allogeno, oppure alla sua terrestre incarnazione Seth figlio dell’Adamo della Genesi; nonché, riferiti a Zoroastro, Zostriano, Messos e a un figlio di Noè, Sem. Si trovano inoltre rivelazioni rivolte da Seth ai predicatori gnostici definiti gli Ultimi Profeti: sono “L’ipostasi degli Arconti” con alcuni brani del cosiddetto “Libro di Norea” che Epifanio citava, “La rivelazione di Dositeo”, il “Pensiero della Grande Potenza”, “La triplice Epifania”, opere che secondo quanto ritenevano i critici cristiani antichi avrebbero riportato insegnamenti di Simon Mago; inoltre, il “Vangelo degli Egiziani”, chiamato pure “La lettera e il Libro sacro del Grande Spirito Invisibile”, di un certo Eugnosto di cui non si sa che il nome. Altri testi fanno riferimento al ben noto gnostico cristiano Valentino: “Sulla Risurrezione”, “Vangelo della Verità”, Trattato delle Tre Nature”. Sempre di ambiente gnostico cristianeggiante, sono stati rinvenuti a Nag Hammadi il “Vangelo di Tommaso”, il “Vangelo di Filippo”, il “Libro di Tommaso scritto da Matteo” e varie rivelazioni riferite dagli autori agli apostoli Pietro, Paolo, Giacomo e a un segretario di Pietro, Silvano. La giara racchiudeva pure il trattato “Asclepius”, ermetico, non gnostico. Relativamente allo Gnosticismo cristiano sono opere cardinali i tre vangeli di Tommaso, di Filippo e della Verità, tutti traduzioni in lingua copta di originali greci.

 

I testi cristiani apocrifi (= nascosti) sono quelli che non furono riconosciuti dalla Chiesa come testimonianze autentiche della predicazione apostolica e non vennero perciò inclusi nel Nuovo testamento8 . A differenza dei Libri canonici, nati nella Chiesa delle origini come scritti fondamentalmente comunitari, gli apocrifi erano opere individuali e connesse a ristretti gruppi di fedeli. Essi rispondevano a due diverse esigenze. Da una parte, (apocrifi non canonici ma non eretici), gli autori erano mossi dal desiderio di presentare alla propria cerchia notizie su Gesú e i suoi parenti e discepoli che i Vangeli canonici non riportavano. Ad esempio, il libro dello Pseudo-Matteo si dilunga, tra l’altro, sulla nascita di Gesú e la fuga in Egitto, parlandoci d’un bue e d’un asinello nella stalla della Natività e precisandoci che questa stalla era una grotta. Dall’altra parte (apocrifi eretici), si trattava di espressioni di dottrine diverse da quella della Chiesa, per lo più esoteriche. Queste opere sostenevano i loro dogmi differenti da quelli cattolici, in particolare a proposito della Trinità e di Cristo, e presentavano idee dualistiche e gnostiche e posizioni estremiste, come un eccessivo ascetismo e l’estrema importanza data alla castità accompagnata dalla condanna del matrimonio e della procreazione, come nel “Vangelo degli Egiziani” che sostiene l’encratismo, una sorta di esasperato moralismo antisessuale; e pure mostravano discriminazione tra gli esseri umani eletti e gli altri non destinati a salvarsi, come si desume dai Vangeli gnostici di Tommaso, di Filippo, della Verità. Si noti inoltre, a proposito di quegli apocrifi che vogliono, anzitutto, rispondere all’esigenza di saperne di più rispetto alle notizie contenute nei Vangeli neotestamentari, che parte di essi contiene comunque una o più impressioni eretiche degli autori, come il “Vangelo di Pietro” che ha sì lo scopo di descrivere nei dettagli la risurrezione di Cristo, ma contiene secondariamente l’eresia doceta: il docetismo considerava il corpo di Gesú un mero fantasma. Oltre che per lo studio dello Gnosticismo, i testi apocrifi sono utili per certe notizie storiche che essi riportano o che se ne possono ricavare. Ad esempio, gli “Atti di Giovanni” c’informano che fin dall’antichità si celebravano messe per i defunti; abbiamo informazioni inoltre sulle modalità del Battesimo e dell’Eucaristia nel Cristianesimo antico; sui nomi dei genitori di Maria, Gioacchino e Anna, notizia forse veritiera e riportata solo oralmente fino al II secolo; sui nomi dei “re” magi, Gaspare, Melchiorre, Baldassarre; apocrifi ci presentano il cerimoniale della Presentazione al Tempio e ci dicono dell’Assunzione di Maria a Dio in corpo e anima alla fine della sua vita; lo “Pseudo-Matteo” ci fa capire indirettamente che la venerazione per lei era già viva ai tempi della stesura di questo libro, fine II secolo / inizio III, dato che immagina idoli pagani che si prostrano alla Madonna. Certi apocrifi influiscono sul costume cristiano; ad esempio, il presepe è ispirato a testi come il citato “Pseudo-Matteo”; ed è la stessa cosa per moltissime opere d’arte come la Natività di Giotto che presenta una cometa in cielo secondo la letteratura apocrifa - fors’anche, peraltro, a causa del passaggio della cometa di Halley negli anni di vita del pittore - mentre il Vangelo canonico secondo Matteo parla semplicemente di una stella; molti affreschi e vetrate di cattedrali e basiliche hanno a base episodi apocrifi, ad esempio nella Basilica di Santa Maria Maggiore. Inoltre, l’eccessiva pruderie, nel corso della Storia, di alcuni ambienti cristiani, sia cattolici e ortodossi, sia protestanti, è influenzata dalla mentalità sessuale ultrarigorista di certo pensiero gnostico.

