La Ragazza-Elefante Di Annibale Libro Uno

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Capitolo Nove


I quattro soldati barcollarono verso un tavolo e si sedettero sulle panche. Fecero cadere una lampada e l’olio fiammeggiante si sparse rapidamente lungo il tavolo, accendendo un piccolo fuoco e facendoli scoppiare a ridere. Jabnet indietreggiò e anch’io, non sapendo cosa fare.

Yzebel si tolse il grembiule sfilacciato e soffocò le fiamme. Gli uomini la applaudirono per il suo trucco geniale, poi sbattettero le mani sul tavolo per avere del cibo e qualcosa da bere.

Jabnet sostituì la lampada rovesciata e diede loro le ultime tre ciotole di cibo. Quando portai una ciotola vuota sul tavolo perché condividesseroil cibo con il quarto uomo, avevano già inghiottito quella che avrebbe dovuta essere la nostra cena.

“Occhio!”Gridò l’uomo che avevo riconosciuto. “La brutta Ragazza Elefante ci stenderà, come fa con tutte le bestie della foresta.”

I suoi amici trovarono questa osservazione molto spiritosa, e apparentemente anche Jabnet pensò che fosse divertente, perché rise alle mie spalle. Il soldato rumoroso era lo stesso che mi aveva preso in giro quando Obolus mi aveva tirato fuori dal fiume. I suoi piccoli occhi grigi erano troppo vicini a un naso storto e i pochi denti che gli erano rimasti erano storti, spezzati e gialli. I suoi capelli assomigliavano a un groviglio di erbacce secche e mi chiedevo perché non fossero rossi come la sua barba trasandata. Non mi piaceva né lui né i suoi amici e desideravo che non mi chiamasse“Ragazza Elefante.”

Sapevo che sarebbe stato più saggio andare via, invece gli diedi la mia occhiataccia più cattiva. Non fece altro che continuare a ridere di me.

“Uh-oh,” disse uno dei soldati. Le tre dita medie della sua mano sinistra erano state tagliate, lasciando solo il pollice e il mignolo, che usava come se fosse un granchio. “Sta’ attento, Sakul, ti sta facendo il malocchio.”Mi schioccò le sue dita da granchio.

Altre risate. Ero così vicina a Sakul, che il suo cattivo odore mi fece star male. Avrebbe potuto facilmente allungare la mano e tirarmi uno schiaffo oppure stendermi con un pugno, proprio come il grassoneaveva fatto con Tin Tin Ban Sunia. Ma poi anche io avrei potuto colpirlo o graffiargli la faccia, e l’avrei fatto se non avrebbe taciuto. Le mie mani erano serrate così forte che sentivo le unghie tagliarmi i palmi.

“Liada!” Yzebel mi chiamò dal focolare. “Vieni ad aiutarmi.”

Fissai gli occhi viscidi di Sakul, rendendomi conto che erano vuoti e umidi, proprio come il suo cervello stordito.

Dopo essermi allontanata, sentii uno degli uomini dire,“Ti sei salvato per un pelo, Sakul.”

“Affetta quegli ultimi due meloni per loro,”mi disse Yzebel. “E io vedo se riesco a tagliare un altro po’ di carne dalle ossa di questo povero maiale.”

Presi un coltello dal focolare. “Non diamo loro altro vino. Ne hanno avuto abbastanza.”

Jabnet ridacchiò e andò a un altro tavolo, per prendere una brocca di frescovino passito e quattro tazze da dare agli uomini.

Conficcai il mio coltello in un grande melone per aprirlo. Dopo aver estratto e gettato via i semi, ne pugnalai un altro.

“Liada,” disse Yzebel a bassa voce. La guardai. “Credo che quei meloni siano già morti,”continuò, facendomi l’occhiolino.

Sì, avevo fatto un macello. Portai le quattro metà gialle sul tavolo, le tagliai a pezzi chebuttai nello spazio tra gli uomini. Sembrava che si divertissero a essere nutriti come animali, in competizione tra loro per vedere chi riuscisse a fare i rumori più disgustosi. Forse un trogolo per terra sarebbe stato più adeguato viste le loro abitudini alimentari.

“Non è rimasto molto, ragazzi.” Yzebel raccolse i pezzetti di maiale arrosto con le dita e lasciò cadere la carne nelle loro scodelle. “Siete arrivati un po’ tardi per la cena.”

