Una Corona Per Gli Assassini

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Из серии: Un Trono per due Sorelle #7
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CAPITOLO CINQUE

Endi, Duca di Ishjemme, ascoltava il rumore graffiante delle grandi statue che venivano trascinate lungo la costa dai suoi uomini. Odiava il rumore, ma era felice per ciò che esso rappresentava. La liberà per Ishjemme. La libertà per la sua gente. Oggi sarebbe stato un simbolo e un segno che la sua gente non avrebbe dimenticato.

“Avremmo dovuto distruggere le statue dei Danse anni fa,” disse a suo fratello.

Oli annuì. “Se lo dici tu, Endi.”

Endi colse il tono di incertezza. Diede una pacca sulla spalla a suo fratello e sentì Oli sussultare. “Non sei d’accordo, fratello? Andiamo, puoi dirmi la verità. Non sono un mostro che vuole solo sentire la gente che dice sì.”

“Beh…” inizio Oli.

“Seriamente, Oli,” disse Endi. “Non dovresti avere paura di me. Sei parte della mia famiglia.”

“È solo che queste statue sono parte della nostra storia,” disse Oli.

Ora Endi capiva. Avrebbe dovuto immaginare che il suo fratello amante dei libri avrebbe odiato distruggere qualsiasi cosa fosse collegata al passato; ma era passato, ed Endi intendeva fare in modo che rimanesse tale.

“Hanno controllato la nostra patria troppo a lungo,” disse Endi. “Fintanto che abbiamo qualcosa che ce li ricorda lungo i fiordi insieme ai nostri veri eroi, sarà come affermare che possono tornare quando vogliono per governare su di noi. Capisci, Oli?”

Oli annuì. “Capisco.”

“Bene,” disse Endi, e fece segno ai suoi uomini perché iniziassero a lavorare con asce e martelli, distruggendo le statue, riducendole in macerie che sarebbero andate bene per ricostruire qualcos’altro. Era bello vedere l’immagine di Lord Alfred e Lady Christina che venivano distrutte. Era un promemoria che Ishjemme ora non apparteneva a loro e neanche ai loro figli.

“Le cose cambieranno, Oli,” disse Endi. “E cambieranno per il meglio. Ci saranno case per tutti quelli che ne hanno bisogno, salvezza per il regno, migliori commerci… Come stanno andando le cose con il mio progetto del canale?”

Era un progetto ambizioso, cercare di collegare i fiordi di Ishjemme, dato il numero di montagne che costeggiavano la penisola interna, eppure se avesse avuto successo, Ishjemme sarebbe potuta diventare ricca come qualsiasi altro stato mercantile. Significava anche che suo fratello aveva qualcosa di utile da fare, tenendo sott’occhio i progressi, assicurandosi che ci fossero buone mappe da usare.

“È difficile andare avanti,” disse Oli. “Passare attraverso le montagne e costruire passaggi per le barche richiede un sacco di uomini.”

“E un sacco di tempo,” disse Endi, “ma ci arriveremo. Dobbiamo.”

Avrebbe mostrato al mondo cosa poteva essere Ishjemme. Avrebbe mostrato alla sua famiglia quanta tradizione era stata trattenuta. Con un progetto del genere a suo nome, probabilmente tutti i suoi fratelli e sorelle avrebbero riconosciuto che lui avrebbe sempre dovuto essere l’erede di suo padre.

“Abbiamo già dovuto ritracciare diverse sezioni,” disse Oli. “Ci sono proprietà agricole in mezzo, e la gente è riluttante a lasciare le proprie case.”

“Hai offerto loro del denaro?” chiese Endi.

Oli annuì. “Come tu hai detto di fare, e alcuni se ne sono andati, ma ci sono persone che vivono lì da generazioni.”

“Il progresso è necessario,” disse Endi mentre i colpi di martello continuavano. “Ma non ti preoccupare, risolveremo presto il problema.”

Si portarono dove altri uomini stavano lavorando su delle navi. Endi voleva sapere di ogni nave che arrivava al porto adesso. Aveva passato fin troppo tempo a gestire spie e assassini da sapere quanto facilmente fossero capaci di intrufolarsi. Guardò i progressi degli uomini mentre lavoravano per sostituire alcune delle barche che erano ancora incastrate nell’acqua. Ishjemme doveva essere difesa.