Gli apocrifi influenzarono, anche di più, l’Islam, fino a entrare nella sua letteratura sacra: gran parte dei temi evangelici del Corano deriva da quei libri.

L’apocrifo Vangelo di Tommaso (o Raccolta delle parole segrete di Gesú) non dev’essere confuso con un altro apocrifo, già precedentemente noto, detto “Vangelo dell’infanzia dello Pseudo-Tommaso”. Il manoscritto ritrovato è una copia dell’inizio del IV secolo. C’è chi ha ritenuto di poter datare l’originale in lingua greca agli anni 110-130, ma è pure stata formulata l’ipotesi ch’esso sia addirittura dell’ultimo decennio del I secolo, all’incirca in corrispondenza della formazione del quarto Vangelo canonico, Giovanni, da cui peraltro differisce totalmente nello spirito e nella forma. Per molti versetti è assimilabile ai sinottici, cioè ai vangeli di Matteo, Marco e Luca così chiamati perché offrono molti versetti eguali o assai simili, e soprattutto al primo e all’ultimo; anche in questo caso, però, differente è la forma e diverso è il significato grazie a varianti o ad aggiunte di versetti non presenti nei Vangeli neotestamentari. Se sulle prime si potrebbe pensare che all’autore fossero noti i sinottici, c’è pressoché unanimità tra gli studiosi, data la gran differenza concettuale, nel ritenere che ci fosse a base piuttosto, per gli uni e per l’altro, un’antecedente fonte comune, detta convenzionalmente Q (dalla parola Quelle, appunto Fonte in tedesco), poi diversamente dai sinottici utilizzata dall’autore Tommaso inserendo incitamenti alla gnosi. L’opera è una collezione di detti (loghìa) di Gesú, di qualche parabola e di rari dialoghi coi discepoli, mentre i Vangeli canonici, oltre a contenere a loro volta parabole, dialoghi e detti, sono narrazioni, peraltro non in ordine cronologico quanto alla vita pubblica di Cristo, a parte le finali Passione e Risurrezione; queste sono infatti quanto, fondamentalmente, gli evangelisti vogliono annunciare, essendo il Cristianesimo della Chiesa antica basato proprio sulla Risurrezione, da intendersi in senso reale e non simbolico, conseguente alla vera morte di Gesú; il Nuovo testamento dice, inequivocabilmente, che la risurrezione di Cristo non è simbolica ma reale: “Se Cristo non è risuscitato, allora è inutile la nostra predicazione ed è vana anche la vostra fede” (1 Cor 15, 14)9 .

Il Vangelo di Filippo è contenuto nello stesso volume immediatamente dopo quello di Tommaso. L’esistenza del testo era già nota perché ne aveva parlato lo scrittore ecclesiastico antico Epifanio, vissuto fra il 310 e il 403. La copia in copto di Nag Hammadi dovrebbe risalire al 330, ma gli studiosi ritengono che l’originale in greco sia più o meno coevo rispetto al Vangelo gnostico secondo Tommaso, precisamente, come minimo, dell’anno 90 e, al massimo, dell’anno 130; inoltre, che anch’esso non sia in rapporto diretto coi Vangeli canonici pur avendo non pochi versetti simili. Sarebbe un’opera della scuola gnostica valentiniana (su cui ritorneremo).