Quando si sporsesul tavolo per prendere una ciotola, Sakul le mise una mano sul fianco. “Il tuo cibo raffinato non è l’unica cosa che sazia l’appetito di un uomo.”

Yzebel si raddrizzò e pensai che tirasse indietro la mano per schiaffeggiarlo, ma si spostò soltanto una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Con mia sorpresa, gli sorrise dolcemente.

“Sakul,” disse Yzebel, “Pensavo che trovassi piacere soltanto nel lanciare il giavellotto e saccheggiare villaggi indifesi?”

Due dei suoi compagni scoppiarono a ridere, e dopo un momento, quello con la mano da granchio ci arrivò e si unì a loro nell’ilarità, agitando la mano deforme come per afferrare le mosche nell’aria.

“Lanciare il giavellotto è divertente,”rispose Sakul, “ma non è il mio unico talento.”

Ciò suscitò borbottii di ammirazione da parte dei suoi commilitoni, poi risate sbuffanti.

Non ci trovai nulla di divertente nella sua osservazione. Guardai Jabnet mentre rideva insieme agli uomini ubriachi, fingendo a quanto pare di capire le battute degli adulti.

“Liada,” disse Yzebel. “Porta a questi begli uomini una pagnotta.”Sorrise ancora una volta a Sakul, poi li lasciò al loro pasto.

Quando lasciai cadere il pane sul loro tavolo, Sakul mi afferrò il polso e lo ruotò, costringendomi a inginocchiarmi. Strinsi i denti e lo fissai, rifiutandomi di piangere.

“Anche una schiava ignorante ne sa abbastanza per tagliare il pane di un uomo,” ringhiò. “Dovrei spezzarti–”

“Basta, Sakul!” Yzebel tornò in fretta al tavolo. “Lasciala andare!”

Sakul si voltò a guardare Yzebel, che lo fissava,standogli vicino. La sua mano destra era nascosta dietro di lui. Dopo un momento, sorrise e lasciò andare il mio polso, spingendomi all’indietro nella terra.

“Conosci Tashid e Glotel?” Gli chiese Yzebel.

Mi alzai e mi strofinai il polso dietro la schiena, poi mi avvicinai a Yzebel.

“Sì,” disse Sakul, “conosco quelle due teste di melone.” Mi tenne sott’occhi. “Sono inutili lanciatori di frecce della seconda truppa.”

“E dove cenano?”

“Ai tavoli di Soja, suppongo.”

“Cosa dà loro Soja da mangiare?” Chiese Yzebel.

“Carne secca di cavallo e pane raffermo.”Sakul guardò la sua ciotola di tenero maialino arrosto. “Lo stesso che ottengono tutti quando vanno ai suoi tavoli da cortile.”

“Ha mai dato loro lo stufato di agnello?”

“No.”

“E da bere?”

“Quel terribile aceto di fichi che lei chiama vino.”

“Sì,”disse Yzebel. “Quei due lanciatori non sono più i benvenuti ai miei tavoli perché litigano spesso, sono cattivi e maleducati. Anche il tuo nome potrebbe essere aggiunto a quell’elenco se mettiun’altra volta le mani sui miei figli o li tratti come schiavi.”

Sakul borbottò qualcosa e bevve un sorso del suo vino.

“Puoi trattarmi come ti pare, ma non toccare i miei figli,” continuò Yzebel, posandomi la mano libera sulla spalla. “Mi hai capito, Sakul?”

Sbatté la sua tazza vuota sul tavolo e prese la pagnotta. “Certo.” Mi consegnò la pagnotta. “Ora, cara piccola Ragazza Elefante, per favore, mi puoi tagliare il pane?”

Il suo tono era un po’troppo dolce, ma presi la pagnotta e mi avviai verso il focolare per andare a prendere un coltello.

Yzebel mi fermò. “Ecco,”mi disse, porgendomi il coltello che aveva tenuto contro la schiena di Sakul.

I suoi occhi si spalancarono alla vista del coltello proveniente da dietro di lui, ma poi rise e batté la mano il tavolo, facendo rimbalzare le ciotole e la lampada sulle assi di legno.

“Yzebel!”Gridò. “Devi unirti a me sul nostro prossimo campo di battaglia. Potremmo passare dei bei momenti insieme.”

