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Come misurare lo stato psicofisiologico?

L’amore non si misura con il righello.

Si può misurare solo qualcosa di concreto, corporeo, vivente e fisico. Certo, si possono misurare determinati organi che svolgono un ruolo importante nello stato d’amore, ma l’amore in sé, ahimè, non è misurabile.

Possiamo forse conoscere le dimensioni del cervello di una persona? Possiamo determinare il tempo che impiega per risolvere un compito complesso o vedere quali aree cerebrali si attivano durante la ricerca della soluzione?

Prendiamo il cervello di un bambino: è un meccanismo molto complesso e per di più privo di istruzioni. Le ricerche e gli studi psicofisiologici aiutano oggi gli scienziati a capire: perché a due anni il bambino urla ostinatamente «no!» persino all’offerta di una caramella, e a sette anni comincia all’improvviso a chiedere «perché?» e assedia tutti quelli intorno con le sue domande. Comprendere come il cervello, la sua struttura biologica, interagisca con la psiche, che ne rappresenta l’attività funzionale, permette di non leggere i fondi di caffè, ma di creare le condizioni ideali per il potenziamento di questo sistema.

Conoscere le sfumature di questi processi psicofisiologici è una risorsa straordinaria non solo per lo scienziato, ma anche per genitori ed educatori. La conoscenza e la comprensione dei processi psicofisiologici dell’organismo aiutano a trovare le chiavi per l’apprendimento e l’educazione, tenendo conto non solo dell’età, ma anche delle caratteristiche individuali: ad esempio, perché ai maschi spesso serve più movimento per assimilare i contenuti, mentre le femmine sviluppano precocemente le capacità di interazione sociale.

Ma come diagnosticare un sistema così complesso? Ad esempio, come valutare se il sistema limbico di un bambino è già maturo per l’ingresso a scuola? Lo sviluppo psicofisiologico non è un componente elettronico che si possa testare con un programma di valutazione prestazionale. Gli scienziati lo osservano indirettamente attraverso i riscontri dei test comportamentali: il bambino riesce a mantenere l’attenzione su un compito per più di 15 minuti? Sa riconoscere le emozioni sui volti altrui? Come reagisce all’insuccesso – con il pianto o tentando di risolvere il problema in modo diverso? Se sì, allora il sistema limbico, come centro delle emozioni e della motivazione, è probabilmente pronto per la maratona scolastica.

Con gli adulti è ancora più complicato. Il loro cervello è ormai completamente sviluppato, e spesso bisogna solo verificare che qualche processo non sia bloccato o rallentato. Per questo i psicofisiologi utilizzano un intero arsenale: dall’EEG, che rileva i ritmi elettrici cerebrali, ai test sulla velocità di reazione e sulla variabilità della frequenza cardiaca. Lo stress, tra l’altro, può rallentare il sistema psicofisiologico più di un malware che infetta un elaboratore.

Ad esempio, se la corteccia prefrontale di un adulto passa agevolmente da un compito all’altro, e l’amigdala non scatena il panico alla vista di una scadenza, si può concludere:

«maturità psicofisiologica: condizione stabile».

In breve, se l’educazione e l’apprendimento fossero un viaggio, la psicofisiologia dell’età ne sarebbe la mappa dettagliata. E questi strumenti – gli strumenti di valutazione dello sviluppo e degli stati psicofisiologici – sono affidabili, approvati dalla comunità scientifica e incredibilmente utili!

Nella psicofisiologia esistono metodi di ricerca che permettono di ottenere dati oggettivi sullo sviluppo umano.

I metodi di valutazione dei parametri funzionali includono un’ampia gamma di indagini.

Fin dalla scoperta dell’«elettricità animale» da parte di Luigi Galvani negli esperimenti sulle rane, lo studio dell’attività elettrica rimane un approccio chiave nell’indagine del sistema nervoso.