“Endi, posso farti una domanda?” chiese Oli.

“Certo che puoi, fratello,” disse Endi. “Anche se sei tu quello intelligente. Sospetto che non ci siano molte cose che mi chiederesti e di cui tu non abbia già letto nei tuoi libri.”

In verità, Endi sospettava che ci fossero un sacco di cose che lui conosceva e di cui suo fratello non era al corrente, soprattutto riguardo ai segreti tenuti dalla gente, o cose che la gente faceva per complottare contro i propri avversari. Quello era il suo mondo.

“Si tratta di Rika,” disse Oli.

“Ah,” rispose Endi piegando la testa di lato.

“Quando le permetterai di uscire dalle sue stanze, Endi?” chiese Oli. “È chiusa là dentro da settimane ormai.”

Endi annuì tristemente. La sua sorella più giovane si stava dimostrando sorprendentemente intransigente. “Cosa vuoi che faccia? Non posso lasciarla uscire quando è di umore così ribelle. La cosa migliore che posso fare è tenerla a suo agio con il miglior cibo e con la sua arpa. Se la gente la vede in disaccordo con ogni passo che faccio, ci farà apparire deboli, Oli.”

“Lo stesso,” disse Oli, “non è dentro già da abbastanza tempo?”

“Non si tratta di mandarla a letto senza cena perché ha rubato una delle bambole di Frig,” disse Endi con un sorriso al pensiero di Frig che giocava con le bambole piuttosto che con le spade. “Non posso permetterle di uscire fino a che non avrà dimostrato che ci si può fidare di lei. Fino a che non mi avrà giurato fedeltà, se ne starà lì.”

“Potrebbe passare molto tempo,” disse Oli.

“Lo so,” rispose Endi con un triste sospiro. Non gli piaceva tenere sua sorella rinchiusa a quel modo, ma cos’altro poteva fare?

Un soldato si avvicinò e fece un inchino. “I prigionieri che avete ordinato sono stati portati, mio signore.”

“Bene,” disse Endi. Guardò verso suo fratello. “Pare che avremo una soluzione al problema del canale. Andiamo, Oli.”

Fece strada fino al punto in cui le statue venivano distrutte, le macerie ora a terra. C’erano lì forse una decina di uomini e donne, le mani legate.

“Mi hanno detto che siete i proprietari di terre agricole che si trovano sulla via del nuovo canale,” disse Endi. “E che avete rifiutato di vendere le vostre proprietà, anche se ho cercato di essere generoso.”

“Sono le nostre fattorie!” rimbeccò un uomo.

“E qui si tratta del prosperare di tutta Ishjemme,” ribatté Endi. “Ogni famiglia ne beneficerà, incluse le vostre. Intendo offrirvi ancora il denaro. Non capite che non avete scelta?”

“Un uomo è sempre libero di scegliere la sua strada a Ishjemme,” disse un altro contadino con rabbia.

“Sì, ma quella strada ha delle conseguenze,” disse Endi. “Vi do un’ultima possibilità. In quanto vostro duca, vi ordino di ritirare le vostre pretese.”

“È la nostra terra!” gridò il primo uomo.

Endi sospirò. “Ricordate solo che vi ho dato la scelta. Rifiutare di obbedire all’ordine del vostro duca è tradimento. Uomini, giustiziate i traditori.”

I suoi uomini avanzarono con le stesse asce e martelli che avevano usato per distruggere le statue. Con la stessa facilità potevano distruggere anche i corpi. Le statue magari non gridavano e non imploravano, né emettevano gorgoglii, ma lo spezzarsi delle ossa era piuttosto simile a quello della pietra. Endi si voltò a guardare suo fratello, non sorpreso di vedere il volto sbiancato di Oli. Suo fratello non era forte quanto lui.

“So che è dura Oli,” disse mentre le grida facevano da sottofondo, “ma dobbiamo fare ciò che è necessario se vogliamo rendere forte Ishjemme. Se non faccio le cose crudeli che vanno fatte, allora arriveranno altri e faranno di peggio.”

“Come… come dici, fratello.”

Endi prese suo fratello per le spalle. “Almeno questo significa che la via sarà sgombera per il progetto di costruzione ora. Ho ragione a dire che le terre di un traditore sono rese, no?”