“Sì, Sakul. Non appena imparerai a cucinare, io imparerò a uccidere le persone.”

Questo sembrò divertente agli uomini, ma non pensai che lei volesse fare una battuta.

Yzebel tornò al focolare.

Dopo aver affettato il pane, iniziai a pulire i tavoli, stando lontana dagli uomini.

Quando Sakul volle un’altra ciotola, con una brace ardente dal fuoco, guardai Yzebel, che mi annuì. Usai un bastone per prendere un carbone incandescente e metterlo nella ciotola, chiedendomi cosa volesse farne. Portaila ciotola all’estremità del tavolo e la posai, spingendola verso Sakul. Mi fece il suo sorriso da lupo, poi prese la ciotola, slacciò una borsa dalla cintura e tirò fuori una manciata di foglie secche, che sbriciolò nella ciotola sopra la brace ardente mentre i suoi amici guardavano con crescente interesse. Poisi portò la ciotola alle labbra e soffiò delicatamente fino a quando un denso fumo grigio non si diffuse nell’aria. Sakul inspirò profondamente il fumo e chiuse gli occhi. Dopo aver trattenuto il respiro per un momento, aprì gli occhi e passò la ciotola sul tavolo a uno dei suoi amici. L’altro uomo ripeté il rituale, poi il terzo tese la mano per la ciotola.

Sentii l’odore del fumo; puzzava da animale morto. Sentii il mal di stomaco e dovetti scappare. Tornai a pulire i tavoli mentre gli uomini ridacchiavano e ridevano di ogni cosa sciocca che si dicevano.

Sopportaiil balbettare chiassoso degli uomini fino a quando il cibo e il vino non finirono. Alla fine si alzarono dal tavolo e si allontanarono barcollando. Sentii Sakul dire qualcosa riguardo una visita a Lotaz. I suoi tre amici erano entusiasti dell’idea.

Dopo che il suono delle loro voci scomparve lungo il sentiero, Yzebel entrò nella tenda e io raccolsi gli oggetti che i quattro uomini avevano lasciato in cambio della loro cena. Non c’era molto; una piccola moneta d’argento, una catena d’oro con una pietra blu penzolante e tre monete di rame. Li aggiunsi al resto dei guadagni della notte sul primo tavolo.

“Guarda cos’ho,” disse Yzebel quando uscì dalla tenda.

Mi voltai e i miei occhi si spalancarono alla vista. “Hai messo da parte una pagnotta.”

“Sì,”rispose Yzebel con un sorriso. “Proprio come hai fatto tu ieri sera.”

Ci siamo divertiti a mangiare il nostro pane in pace mentre ordinavamo gli oggetti lasciati sui tavoli.

 

“Cos’era quella roba orribile che Sakul ha bruciato nella sua ciotola?”Chiesi a Yzebel.

“Foglie di canapa. Il fumo rende gli uomini più ubriachi del vino.”

“La cosa mi ha disgustata.”

Jabnet puntò il mento verso di me e disse a Yzebel,“Non è tua figlia.”

Lo fissai, cercando di capire cosa intendesse dire. Poi mi ricordai che Yzebel aveva detto a Sakul di tenere le mani lontane dai suoi figli.

Yzebel corrugò la fronte e studiò il viso di suo figlio per un momento. “È mia se vuole esserlo.” Mi fece l’occhiolino.

Sorrisi e annuii, prendendo un altro morso del mio pane. Jabnet poteva avere l’intera pila di monete e gioielli per quanto mi interessava, Yzebel mi aveva appena dato qualcosa di molto più prezioso.

Finimmo la nostra misera cena, poi il capriccioso Jabnet andò a letto senza nemmeno dare la buonanotte a sua madre.

“Buonanotte, Jabnet,” sussurrò lei mentre raccoglieva una monetina, e poi la lasciava cadere sul tavolo.

“Chi ha lasciato questo?”Chiese, sollevando un pezzo di gioielleria per farmelo vedere.

“Sakul.”

“Davvero?”

“Sì.”

“Avvicina la lampada. Voglio vedere qualcosa.”

Spostai la lampada verso Yzebel e lei fece penzolare la catena d’oro con una piccola pietra blu davanti alla fiamma. Lei sorrise e la spostò lentamente in modo che si frapponesse tra me e la luce tremolante.