Infine, il Vangelo della Verità si differenzia in quanto consiste in una preziosa trattazione di argomenti basilari dello Gnosticismo – dei quali parleremo tra poco – che costituiscono quella che, secondo l’autore, è la Verità rivelata da Gesú Cristo a proposito dell’origine e del fine delle cose, della cosiddetta emanazione, della caduta degli animi nel buio della materia, dell’ignoranza di sé medesimi quali eoni derivanti dalla Luce divina, dell’errore, della dimenticanza di Dio, della necessità di conoscenza per tornare a lui. A quest’opera avevano accennato anticamente Ireneo e Tertulliano, con riferimento agli gnostici valentiniani; un testo, secondo Ireneo (in “Denuncia e confutazione della pseudo gnosi”), che pur contenendo la parola Vangelo è dissimile da quelli cristiani perché le cose che vengono dagli Apostoli sono tradite. Anche questo codice è dell’anno 330 circa, mentre l’originale è del II secolo, all’ingrosso attorno al 180: ne parla Ireneo, morto verso il 200, dichiarandolo “piuttosto recente”. È all’incirca contemporaneo del cosiddetto Canone Muratoriano cattolico, elenco non ufficiale della maggior parte di quelli che saranno considerati i libri canonici neotestamentari della Chiesa. Più degli altri due, il Vangelo della Verità è strettamente gnostico-cristiano, sia in particolare per la cristologia, sia per la più generale teologia.

È col diffondersi dello Gnosticismo, per la Chiesa “falsa gnosi” cioè falsa conoscenza, che si comincia, attorno all’anno 180, a stabilire, tanto a mezzo del Canone Muratoriano quanto grazie a un elenco scritto nella seconda metà del II secolo da Ireneo vescovo di Lione, quali sono le opere che testimoniano genuinamente il Cristianesimo dell’età apostolica, cioè i libri che, usati fin dall’inizio ininterrottamente in tutte le chiese e non solo in alcune, saranno chiamati Nuovo testamento10 ; l’uso sarà ancor solo di fatto, una certa qual ufficializzazione arriverà nel IV secolo da alcune cattedre episcopali mentre per la proclamazione dogmatica si dovrà attendere il Concilio di Trento.

Gnosticismo: un fenomeno antico

Gli gnostici non fanno parte di un culto ufficialmente riconosciuto, e d’altronde il fatto stesso della segretezza ne è in contrasto; e neppure di una qualche corrente profetica. Solo col tempo si hanno gruppi gnostici, cristianeggianti, che si fanno riconoscere, ma rimanendo esoterici, in quanto i loro riti restano appunto segreti: un po’ come per la moderna Massoneria che, all’apparenza, ha raccolto aspetti della gnosi mistica; si tratterebbe tuttavia d’un’influenza più formale che sostanziale.

Se da una parte le cerimonie massoniche d’iniziazione, piene di prove, celebrano il ricordo delle iniziazioni gnostiche e se, in esse, la conoscenza delle parole e dei segni costituisce, secondo quanto aderenti alla Massoneria rendono pubblico, indispensabile condizione per superare la guardia dei custodi delle sfere celesti; se inoltre è comune il linguaggio simbolico, peraltro appartenente più in generale alla tradizione alchemica, ermetica e cabalistica; e pur se sono qualificanti anche qui i mezzi della conoscenza intuitiva e simbolica, vi sono nella Massoneria essenziali cose estranee alla gnosi antica. Infatti la conoscenza massonica non è religiosa in senso stretto; non c’è una visione escatologica nelle logge massoniche, a differenza che nelle consorterie gnostiche classiche; e per i massoni una tensione morale permea tutta la loro costruzione, mentre nello Gnosticismo questa è assente, essendo preoccupazione sola dello gnostico quella della sua personale salvezza eterna, senza filantropia, senza il concetto cui i massoni molto tengono di bene e progresso dell’umanità. Il termine era stato preso a prestito a un certo punto, essendosi approfondita nel frattempo la conoscenza del fenomeno gnostico antico, mentre al suo sorgere la Massoneria non poteva ancora conoscere a fondo lo Gnosticismo. Pare che i richiami alla gnosi in una parte dei rituali e delle parole abbia significato espressione simbolica della perfetta conoscenza del trascendente, ma non l’adesione a una dottrina gnostica, causa i suoi fondamenti dogmatici non conciliabili con il pensiero antidogmatico massone.

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