Scheda biografica: Luigi Galvani (1737—1798) – medico, anatomista e fisiologo italiano, uno dei fondatori della scienza dell’elettricità. Nacque a Bologna, dove insegnò medicina per tutta la vita presso l’ateneo locale. È noto soprattutto per i suoi esperimenti pionieristici sullo studio della contrazione muscolare sotto l’effetto dell’elettricità. Negli anni Ottanta del Settecento, conducendo esperimenti con zampe di rana dissezionate, osservò il fenomeno della contrazione muscolare al contatto con i metalli, che definì «elettricità animale». Questa scoperta gettò le basi dell’elettrofisiologia e ispirò Alessandro Volta nella creazione della prima fonte chimica di corrente – la pila voltiana. Il termine «galvanismo» ne ha immortalato il nome nella storia della scienza.

L’attività elettrica è il processo fondamentale del sistema nervoso, che garantisce la generazione dei potenziali d’azione e di riposo, il funzionamento degli ensemble neuronali e dell’intero cervello.

Oggi uno dei metodi principali è l’elettroencefalografia (EEG), che attraverso l’osservazione dei ritmi dell’attività elettrica cerebrale permette di valutarne lo stato funzionale.

L’EEG è un metodo di registrazione e analisi dell’attività bioelettrica complessiva, rilevata dalla superficie del cranio e dalle strutture profonde.

Condizioni di registrazione: L’EEG viene registrato mediante elettrodi applicati sul cuoio capelluto, connessi a apparecchiature di amplificazione.

La Federazione Internazionale di Elettroencefalografia ha adottato il sistema «10—20», in cui i punti di posizionamento degli elettrodi sono determinati da specifiche misurazioni craniche (ad esempio, la distanza tra la radice del naso e la protuberanza occipitale).

Le aree sono designate da lettere:

– F – frontale;

– O – occipitale;

– P – parietale;

– T – temporale;

– C – solco centrale.

I numeri dispari corrispondono all’emisfero sinistro, quelli pari all’emisfero destro. CZ designa il vertice del cranio.

L’EEG rileva sia alterazioni strutturali che reversibili nel cervello.

Ritmi principali:

– ritmo Alfa (8—13 Hz, 5—100 µV): registrato nelle aree occipitale e parietale in stato di riposo;

– ritmo Beta (14—30 Hz, 2—20 µV): associato alla concentrazione dell’attenzione, localizzato nella corteccia precentrale e frontale;

– ritmo Gamma (35—200 Hz, 2 µV): coinvolto nei processi sensoriali e cognitivi;

– ritmo Delta (0.5—4 Hz, 20—200 µV): si manifesta durante il sonno;

– ritmo Theta (4—7 Hz, 5—100 µV): caratteristico del sonno profondo e del carico mentale;

– i ritmi Mi, Kappa e Tau rientrano nella banda alfa;

– ritmo Sigma (14—17 Hz, 5—200 µV): si presenta nella transizione dalla sonnolenza al sonno profondo.

I metodi di analisi dell’EEG si dividono in:

– clinico (visivo): utilizzato per la diagnosi. Lo specialista valuta la conformità dell’EEG alla norma, il grado di deviazioni, i segni di lesioni cerebrali focali e la loro localizzazione;

– statistico: si basa sul presupposto della stazionarietà dell’EEG di fondo. Questo metodo permette di determinare l’emisfero dominante per una specifica attività e di identificare una stabile asimmetria interemisferica.

Le tecnologie moderne permettono di ottenere tomogrammi funzionali del cervello mediante la magnetoencefalografia (MEG). Questo metodo visualizza i campi magnetici generati dall’attività elettrica dei neuroni. Rispetto all’EEG, la MEG offre il vantaggio di una registrazione a distanza (non invasiva), ma è limitata alla rilevazione dei soli campi corticali, mentre l’EEG cattura segnali da tutte le strutture cerebrali.