“Yzebel!”Esclamai. “Una stella.”

Lei sorrise.

“Una stella perfetta,” dissi contando con il dito. “Con sei punte che si espandono.” Con la luce che la attraversava, la pietra blu pallida divenne di un brillante blu-verde, come l’acqua e il cielo mischiati insieme. “È uno zaffiro stellato, proveniente dal lontano est, le stesse terre da cui provengono le spezie. Questa è una pietra molto preziosa.”

Yzebel mi fissò, ovviamente sorpresa dalle mie parole. Diedi un’occhiata da lei alla pietra e tornai a guardare il gioiello.

“Per tutti i cieli, come fai a saperlo?”Chiese lei, studiando lo zaffiro.

Scrollai le spalle e scossi la testa. “Non ne ho idea. Le parole mi sono uscite di bocca da sole.”

“Una cosa è certa, hai già visto una pietra come questa prima.”

“Sì, ma dove?”

“Conosci la pietra con il suo nome, da dove proviene e sai qualcosa riguardo il suo valore.”

Annuii, ma ero sconcertata. “Quel Sakul dalla testa di bue, non sapeva nemmeno cosa avesse.”

Yzebel sollevò un sopracciglio. “Lo pensi davvero?”

“Dubito che distinguerebbe uno zaffiro dallo zampetto di un maiale. Pensava di lasciarci un gingillo senza valore.”

“Forse ci ha dato il suo oggetto più prezioso.”

Alzai un sopracciglio, facendola ridere.

“Domani,”disse, “andremo da Bostar e vedremo cosa ne pensa.”

“Sì, potrebbe darci venti pagnotte per quello zaffiro.”

“Ah! Se è uno zaffiro stellato come dici tu, potrebbe darci tutta la sua pasticceria. Forni, tavoli, buoi, tende e tutto il resto.”

“Davvero?” Ci pensai su per un attimo. “Poi potremmo cuocere il nostro pane e scambiare il pane con il cotone.”

“Cotone? Perché cotone?”

“Così potremmo trasformarlo in filo.”

“Non so nulla dei filati. E tu?”

“Potrei imparare.”

“Scopriamo quanto vale questa piccola pietra prima di andare a cuocere il pane e filare il cotone,”mi rispose.

* * * * *

Quella notte, aspettai per essere sicura che Yzebel dormisse profondamente prima di andare via.

Quando arrivai alla tenda della ragazza schiava, il cestino di cotone e il suo attrezzo rotante erano spariti. Non sapevo cosa pensarne, nel bene o nel male, qualcosa era successo da quando ero passata con il mio carico di pane prima del tramonto.

Mi ci volle solo un momento per decidere cosa fare. Con la mano sul mio fianco, corsi lungo il sentiero che portava allaCollina Rocciosa e nel bosco. Seguii il sentierosu cui Tin Tin Ban Sunia e io avevamo portato il cestino con i filati, arrivando infine al sentiero che portava alla solitaria capanna dove viveva il grasso uomo peloso.

La luce della luna proiettava ombre nere lungo il sentiero. Corsi dietro uno degli alberi e mi premetti contro il tronco, nascondendomi lì per osservare la capanna. Gli unici suoni che sentii furono un cane che abbaiava da qualche parte in basso nell’accampamento principale e il mio respiro uscirein brevi sbuffi. Nulla si mosse da nessuna parte. Corsi dietro un altro albero più vicino alla porta principale e rimasi perfettamente immobile, ascoltando. Niente, non un suono provenne dall’interno.

Corsi a un lato della capanna e mi avvicinai a una finestra, ma era chiusa. Dopo un momento, mi diressi verso il retro della capanna e trovai un’altra finestra con le persiane aperte. Mi avvicinai al bordo della finestra per sbirciare dentro; era buio pesto. Mi chinai sotto la finestra per guardare dall’altra parte ma non vidi comunque nulla. Mi appiattii contro il muro e ascoltai. Sentii un debole suono come respiro affannoso, ma forse erano solo il mio respiro irregolare e il mio cuore.

Se fossi stato più coraggiosa, sarei scivolata dentro e avrei cercato di trovare Tin Tin Ban Sunia nell’oscurità, ma sarei solo riuscita a farla picchiare di nuovo.

Correndo da un’ombra d’albero alla successiva, raggiunsi il sentiero e tornai al campo con il cuore pesante.