“Io… penso che ci siano dei precedenti,” disse Oli. Endi poteva sentire il tremito nella sua voce.

“Trovameli,” disse Endi.

“E le famiglie di questa gente?” disse Oli. “Alcuni avranno dei bambini, o degli anziani.”

“Fai tutto quello che reputi necessario per prenderti cura di loro,” disse Endi. “Quel che basta per levarli di mezzo in modo che il lavoro venga eseguito.”

“Lo farò,” disse Oli. Sembrò pensieroso per un momento. “Manderò… dei messaggi alle squadre di operai. Subito.”

“Bene,” disse Endi.

Guardò suo fratello che si allontanava, sapendo che Oli non capiva sul serio il bisogno di tutto questo. Era il lusso di sapere che non avrebbe mai avuto il potere. Rika gli forniva lo stesso lusso. Quei due erano forse gli unici due tra i suoi fratelli a non essere mai stati guerrieri, non avendo mai dovuto gestire le dure realtà del mondo. Parte del motivo per cui Endi aveva fatto tutto questo davanti a Oli era per assicurarsi che suo fratello imparasse ciò che a volte era necessario.

Era per il suo bene. Era per il bene di tutti. L’avrebbero visto nel tempo, e quando l’avessero fatto, lo avrebbero ringraziato per questo. Anche Rika, con il suo cuore tenero, si sarebbe inchinata e avrebbe ammesso che tutto quello che Endi aveva fatto era per il meglio. Per quanto riguardava tutti gli altri, potevano proseguire con quello che serviva fare, oppure…

Endi rimase in ascolto sentendo il rumore dei martelli che colpivano ancora. Alla fine lo avrebbero ringraziato per questo.

CAPITOLO SEI

Jan Skyddar era probabilmente l’unica persona in tutta Ashton a non essere felice nel giorno del matrimonio di Sofia, dovendosi sforzare per fare un sorriso e non rovinare così le cose per lei e Sebastian, costretto a fingere di essere contento anche se il dolore che aveva nel cuore minacciava di farlo a pezzi.

 

Ora che l’avevano portata via di corsa per dare alla luce il suo bambino, suo e di Sebastian, era ancora peggio.

“Vuoi ballare con me?” chiese una nobildonna. Attorno a Jan la festa sembrava continuare, la musica di nuovo a pieno regime mentre passava dal celebrare il matrimonio di Sofia al festeggiamento dell’imminente arrivo dell’erede al trono.

La donna era bellissima, vestita elegantemente, aggraziata. Se l’avesse incontrata un anno prima, Jan forse avrebbe accettato di danzare, oltre a qualsiasi altra cosa gli avesse suggerito poi. Ora non riusciva a farlo. Non provava niente guardandola, perché era come guardare una candela paragonata al sole. Sofia era l’unica che contasse per lui.

“Mi spiace,” disse tentando di essere gentile, di essere buono, di essere ogni cosa possibile e dovuta. “Ma c’è… qualcuno di cui sono profondamente innamorato.”

“Qualcuno che ti aspetta a Ishjemme?” disse la nobildonna con sorriso malizioso. “Ciò significa che non si trova qui.”

Allungò una mano a sfiorare uno dei pizzi sul farsetto di Jan, e lui le prese il polso con delicatezza ma fermezza.

“Come ho detto,” disse con un mesto sorriso, “la amo molto. Non lo intendo come un insulto, ma non mi interessa.”

“Un uomo fedele,” disse la nobildonna, voltandosi per andarsene. “Chiunque ella sia, spero sappia quanto è fortunata.”

“Se solo le cose fossero così semplici,” disse Jan scuotendo la testa.

Si mosse attraverso la festa cercando di non essere il fantasma dei festeggiamenti. L’ultima cosa che voleva fare era rovinare la gioia di tutti per questa giornata, meno che meno quella di Sofia. Quello era l’aspetto più difficile dell’amarla così tanto: era impossibile essere egoista come avrebbe dovuto mostrarsi al riguardo. Avrebbe dovuto provare gelosia per Sebastian, avrebbe dovuto odiarlo con passione. Avrebbe dovuto essere furente con Sofia per aver scelto un uomo che l’aveva messa da parte una volta.

Ma non poteva farlo. Amava talmente tanto Sofia. Voleva che fosse felice più di qualsiasi altra cosa al mondo.