La realizzazione di «sezioni» cerebrali artificiali è resa possibile dall’introduzione della tomografia a emissione di positroni (PET) e della risonanza magnetica (MRI). La PET utilizza isotopi emitter di positroni a decadimento ultrarapido, che fungono da marker, permettendo di misurare il flusso sanguigno cerebrale regionale e il metabolismo del glucosio/ossigeno in specifiche aree cerebrali.

Tra i metodi di registrazione indiretta dello stato funzionale del SNC rientrano le misurazioni di parametri vegetativi, ad esempio la risposta galvanica cutanea (RGC). Questa metodica è impiegata nel funzionamento del poligrafo, dove vengono registrate le variazioni della RGC, del ritmo cardiaco e della respirazione. Sulla base di questi dati, gli specialisti traggono conclusioni sull’attendibilità delle dichiarazioni. Ingannare il poligrafo è estremamente difficile, poiché le reazioni fisiologiche, come la sudorazione in situazioni di ansia, sono controllate dal sistema nervoso autonomo e non si prestano a un controllo cosciente.

Oltre alla RGC, il poligrafo registra i parametri del sistema cardiovascolare mediante elettrocardiografia (ECG). Le alterazioni dell’ECG riflettono non solo l’attività cardiaca, ma anche, in modo mediato, l’attività funzionale cerebrale. Durante la registrazione vengono monitorati il polso, la pressione arteriosa e altri parametri del sistema cardiovascolare, garantendo una valutazione completa dello stato psicofisiologico.

L’oculografia è un metodo per registrare i movimenti oculari. Si distinguono diversi tipi fondamentali di attività oculomotoria:

– tremore (piccole oscillazioni ad alta frequenza con un’ampiezza di 20—40 secondi d’arco);

– deriva (lenti e fluidi spostamenti del bulbo oculare);

– microsaccadi (movimenti rapidi della durata di 10—20 ms con un’ampiezza di 2—50 primi d’arco);

– macrosaccadi (scatti volontari dello sguardo con un’ampiezza da 40 primi d’arco a 60 gradi durante l’esplorazione visiva degli oggetti);

– movimenti d’inseguimento (accompagnamento fluido con lo sguardo di un oggetto in movimento).

L’elettro-oculografia (EOG) è una tecnica di registrazione dell’attività oculomotoria, basata sulla misurazione del potenziale corneo-retinico. Quando il bulbo oculare ruota, la disposizione spaziale dei poli elettrici cambia, e questo viene rilevato dallo strumento. La rappresentazione grafica di queste variazioni forma l’elettro-oculogramma.

I movimenti oculari, in particolare gli spostamenti verticali e le reazioni di ammiccamento, creano evidenti artefatti sull’EEG. Pertanto, nella pratica psicofisiologica, condurre ricerche EEG senza una registrazione parallela dell’elettro-oculogramma è considerato metodologicamente scorretto. I protocolli moderni di ricerca neurofisiologica includono obbligatoriamente il monitoraggio EOG per filtrare gli artefatti oculari e garantire l’affidabilità dei dati ottenuti.

Immaginate di trovarvi in un caffè, e al tavolo accanto siede quel tal soggetto con un espresso perfettamente preparato e uno sguardo sognante. Come determinare se la vostra presenza nel suo campo visivo è uno stimolo che provoca una reazione vegetativa positiva, o se sta semplicemente ammirando il disegno sulla sua tazzina?

Conduciamo un piccolo… studio spontaneo di scienza naturale.

Invece di far cadere un tovagliolo o chiedere casualmente «è libera questa sedia?», agite da professionisti. Proponetegli gentilmente di partecipare a una ricerca sulla «percezione degli stimoli visivi nell’abitante metropolitano contemporaneo». Suona autorevole e non suscita sospetti, a meno che non sia un laureato in psicologia.

Mostrategli una serie di immagini: vostre foto mescolate a immagini di gattini, pizza, Sherlock Holmes e altri oggetti convenzionalmente piacevoli. Importante: le vostre foto devono risalire a periodi diversi e essere scattate da diverse angolazioni – per purezza sperimentale.