* * * * *

Su Via degli Elefanti, trovai Obolus che sgranocchiava il fieno al chiaro di luna.

“Ciao, Obolus.”

Sembrava non notarmi mentre cercava altro fieno. Il suo essere a mio agio con me nelle vicinanze era un buon segno. E sapevo cosa gli avrebbe fatto piacere.

“Torno subito.”

Guardai su e giù per il sentiero per essere sicura che non ci fosse nessuno in giro, poi attraversai la strada per prendere un enorme melone a strisce verdi. Era così grande che non riuscivo quasi a trasportarlo.

Quando tornai da Obolus, sollevò la proboscide e aprì la bocca, ma il melone era troppo pesante per me perché potessi sollevarlo. Pensai di lasciarlo cadere a terra per aprirlo e dargliene un pezzo alla volta, ma poi avrebbe perso il succo che gli piaceva così tanto. Sollevai il melone, e questa volta l’animale arricciòla sua proboscide sotto il frutto, e insieme glielo abbiamo infilato in bocca. Inclinò la testa all’indietro, schiacciando il melone come un grosso uovo. Dopo averlo finito, mi sfiorò con la sua proboscide, facendomi quasi cadere.

“Obolus,” dissi ridendo. “Faresti meglio a non spingermi così.”

Gli afferrai la zanna con entrambe le mani, tirando più forte che potevo. Alzò la testa, sollevandomi da terra. Urlai ridendo e lui gentilmente mi posò a terra.

“Vorrei potermi arrampicare sulla tua testa e cavalcare sulla tua schiena come fanno i conduttori di elefanti.” Gli diedi una pacca sul lato del viso. “E perché non dormi? È molto tardi, lo sai.”

Quando cercò altro fieno, andai dall’altra parte del suo pagliaio e presi un oggetto simile a un mattone.“Che cos’è questo, Obolus?”

Lo sollevai in modo che potesse vederlo. Era una specie di blocco compresso contenente carote, datteri e olive, insieme ad altre verdure verdi e gialle.

Obolus lasciò cadere il fieno e prese il mattone. Se lo mise in bocca, lo sgranocchiò e deglutì.

“Beh, spero che fosse qualcosa che potresti mangiare.”

Qualunque cosa fosse quel mattone, sembrò soddisfare la sua fame perché si inginocchiò sulle zampe anteriori, abbassò quelle posteriori a terra e rotolò piano su un fianco.

“Vedo che finalmente ti riposerai un pochino.”Afferrai un carico di fieno e lo lasciai cadere a terra vicino al suo petto, l’animale ci arrotolò la proboscide. “No!”La spostai via. “È il mio letto quello che stai cercando di mangiare.”

Sparpagliai il fieno e vi strisciai sopra, posando la testa sulla sua proboscide arrotolata. Emise un grande sospiro e sapevo che presto si sarebbe addormentato. Rotolai su un fianco e chiusi gli occhi.

Qualche tempo dopo quella notte, mi svegliai di soprassalto: qualcuno si era mosso nel fieno accanto a me!

Capitolo Dieci


Rotolai via, pensando che potesse essere Sakul. Sbattei contro la proboscide di Obolus ma poi capii chi era l’altra persona.

“Tin Tin Ban Sunia!”Gridaie mi allungai per abbracciarla. “Ero così preoccupata per te.”

L’elefante alzò la testa per vedere quale fosse il problema.

“Va tutto bene, Obolus.” Gli accarezzai la proboscide. “È la nostra amica Tin Tin Ban Sunia. Vedi, è una ragazza,proprio come me.”

Il grande elefante ci guardò per un momento, poi posò la testa e chiuse gli occhi.

“Fammi vedere la tua faccia.”Girai delicatamente la testa della ragazza. Alla luce della luna, vidiil suo brutto livido viola e l’occhio nero. Il suo labbro spaccato era gonfio e scolorito. “Ucciderò quel vecchio grassone per quello che ha fatto. Perché è così cattivo con te?”

“Tin tinbansunia?”Chiese lei, indicando l’enorme animale che stava dormendo accanto a noi.

“È Obolus, è un mio amico. Mi ha tirato fuori dal fiume, poi mi ha salvato da Ukaron, che ha cercato di soffocarmi. In questo modo.”