“Stai bene, Jan?” chiese Lucas avvicinandoglisi con il genere di silenzio che rendeva Jan felice del fatto che non avrebbero mai dovuto combattere uno contro l’altro. Jan aveva sempre pensato di essere capace di combattere, ma i fratelli di Sofia erano qualcosa di completamente diverso.

Forse era un bene che avesse la mente chiusa alla lettura di altri, altrimenti poteva anche darsi che fossero costretti a combattere. Jan dubitava che Lucas l’avrebbe presa bene se fosse venuto a sapere quanto Jan era perdutamente innamorato di sua sorella.

“Sto bene,” rispose Jan. “Forse un po’ troppe donne che cercano di prendermi come un pescatore farebbe con un pescespada.”

“Ho avuto lo stesso problema,” disse Lucas. “Ed è dura festeggiare quando allo stesso tempo stai pensando a qualcos’altro.”

Per un momento Jan pensò che Lucas avesse potuto in qualche modo vedere oltre le protezioni che lui aveva eretto, vedendo cose che non avrebbe dovuto vedere. Forse era solo così chiaramente scritto in faccia che non ci voleva qualcuno capace di leggere la mente per capirlo.

“Sono felice per mia sorella,” disse Lucas con un sorriso. “Solo c’è una parte di me che vorrebbe i miei genitori qui come testimoni di tutto questo, e quella parte sa che potrei essere là fuori a cercarli. Forse avrei potuto portarli qui per il matrimonio di Sofia, e per la nascita del loro nipote.”

“O forse a volte dobbiamo solo essere forti e accettare che le cose non accadano nel modo che vorremmo,” suggerì Jan. “E significa che arrivi ad essere qui. Arrivi a vedere la tua nipotina o il tuo nipotino.”

“Nipotina,” disse Lucas. “Le visioni tolgono il divertimento dell’indovinare. Però hai ragione, Jan. Aspetterò. Sei un brav’uomo, cugino.”

Strinse il braccio di Jan.

“Grazie,” gli disse Jan, anche se non era sicuro di crederci a volte. Un vero brav’uomo non avrebbe sperato che alla fine Sofia mettesse tutto da parte e lo amasse come lui amava lei.

“Ora,” disse Lucas, “ti stavo cercando perché è arrivato tramite uccello un messaggio per te. Il ragazzo che l’ha portato dalle voliere è laggiù.”

Jan guardò e vide un giovane in piedi vicino a uno dei tavoli del banchetto, intento a prendere di soppiatto del cibo, probabilmente insicuro che fosse destinato a quelli come lui.

“Grazie,” disse Jan.

“Di niente. Dovrei tornare da Sofia. Voglio essere presente quando mia nipote verrà al mondo.”

Lucas si allontanò e lasciò Jan libero di dirigersi verso il messaggero. Il ragazzo sembrava un po’ colpevole mentre Jan si avvicinava, infilandosi il dolce in bocca e masticandolo frettolosamente.

“Non ti devi preoccupare,” disse Jan. “La festa è per tutti, te incluso. Ci sono delle cose che tutti dovrebbero poter festeggiare.”

“Sì, mio signore,” disse il ragazzo. Gli porse un biglietto. “È arrivato questo per voi.”

Gli porse un foglietto ben arrotolato perché lo prendesse. Jan lo aprì e lesse.

Jan. Endi ha preso Ishjemme. Sta uccidendo la gente. Rika è prigioniera. Io devo fare quello che dice. Abbiamo bisogno di aiuto. Oli.

Jan rimase immobile dopo aver letto il messaggio. Non voleva crederci. Endi non avrebbe mai fatto una cosa del genere. Non avrebbe mai tradito Ishjemme a quel modo. Oli però non avrebbe raccontato bugie, ed Endi… beh, gli era sempre piaciuto sgattaiolare nell’ombra, ed era stato sospetto il modo in cui molte delle loro navi si erano girate a metà strada dalla battaglia per Ashton.

Lo stesso l’idea che suo fratello avesse montato una sorta di colpo di stato era difficile da comprendere. Se qualsiasi altra persona avesse inviato quel messaggio, Jan non avrebbe avuto problemi a dichiararlo un bugiardo. Ma dati i fatti… non sapeva cosa fare.