Quali parametri e con quali metodi possiamo studiare nel corso di questo esperimento? Grazie all’oculografia possiamo tracciare il movimento delle sue pupille. Si è soffermato sulla vostra foto più a lungo che sulla pizza? Eccellente. Interesse biologico rilevato. Grazie all’EEG possiamo analizzare: se nel suo cervello si verifica un picco di ritmi alfa alla vista della vostra immagine. Se sì – il suo subconscio vi sta già inserendo in un contesto romantico. E la RGC ci darà informazioni sulle condizioni delle sue mani e rileverà la sudorazione dei palmi. Oh! Con la vostra foto l’indicatore va fuori scala? O gli piacete, o si è ricordato di non aver staccato il ferro da stiro. Ma questi sono dettagli.

Se, in base a tutti i parametri, il soggetto mostra una deviazione statisticamente significativa dalla norma alla presentazione della vostra immagine – congratulazioni! L’ipotesi «lui è il mio ragazzo» è confermata. In caso contrario, non disperate. Forse è solo affamato e tutta la sua attenzione è stata catturata dalla pizza sul tavolo. Ripetete l’esperimento dopo che avrà mangiato un cornetto.

A proposito, quando condurrete questo esperimento, ricordate che l’autore di questo libro non si assume responsabilità per gli sguardi strani del barista e per l’improvviso desiderio del soggetto di chiamare un’ambulanza alla vista di una persona agghindata di elettrodi.

Nell’arsenale dei psicofisiologi esistono anche altri metodi. È possibile monitorare i mutamenti dello stato psicofisiologico non solo strumentalmente e nell’immediato.

Uno dei metodi chiave nella psicofisiologia dell’età è il metodo delle sezioni trasversali (o trasversale), che consente di coprire con le indagini un’ampia fascia d’età in tempi brevi.

Questo approccio garantisce il confronto delle caratteristiche di persone di età diverse e la formazione di un quadro socio-anagrafico delle reazioni a specifici assunti teorici. L’età dei soggetti funge da principale punto di riferimento, tuttavia il metodo richiede un’attenta equiparazione dei campioni per numerosi parametri, incluso il più significativo – l’età biologica.

Nella pratica, in un ampio gruppo di bambini di età diverse si misurano parametri fondamentali: somatometrici (statura, peso, circonferenza cranica e toracica) e fisiometrici (forza muscolare della mano e della schiena, capacità vitale polmonare, frequenza cardiaca, ecc.). Successivamente, questi parametri vengono mediati per gruppi di età e sesso per creare standard dei parametri anatomo-fisiologici di sviluppo.

Il metodo del monitoraggio individuale, noto anche come longitudinale o metodo delle sezioni longitudinali, implica lo studio prolungato degli stessi soggetti per tracciarne la dinamica evolutiva. Questo approccio fu introdotto in fisiologia dell’età da V. M. Bechterev.

Scheda biografica: Vladimir Michajlovič Bechterev (1857—1927) – eminente psichiatra, neuropatologo e fisiologo russo, fondatore dell’Istituto di Ricerca Psico-Neurologico di Pietrogrado. Pioniere della riflessologia e creatore di una teoria sulla connessione tra processi psichici e meccanismi fisiologici.

In tali ricerche vengono spesso modellati processi e stati psichici, nonché tipi di attività, ad esempio: il pensiero, e vengono monitorati parametri elettrofisiologici. L’obiettivo è individuare le regolarità generali della maturazione e le peculiarità legate all’età nel funzionamento dei sistemi fisiologici, in quanto prerequisiti dello sviluppo psichico.

Esistono inoltre ricerche empiriche differenziale-diagnostiche. Ad esempio, lo studio indipendente degli aspetti psicologici e fisiologici, con una successiva analisi complessa in una determinata fase. A titolo illustrativo, si può citare il confronto dell’attività bioelettrica cerebrale in bambini che seguono un programma standard e in bambini che seguono un programma di stimolazione dello sviluppo psichico.