Mi misi le mani attorno alla gola, alzai gli occhi e tirai la lingua fuori dal lato mentre scuotevo la testa. Lei rise e mi spostò le mani dalla gola.

“Sei scappata?”Chiesi. “Sai che verrà a cercarti domani mattina.”

Tin Tin sorrise, accarezzando il fieno dove eravamo sedute.

“È il mio letto. Mi piace dormire qui, vicino a Obolus.” Mi distesi sul fieno. “Sdraiati come me, cosìpotremo guardare le stelle.”

Mi distesi per farle vedere come e lei si sdraiò accanto a me.

“Tin tinbansunia,” disse e indicò una stella che sembrava più luminosa delle altre.

“È bellissimo.”

C’erano molte cose che volevo chiederle. Il lato del suo viso doveva farle male, e anche la nuca, nel punto in cui aveva colpito l’albero. E il marchio sul suo viso – come deve aver gridato quando l’ha marchiata. Mi chiedevo da dove venisse e come avesse imparato a creare il filo e quale lingua parlasse. Probabilmente era curiosa riguardo a me, chiedendosi da dove venissi e perché dormissi accanto a un grande elefante.

Cercai di ricordarmi dove fossi solo tre giorni fa, ma ben poco era rimasto nella mia memoria. La mia vita sembrava essere iniziataal fiume, poco prima che Obolus mi salvasse dall’annegamento.

Perché quegli uomini mi hanno gettata nel fiume? Chi erano?

Non riuscivo a ricordare nulla. Ricordavo solo di aver avuto molto caldo e di non aver voluto altro che dormire, poi la forte proboscide di Obolus mi si era avvolta intorno per tirarmi fuori dall’acqua.

“Tin tinbansunia,” dissi

La ragazza ridacchiò e mi si rannicchiò vicino.

* * * * *

Mi svegliai per via della paglia che mi cadeva sul viso. Obolus torreggiava su di me, mangiando dal suo pagliaio prima dell’alba. Mi chiedevo se Tin Tin dormisse ancora, ma se n’era andata.

“Dov’è andata?”Chiesi a Obolus quando mi alzai e mi stiracchiai.

La sua grande proboscidemi si avvicinò e mi si avvolse attorno alla nuca per poggiarsi sulla mia spalla. La accarezzai.

“Immagino che volesse andare via prima che l’uomo grasso si svegliasse e scoprisse che non c’era.”

Sollevai la sua proboscide dalla mia spalla.“Torno subito,” dissi, poi camminai lungo Via degli Elefanti.

Accanto al sentiero, trovai quello che cercavo: più di quei blocchi alimentari. Ce n’era una pila dietro un pagliaio a metà del sentiero. Ne presi due e tornai di corsa da Obolus.

Gli piacevano davvero quei blocchi. Quando finì il secondo, succhiò l’acqua dal suo abbeveratoio e se laversò in bocca.

“Devo andare, Obolus.” Gli diedi una pacca sul lato del viso. “Verrò a vederti più tardi oggi dopo aver terminato il lavoro.”

Emise un suono rimbombante e sollevò un po’ di terra con la zampa. Non ero sicurase volesse dirmiarrivederci oppurese avesse ancora fame.

* * * * *

Tornai alla tenda prima che Yzebel si svegliasse, quindi spazzai via le ceneri dal fuoco della notte precedente per scoprire alcuni carboni ardenti. Vi aggiunsi dei ramoscelli e delle foglie e presto il fuoco divampò. Dopo aver riempito una pentola con l’acqua dalla borraccia, la posizionai sulle pietre del focolare.

Yzebel sembrò sorpresa quando uscì dalla tenda e mi trovò a lavorare al focolare, ma poi sorrise e inspirò profondamente l’aria fresca del mattino.

“Partiamo presto per barattare per leprovviste,”disse Yzebel. “Poi andremo a vedere Bostar per quanto riguarda lo zaffiro.”

 

“D’accordo.”

Spinsi tre grossi bastoncini di legno sotto la pentola, mi alzai e mi lavai le mani, pronta per partire.

Il sole sorse non appena oltrepassammo la fine di Via degli Elefanti e continuammosul Sentierodelle Ceramiche. Stavamo andando dall’uomo dell’orzo per vedere se avesse del grano duro.

“Sei mai stata nella città di Cartagine?”Chiesi.