“Non posso dirlo agli altri,” disse a se stesso. Se l’avesse raccontato ai suoi fratelli, avrebbero voluto correre a Ishjemme per assicurarsi che fosse al sicuro, e questo avrebbe privato Sofia del supporto di cui aveva disperatamente bisogno. Però non poteva neanche ignorare un messaggio come quello.

Ciò significava che doveva andare a casa.

Jan non voleva andare a casa. Voleva restare qui, più vicino possibile a Sofia. Voleva essere presente nel caso ci fosse stata altra violenza, nel caso che lei o i suoi fratelli avessero bisogno di lui. Ashton si stava appena riprendendo dai conflitti che l’avevano rovinata, e lasciarla ora era come abbandonarla. Era come abbandonare Sofia.

“Sofia non ha bisogno di me,” disse Jan.

“Cos’è successo, mio signore?” chiese il messaggero.

“Niente,” disse Jan. “Puoi portare un messaggio da parte mia a… portalo a Sofia quando sarà in grado di sentirlo. Portale il messaggio che mi hai portato, e dille che sono andato a gestire le cose. Dille che…” In quel momento non poteva dire niente di ciò che avrebbe voluto. “Dille che tornerò presto.”

“Sì, mio signore,” disse il messaggero.

Jan partì in direzione del molo. Le navi dell’invasione erano ancora lì, e alcune di loro avrebbero ascoltato se avesse chiesto il loro aiuto. Non ne avrebbe prese molte, non poteva sopportare il pensiero di lasciare Sofia senza protezione, ma avrebbe avuto bisogno di qualche dimostrazione di forza se voleva convincere suo fratello a farsi indietro.

Sofia non aveva bisogno di lui in quel momento, ma sembrava che il suo fratello più giovane e sua sorella ne avessero di più. Per quanto Jan odiasse l’idea di lasciare Ashton, non poteva ignorare questo. Non poteva stare da parte mentre Endi prendeva Ishjemme con la forza. Sarebbe andato lì, avrebbe scoperto ciò che stava realmente accadendo e avrebbe gestito la situazione. Magari, una volta finito, avrebbe anche capito cosa fare per quanto riguardava la donna che amava.

CAPITOLO SETTE

Sofia stava sdraiata sul letto che la levatrice le aveva preparato, le servitrici raccolte attorno a lei insieme as alcune nobili, e francamente così tanta gente che le venne da chiedersi se una regina potesse mai avere un po’ di privacy. Avrebbe ordinato che uscissero se avesse avuto il fiato per farlo. Non poteva neanche chiedere a Sebastian che lo facesse lui, perché la levatrice era stata piuttosto chiara sul fatto che non voleva nessun uomo nella stanza, neanche un re.

“Stai facendo bene,” la rassicurò la donna, anche se Sofia poteva vedere la preoccupazione nella sua mente, i preparativi per centinaia di cose che potevano andare storte. Era impossibile trattenere i propri poteri in quel momento, dato che i pensieri le si riversavano addosso in ondate che sembravano coincidere con il dolore delle sue contrazioni.

“Sono qui,” disse Kate correndo nella stanza. Guardò la gente presente.

Chi sono tutte queste persone? chiese a Sofia con il pensiero.

Non le voglio qui, riuscì a rispondere lei nel dolore. Ti prego, Kate.

“Ok,” gridò Kate con voce che era probabilmente ben adatta al suo nuovo ruolo con l’esercito. “Chiunque non sia attivamente me o la levatrice, se ne vada! No, no, nessuna discussione. Questo è un parto, non un’esibizione pubblica! Fuori!”

Il fatto che tenesse la mano sull’elsa della spada probabilmente le fu di aiuto a far sloggiare la gente, e in meno di un minuto la stanza fu vuota, eccetto per loro tre.

“Meglio?” chiese Kate prendendole la mano.

“Grazie,” disse Sofia, poi gridò mentre un’altra ondata di dolore la colpiva.

“Ci sono delle foglie di valeriana in una ciotola lì,” disse la levatrice. “Daranno una mano con il dolore. Dato che vi siete appena sbarazzata di tutte le servitrici, penso che vi offrirete volontaria per aiutarmi, altezza.”

“Sofia non ne avrà bisogno,” disse Kate.