La valutazione periodica delle funzioni psicofisiologiche in entrambi i gruppi permette di stimare l’influenza di un’istruzione aggiuntiva sulla maturazione biologica e psicologica. Di fatto, si tratta di un esperimento formativo con gruppi di controllo e sperimentali.

La Mappa del Sistema Nervoso

Parliamo di una cosa seria, con un’aria intelligente e importante.

Il sistema nervoso è un complesso di strutture dell’organismo che garantisce l’integrazione dell’attività di tutti gli organi e sistemi, il funzionamento dell’organismo come un tutto unico e la sua costante interazione con l’ambiente esterno. Esso reagisce a stimoli esterni e interni, percependo informazioni dall’ambiente, analizzandole ed elaborandole. Sulla base dei dati processati, il sistema nervoso genera risposte e coordina le funzioni dell’organismo.

La base strutturale del sistema nervoso è il tessuto nervoso, composto da neuroni e cellule gliali, nonché dalle membrane del midollo spinale e dell’encefalo. L’unità funzionale fondamentale è il neurone con i suoi prolungamenti, dotato di alta eccitabilità e della capacità di condurre rapidamente impulsi nervosi.

Se immaginiamo il nostro organismo come uno Stato dalla struttura complessa, il sistema nervoso è il suo apparato di comando e comunicazione. E, come qualsiasi esercito che si rispetti, possiede una gerarchia ben definita.

Il sistema nervoso centrale (SNC) è una sorta di Comando Centrale. La sua sede è nascosta al sicuro dietro le ossa robustissime del cranio e della colonna vertebrale – è l’edificio più sorvegliato dell’organismo. Al suo interno, sotto forma di encefalo e midollo spinale, risiede l’alto comando – aggregati di neuroni. Loro detestano la confusione, prendono decisioni cruciali: «alza la mano!», «corri!», «memorizza questa poesia!» e diramano ordini in ogni angolo del corpo.

Il sistema nervoso periferico (SNP) è l’esercito di addetti alle comunicazioni, corrieri e agenti sul campo.

Sono loro ad assicurare un collegamento ininterrotto tra il Comando Centrale e le province più remote dell’organismo – che sia il mignolo del piede o la punta della lingua.

I nervi sono i cavi e le linee di trasmissione lungo cui corrono i messaggi da trasmettere.

I gangli nervosi sono i centri di smistamento locali, che possono risolvere problemi semplici sul posto, senza disturbare i generali del Comando Centrale.

E i plessi nervosi sono i grandi nodi di commutazione, dove le informazioni vengono smistate e reindirizzate.

Il lavoro ferve 24 ore su 24: la comunicazione viaggia in entrambe le direzioni. I nostri recettori, come agenti segreti, riferiscono costantemente al Comando Centrale del SNC informazioni cruciali: «Il dito si è scottato con la tazza!». Il Comando Centrale analizza i dati in un lampo e invia immediatamente l’ordine: «Ritira subito la mano!». E tutto ciò avviene in frazioni di secondo.

Quando un bambino piccolo maneggia con abilità un cucchiaio, la pappa e contemporaneamente guarda i cartoni animati, ricordatevi che è il risultato del lavoro impeccabile del Comando Centrale interno del sistema nervoso centrale e dei suoi innumerevoli addetti alle comunicazioni del sistema nervoso periferico, che lavorano senza pause pranzo.

Il sistema nervoso periferico è formidabile! Ha addirittura due divisioni:

– la divisione afferente (sensitiva), che trasmette l’eccitazione dai recettori al SNC;

– la divisione efferente (motoria), che conduce gli impulsi dal SNC agli organi effettori (muscoli, ghiandole, vasi).

I recettori sensoriali sono formazioni specializzate, in grado di percepire e trasformare l’energia degli stimoli esterni. Gli organi di senso rappresentano complessi di recettori e strutture accessorie, che formano le sezioni periferiche dei sistemi sensoriali.

Il sistema nervoso somatico è la parte del SNP che controlla l’attività della muscolatura volontaria (striata).