“Sì, ma è un posto enorme, con così tante persone che sono sempre di corsa. Ci vado solo se mi serve assolutamente qualcosa che non posso trovare qui.”

Un carretto a due ruote venne verso di noi sullo stretto sentiero. Un vecchio con una tunica laceravi zoppicava accanto. Schioccò la frusta sulla testa del bue. Yzebel e io ci spostammo dal sentiero per lasciarlo passare. Vidi le ceramiche ammucchiate nel carretto. Tutte le ciotole, i vasi e le brocche erano decorate con navi dipinte, soldati ed elefanti. Uno strato di paglia faceva loro da cuscinetto sulla pista accidentata. Aveva infilato altra paglia tra i vari pezzi.

Tornammo sul sentiero per continuare il nostro cammino. “Ti piace vivere nel campo?”Chiesi.

“Sì, mi piace. Qui puoi conoscere le persone e fare amicizia. In una città grande, a nessuno importa degli altri. La loro unica preoccupazione è separarti dai tuoi averi. Se non hai nulla di valore, allora sei inutile per loro.”

Oltre le ceramiche, arrivammo a un conciatore. L’odore del posto era terribile, come l’odore della carne in decomposizione, ma Yzebel si fermò per dire buongiorno. La sua tenda era attaccata al lato di un carro a due ruote, ma le ruote erano a raggi, e non solide come quelle del carro del vecchio con il carico di ceramiche. Una tenda da sole copriva il suo spazio di lavoro e gli faceva ombra, e diverse pelli di capra erano stese tra i pali di supporto affinché si asciugassero. Una pila di spessi pellami di bue giaceva alle sue spalle. Usava un martello di legno e una serie di piccoli pugni di ferro per decorare una corazza di cuoio con una scena di battaglia. Il pettorale giaceva su un blocco di legno rotondo posizionato sulle sue cosce.

L’uomo disse buongiorno e sorrise mentre metteva da parte il suo lavoro. Si alzò in piedi e fui sorpresa di vedere che non era molto più alto di quando stava seduto. Le sue gambe magre si piegarono e dovette alzare lo sguardo per guardarci.

Una donna uscì dalla tenda e prese le mani di Yzebel tra le sue.

Yzebel sorrise alla moglie del conciatore. “Buongiorno, Avani.”

“E questa chi è?”Avani mi indicò.

“Lei è Liada.”

“Liada? Laprigioniera della Rocca di Byrsa?”

Annuii.

“È lì che avevo già sentito quel nome.” Disse Yzebel. “Proviene dalla leggenda della principessa Elissa.” Mi guardò, corrugando la fronte.

“Dove l’hai trovata?” Chiese Avani a Yzebel.

Yzebel si voltò di nuovo verso la donna. “È arrivata ai miei tavoli solo l’altro giorno e ha deciso di restare.”

“Ti sarà di grande aiuto, Yzebel. Hai sempre da fare con tutti quei soldati che vengono ogni notte.”

Yzebel mi mise un braccio attorno alle spalle. “Potrebbe essere,” disse e mi fece l’occhiolino.

Lasciammo il conciatore e sua moglie e oltrepassammo molti altri pellettieri mentre il sentiero percorreva un dolce pendio e attraversava gli alberi di carruba. Le lunghe e sottili foglie degli enormi alberi frusciavano nella brezza mattutina.

“Come si chiama questa collina?”Chiesi.

“Fonte fredda,”mi rispose Yzebel. “A causa della sorgente che scorre da sotto una grande pietra dall’altra parte. L’acqua è sempre gelida, anche nei giorni più caldi.”

In fondo alla collina, arrivammo a un altro sentiero che si chiamavaSentiero dei Tessitori.

“Tutti nel campo prendono la loro acqua fresca dalla sorgente.”

Abbiamo visto molte persone impegnate a realizzare tessuti lungo entrambi i lati di questo nuovo sentiero.

“Dove vanno tutte le ceramiche e le stoffe?”

“Quasi tutto ciò che viene prodotto nel campo va all’esercito,”rispose Yzebel. “Soprattutto, ci sono armi e armature, ma i soldati hanno bisogno anche di altre cose. Abiti, ciotole, cibo, tende e qualsiasi altra cosa ti venga in mente. Ciò che l’esercito non compra va a Cartagine. Poi i mercanti caricano tutte le merci sulle navi per portarle attraverso il mare per barattare per oro, argento, spezie, seta e buoi.”