Sofia sentiva decisamente di averne bisogno, ma poi capì quello che intendeva sua sorella. Kate le toccò la mente, e sentì anche Lucas, tutti e due che lavoravano insieme per distogliere la sua mente dal dolore, tirandola fuori dai confini del suo corpo.

Siamo qui per te, le inviò Lucas, e anche il tuo regno.

Sofia sentì il regno attorno a sé, nel modo in cui le era successo solo poche volte prima. La connessione era innegabile. Lei non ne era solo la regina, ma era parte di esso, in sintonia con il potere vivente di tutto ciò che respirava all’interno dei suoi confini, con l’energia del vento e dei fiumi, con la fresca forza delle colline.

La voce della levatrice arrivò da lontano. “Dovete spingere alla prossima contrazione, vostra altezza. State pronta. Spingete.”

Spingi, Sofia, le disse Kate.

Kate sentì il suo corpo rispondere, anche se sembrava essere da qualche parte distante ora, così lontano che il dolore pareva essere in attesa, come qualcosa che stava accadendo a qualcun altro.

Devi spingere più forte, le disse Kate.

Sofia fece del proprio meglio, e poté sentire delle grida di dolore che le parvero essere le proprie, anche se non sembravano toccarla. Toccavano il regno, però. Vide delle nuvole di tempesta raccogliersi sopra di sé, sentì la terra rombare sotto. Con il poco controllo che aveva su quel collegamento, non poteva fermare quella turbolenza.

Le nuvole di tempesta esplosero in un torrente di pioggia che fece gonfiare i fiumi e inzuppò la gente che vi stava sotto. La tempesta fu breve e potente, il sole riapparve in cielo rapidamente, come se niente fosse mai accaduto, un arcobaleno che si dispiegava al suo seguito.

Puoi tornare in te adesso, Sofia, le inviò Lucas. Vedi tua figlia.

Lui e Kate riportarono Sofia in sé, tirandola in modo che potesse di nuovo guardare la stanza, respirando sonoramente mentre la levatrice stava poco distante, già intenta ad avvolgere in dei panni un piccolo corpo. Lucas allora era lì, avendo ovviamente ignorato gli ordini della levatrice.

Sofia provò un’ondata di gioia attraversarla mentre sentiva il pianto di sua figlia, il gorgoglio che fanno i neonati quando vogliono stare con la mamma.

“Sembra forte,” disse Kate prendendo la bambina con sorprendente delicatezza e aspettando che la levatrice gliela lasciasse prima di porgerla a Sofia. Sofia allungò le braccia per prendere sua figlia, guardando quegli occhi che sembravano contenere il mondo intero. In quel momento sua figlia era il mondo intero.

La visione colpì Sofia tanto forte da lasciarla quasi senza fiato.

Una giovane donna con i capelli rossi stava in una stanza del trono, i rappresentanti di un centinaio di paesi inginocchiati davanti a lei. Usciva nelle strade, distribuiva pane ai poveri, raccoglieva fiori lanciati ai suoi piedi in modo da poter lietamente costruire una corona per un gruppo di bambini. Allungò una mano verso un fiore mezzo appassito e lo riportò in vita…

 

… Camminava in mezzo a un campo di battaglia, una spada in mano, conficcandola nei corpi dei morenti, mettendo fine ai loro tentativi di tenersi aggrappati alla vita. Allungò una mano verso un giovane e gli strappò la vita solo con un tocco, usandola poi per riempire il grande pozzo di potere che le avrebbe permesso di guarire le sue truppe…

… Ballava al centro di una festa, ridendo mentre roteava, ovviamente amata da coloro che la circondavano. Degli artisti si esibivano a bordo stanza con ogni strumento, dai colori, alla pietra, alla magia, creando opere così belle da far quasi male agli occhi di chi le guardava. Lei accoglieva i poveri nella sua festa, non come forma di carità, ma perché non vedeva alcuna differenza tra dar da mangiare ai suoi amici e a chiunque avesse fame…

… stava in piedi sul ciglio di una fossa per i combattimenti, davanti a un gruppo di nobili che tremavano mentre si inginocchiavano, sollevando lo sguardo verso di lei con un misto di paura e odio che fece rabbrividire Sofia a vederli.

“Mi avete tradito,” disse la ragazza con una voce dalla bellezza quasi perfetta. “Avreste potuto avere tutto, e tutto quello che dovevate fare era seguire i miei ordini.”