Il sistema nervoso vegetativo (autonomo) regola il funzionamento degli organi interni, innervando la muscolatura liscia e controllando i processi metabolici dell’organismo.

Il sistema nervoso simpatico costituisce una divisione del sistema nervoso vegetativo, la cui attività è finalizzata all’intensificazione del metabolismo energetico negli organi e nei tessuti.

Il sistema nervoso parasimpatico è una parte del sistema nervoso vegetativo, il cui funzionamento è orientato alla riduzione del metabolismo energetico e al potenziamento di quello plastico negli organi e nei tessuti.

Il sistema nervoso metasimpatico è un componente del sistema nervoso vegetativo, che garantisce meccanismi propri di regolazione delle funzioni di alcuni organi.

Il sistema nervoso, insieme al sistema endocrino, realizza una regolazione interconnessa dell’attività dell’intero organismo e delle sue reazioni ai mutamenti delle condizioni dell’ambiente interno ed esterno.

La composizione cellulare del sistema nervoso comprende neuroni, cellule neurosecernenti e cellule gliali. Il neurone è l’unità strutturale del sistema nervoso, specializzata nella trasmissione di informazioni.

Il neurone è caratterizzato da una forma specifica e dalla capacità della membrana esterna di generare impulsi nervosi. Il neurone possiede una sinapsi, che serve a trasmettere informazioni tra i neuroni. Ogni neurone è composto da un corpo cellulare (pirenoforo) e da prolungamenti che da esso si dipartono: assoni e dendriti.

Il corpo del neurone (soma o pirenoforo) contiene il nucleo con i cromosomi, i ribosomi che effettuano la biosintesi proteica, l’apparato di Golgi, responsabile del trasporto di sostanze e della modificazione chimica dei prodotti degli organelli.

È importante notare: le cellule nervose non si rigenerano solo in un caso – quando il corpo del neurone (soma) è completamente distrutto, e l’intera cellula muore insieme ad assoni e dendriti.

L’assone è una fibra di grandi dimensioni che si diparte dal corpo cellulare e termina con ramificazioni – i dendriti.

La lunghezza degli assoni varia da pochi millimetri a un metro.

Gli assoni più lunghi, fino a 1,2 m nell’uomo e oltre 30 m nella balena, appartengono ai motoneuroni del midollo spinale e ai neuroni sensoriali che raggiungono gli arti. Gli assoni più corti e sottili, che misurano solo frazioni di millimetro, con un diametro di 0,1—0,2 µm, sono caratteristici degli interneuroni della corteccia cerebrale, che garantiscono l’elaborazione locale delle informazioni.

L’insieme degli assoni forma le connessioni tra il sistema nervoso centrale e quello periferico.

Alcune cellule nervose possiedono la capacità di neurosecrezione: si tratta di neuroni specializzati che producono e secernono nei liquidi dell’organismo sostanze biologicamente attive (neuroormoni), che sono trasportate dal flusso sanguigno e influenzano vari organi e sistemi.

In base al numero di prolungamenti, i neuroni si classificano in:

– unipolari (un solo prolungamento);

– bipolari (due prolungamenti);

– multipolari (tre o più prolungamenti).

Il segnale generato da un neurone e trasmesso lungo l’assone è un impulso elettrico che realizza la comunicazione intercellulare. Gli impulsi elettrici tra i neuroni possono essere paragonati a un dialogo tra operatori di comunicazioni che utilizzano il codice Morse: «Primo, primo! Qui secondo, mi ricevi?». L’altro neurone risponde: «Secondo, vi ricevo! Segnale acquisito, ritrasmetto!».

E ogni neurone riceve connessioni da centinaia e migliaia di altri neuroni, formando reti d’interazione complesse. L’intera attività cerebrale si basa sul trasferimento d’informazioni attraverso questi circuiti neurali.