“Ed essere niente di più che schiavi!” disse uno degli uomini.

Lei avanzò verso di loro, una spada in mano. “Deve esserci un prezzo per questo.”

Si portò più vicina e l’uccisione iniziò mentre attorno a lei la folla cantava una parola, un nome, più e più volte: “Christina, Christina…”

Sofia si risvegliò di scatto, fissando sua figlia, non comprendendo ciò che era appena successo. Capiva la sensazione di una vera visione ormai, ma non capiva cosa significasse tutto questo. Sembravano due serie di visioni contemporaneamente, una che contraddiceva l’altra. Non potevano essere entrambe vere, no?

“Sofia, cosa c’è?” chiese Kate.

“Io… ho avuto una visione,” disse Sofia. “Una visione su mia figlia.”

“Che genere di visione?” chiese Lucas.

“Non capisco,” disse Sofia. “L’ho vista, e per la metà del tempo stava facendo cose bellissime e meravigliose, e il resto… era crudele e malvagio.”

Facci vedere, suggerì Kate.

Sofia fece del proprio meglio, inviando le immagini della sua visione a entrambi. Anche così non aveva la sensazione che la cosa avesse senso. Non riusciva a trasmettere quanto meraviglioso e terrificante sembrasse, quanto fosse potentemente reale, anche confronto ad altre visioni che aveva avuto.

“Posso toccarle la mente?” chiese Lucas quando Sofia ebbe finito.

Sofia annuì, immaginando che stesse controllando per la presenza di ogni segno che sua figlia non fosse ciò che appariva essere. Dopo ciò che Siobhan aveva tentato di fare, cercare di prendere la forma della sua bimba non ancora nata era una prospettiva terrificante.

“È ancora lei,” disse Lucas, “ma posso sentire il potere. Sarà più forte di tutti noi, penso.”

“Ma cosa significano le visioni?” chiese Sofia. Sua figlia sembrava così perfetta nelle sue braccia. Sofia non poteva immaginarla a camminare in mezzo a un campo di battaglia, succhiando la vita della gente nel modo in cui avrebbe fatto il Maestro dei Corvi con i suoi uccelli.

“Forse sono delle possibilità,” suggerì Kate. “Siobhan era solita parlare di guardare stralci di futuro, cogliendo gli elementi che avrebbero fatto accadere altre cose. Magari quelli erano due modi in cui la sua vita potrebbe verificarsi.”

“Ma noi non sappiamo cosa faccia la differenza,” disse Sofia. “Non sappiamo come essere certi che accadano le cose buone.”

“Crescila con amore,” disse Lucas. “Insegnale bene. Insegnale ad andare verso la luce, non al buio. La piccolo Christina avrà il potere, qualsiasi cosa tu faccia, ma tu puoi aiutarla a usarlo bene.”

Sofia si ritrasse a quel nome. Poteva anche essere quello di sua madre, ma dopo la visione non poteva darlo a sua figlia. Non l’avrebbe fatto.

“Tutto, ma non Christina,” disse. Pensò ai fiori che aveva visto intrecciare a sua figlia in mezzo alla strada. “Viola. La chiameremo Viola.”

“Viola,” disse Kate con un sorriso, porgendo un dito alla piccolina perché lo afferrasse. “È già forte, come sua madre.”

“Come sua zia, forse,” rispose Sofia. Il suo sorriso si smorzò un poco. “Non dite a Sebastian di tutto questo, per favore, nessuno dei due. Non deve consumarsi con la consapevolezza di questo. Con quello che potrebbe diventare.”

“Non lo dirò a nessuno, se tu non vuoi,” le assicurò Lucas.

“Neanche io,” disse Kate. “Se qualcuno può crescerla come una buona persona, sei tu, Sofia. E noi siamo qui per aiutarti.”

“Lo faremo,” disse Lucas. Sorrise tra sé e sé. “Magari avrò la possibilità di ricoprire il ruolo dell’ufficiale Ko e passarle alcune delle cose che lui ha insegnato a me.”

Sembravano così certi che le cose sarebbero andate per il verso giusto, e Sofia voleva crederci. Lo stesso una parte di lei non poteva dimenticare le cose che aveva visto. Sua figlia le sorrise in perfetta innocenza. Sofia doveva assicurarsi che restasse così.

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