L’insieme di tutte le connessioni tra i neuroni del sistema nervoso è detto connettoma. Non è un semplice insieme di collegamenti, bensì una mappa complessa delle interconnessioni neurali. Mentre nei vermi i connettomi sono relativamente standardizzati, negli esseri umani sono unici e individuali. Lo studio dei connettomi è la scienza dei connettomi (connettomica).

Scheda biografica: Sebastian Seung (n. 1968) – neuroscienziato americano di origine coreana, professore alla Princeton University. Autore del libro di divulgazione «Connettoma. Come il cervello ci rende quelli che siamo» (2012), pioniere nel campo della ricerca sulle connessioni neurali.

Il neurone è ricoperto da una membrana plasmatica (plasmalemma), composta da tre strati: due lipidici e uno proteico. I componenti proteici sono immersi totalmente o parzialmente nella matrice lipidica. Entrambi i componenti si trovano in uno stato fluido.

Il termine «sinapsi» (dal greco synapsis – unione, connessione) fu introdotto per la prima volta dal fisiologo inglese C. Sherrington nel 1897 per designare i contatti funzionali tra i neuroni.

Scheda biografica: Charles Scott Sherrington (1857—1952) – scienziato britannico, premio Nobel per la Fisiologia o la Medicina nel 1932. Fondatore della neurofisiologia moderna, autore di lavori fondamentali sull’attività integrativa del sistema nervoso.

Le sinapsi si distinguono per struttura, finalità funzionale, meccanismo di trasmissione del segnale e localizzazione. In base al modo di conduzione dell’impulso, si distinguono due tipi principali: sinapsi chimiche e sinapsi elettriche.

Qui, come nella società umana, esistono due metodi radicalmente diversi per recapitare un messaggio: sussurrarlo velocemente all’orecchio o inviare una lettera ufficiale con un corriere.

La sinapsi elettrica è un canale ristretto per i sussurri. Immaginate due vicini che vivono in appartamenti molto, molto stretti. Lo spazio fra le loro membrane è di soli 5 nanometri – è 4000 volte più sottile di un capello umano! Per chiacchierare, non devono neppure gridare – si sono scavati dei canalicoli, i canali di comunicazione (connessoni), attraverso cui l’impulso elettrico salta istantaneamente, come una scintilla. È una comunicazione veloce ma primitiva: «Allarme! Passa parola!». Solo velocità e niente movimenti superflui.

La sinapsi chimica è paragonabile all’invio di una lettera con corriere. Qui la distanza è più consistente – ben 20—50 nm. È come vivere in case diverse. Per trasmettere il segnale, il neurone mittente, che è presinaptico, non può semplicemente urlare – deve impacchettare il messaggio in una busta chimica – il neurotrasmettitore, che è conservato in vescicole in un deposito speciale – il bottone sinaptico.

Quando arriva la «lettera» – l’impulso elettrico, le vescicole si aprono e il neurotrasmettitore-corriere attraversa a nuoto la fessura. Dall’altra parte lo attende il neurone destinatario, detto postsinaptico, che sulla membrana possiede speciali «recettori» – i canali chemio-sensibili. Loro non capiscono il linguaggio dell’elettricità, ma decifrano perfettamente i messaggi chimici. Ricevuto il messaggio, si aprono e innescano un nuovo impulso.

A proposito, i neuroni possono comunicare praticamente con qualsiasi cosa:

assone con dendrite – una classica comunicazione gerarchica «capo – subordinato»;

assone con assone – è quando un corriere intercetta un altro e sussurra: «Non consegnare la lettera, ho già trasmesso tutto!» e avviene l’inibizione del segnale;

dendrite con dendrite – scambio di informazioni tra vicini;

assone con corpo cellulare – un ricorso diretto alla sede centrale, scavalcando tutte le istanze intermedie.

Il cervello umano è come una metropoli gigantesca con diversi tipi di comunicazione: in alcune zone una comunicazione rapida ma primitiva, in altre un sistema di invio messaggi complesso ma preciso, con corrieri chimici. E tutto funziona affinché voi, in questo momento, possiate leggere questo testo e sorridere.

In base alla funzione, le sinapsi si dividono in inibitorie ed eccitatorie; in base alla morfologia – in neuroneuronali, neurosecernenti e neuromuscolari. Un neurone di solito utilizza un solo tipo di neurotrasmettitore in tutte le sue terminazioni. Il terminale è la parte finale dell’assone con l’estremità sinaptica, che entra in contatto con le cellule bersaglio.

La neuroglia (o glia) è l’insieme delle cellule accessorie del tessuto nervoso, che costituiscono circa il 40% del volume del SNC.

Scheda biografica: Rudolf Virchow (1821—1902) – scienziato tedesco, fondatore dell’anatomia patologica moderna. Coniò il termine «neuroglia» nel 1846. Autore di lavori fondamentali sulla teoria cellulare («ogni cellula deriva da una cellula»).

Le cellule gliali circondano i neuroni, formando con essi stretti contatti strutturali. La loro quantità nel tessuto nervoso supera approssimativamente di dieci volte il numero delle cellule nervose. Le cellule della neuroglia si suddividono in macroglia e microglia.

Le cellule della macroglia svolgono funzioni di sostegno, separazione, trofismo e secrezione. I neuroni sono, certamente, i famosi attori sul palcoscenico del cervello, mentre le cellule della macroglia, ahimè, sono gli eroi non riconosciuti dietro le quinte. Non compaiono nei titoli di testa e non trasmettono impulsi, ma senza di loro lo spettacolo si fermerebbe all’istante. Sono una squadra multifunzionale che fa di tutto: dalle pulizie e dal supporto alla costruzione di vie di comunicazione ad alta velocità.

I principali «ruoli» in questa squadra:

– ependimociti – gli addetti alla circolazione dei fluidi dei ventricoli cerebrali. Questi tipi tappezzano le cavità interne del cervello, come un bar accogliente lungo il canale spinale. Servono il flusso del liquido cefalorachidiano – il fluido cerebrale che nutre e protegge i neuroni. Si può dire che badano a che gli «ospiti» non rimangano mai senza da bere;

– astrociti – la squadra edile e il servizio di pronto intervento. Con i loro raggi-prolungamenti sostengono i neuroni, come supporti strutturali che reggono un elemento fondamentale. Ma il loro talento principale è trasformarsi in «idraulici» cerebrali in caso di traumi: formano rapidamente tessuto cicatriziale per rattoppare i danni. Se un neurone cade – gli astrociti accorrono già con il kit di pronto soccorso e le impalcature;

– oligodendrociti – gli addetti all’isolamento delle fibre. Questi lavoratori instancabili producono la mielina – l’isolante grasso per le fibre nervose. Immaginate che l’assone di un neurone sia un cavo, e gli oligodendrociti lo avvolgono con decine di strati di pellicola isolante. Grazie a loro, gli impulsi non «disperdono il segnale» e sfrecciano a 100 m/s – come se il vostro cervello fosse passato da una connessione lenta a una connessione veloce.

Insieme, questi elementi della squadra della macroglia creano le condizioni ideali per il lavoro dei neuroni: li nutrono, puliscono dopo di loro, offrono sostegno e garantiscono persino una comunicazione ad alta efficienza.

Scheda biografica: Il’ja Il’ič Mečnikov (1845—1916) – biologo russo, premio Nobel nel 1908. Fondatore dell’embriologia evolutiva, creatore della teoria della fagocitosi e dell’immunità cellulare.

La microglia costituisce una classe specializzata di cellule gliali del SNC, che svolge una funzione fagocitaria. Queste cellule sono localizzate nella sostanza grigia e bianca, attivandosi in caso di danni cerebrali. Trasformandosi in fagociti, si spostano con movimento ameboide, distruggendo agenti infettivi e neuroni danneggiati.

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18+
Дата выхода на Литрес:
15 октября 2025
Объем:
220 стр. 1 иллюстрация
ISBN:
9785006825277
Правообладатель:
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