Il numero di persone che conoscevano Yzebel era incredibile. Parlò con molti di loro lungo ogni sentiero.

Arrivammo in una piazza ombreggiata da alberi nel mezzo del Sentiero dei Tessitori, dove venti donne e ragazze, insieme a un uomo, erano tutte impegnate ai loro telai.

Una donna tesseva su un telaio verticale, mentre due ragazze identiche presero un grande quadrato di materiale da una vasca piena di acqua tinta. Le ragazze attorcigliarono il tessuto tra loro per strizzarlo, poi lo appesero a una corda stesa tra le palme vicine.

Lungo la parte inferiore del telaio della donna, pesanti pietre stringevano le corde verticali mentre lei correva avanti e indietro una spoletta trasversalmente, tirando dentro e fuori il filo intrecciato tra le corde. Una volta completate tre o quattro file, usò un pettine in osso per spingere i fili intrecciati contro le file precedenti.

“Buongiorno, Yzebel.”La tessitrice lasciò oscillare la spoletta. “Non fai colazione con noi?”

“Oh no, Riona. Dobbiamo andare dall’uomo dell’orzo prima che finisca il grano.”

“Vedo che hai un’aiutante oggi.” Riona mi sorrise e sembrò non sentire le parole di Yzebel. “Kazza, Belala,” chiamò le sue figlie. “Portate il latte di quella capra e il burro che avete preparato ieri sera.”

“Sì, Madre,”risposero le ragazze insieme quando finirono di appendere il tessuto rosso-viola per farlo asciugare al sole del primo mattino.

“Questa è Liada,”disse Yzebel. “È–”

“Tu e Liada sedetevi su quel tronco,” disse Riona, prima che Yzebel potesse finire. “Vedo se ci è rimasto del pane di Bostar.” Aprì il lembo della tenda e scomparve al suo interno.

“Guarda,” dissi a Yzebel quando ci sedemmo. Indicai un cestino pieno con grandi gomitoli di lana accanto al telaio della donna. Pensai a Tin Tin con il suo strumento rotante e alla rapidità con cui le sue mani lavoravano.

“Quello è il filo per la stoffa di Riona,”mi spiegò Yzebel.

I gomitoli di lana erano tinti di giallo, marrone e rosso. “Non è bello”, chiesi, “come usa i diversi colori per intrecciare un motivo nel tessuto?”

“Sì. Si chiama armatura. Mi chiedo quanto del tessuto di Riona ci serviràper creare nuovi abiti per noi e una tunica per Jabnet.”

Guardai Yzebel, chiedendomi se avessi sentito bene. Nuovi abiti per noi? Mi piacerebbe tanto avere un vestito fatto con il tessuto di Riona.

Kazza e Belala portarono una brocca di latte e una grande ciotola con del burro. Entrambe le mani delle ragazze erano macchiate di quell’insolito colore rosso-violetto. Quella che trasportava il burro lo porse a sua sorella e corse a prendere un panno spesso da stendere a terra. Sistemarono il latte e il burro sul panno. La madre uscì con il pane e tutte e tre si inginocchiarono per terra, le due sorelle vicino a me, con la madre di fronte a loro. Le ragazze mi guardarono mentre la madre tagliava il pane e vi spalmava uno spesso strato di burro. Sembravano particolarmente interessate al mio braccialetto. Nessuna delle due indossava gioielli.

“Kazza,” disse Riona. “Come facciamo a bere senza tazze?”

La ragazza ridacchiò e si alzò per andare a prendere le ciotole.

“Com’è la vita ai tavoli di Yzebel?” Chiese Riona, porgendomi una fetta di pane imburrata.

“È impegnativagiorno e notte,”rispose Yzebel. “Stiamo andando a prendere carne di capra, orzo, vino… cos’altro ci serve, Liada?”

“Meloni, arachidi e abbiamo quasi finito il sale.”

“Tutti sono a corto di sale,”disse Riona. “Sta diventando molto prezioso.”

“Per favore, Madre, posso chiedere?”

“Che cosa c’è, Kazza?”

“No, non sono Kazza, Madre.” La ragazza alzò gli occhi al cielo. “Sono Belala.”

“Oh, un giorno vi taglierò un orecchio o un naso solo per potervi distinguere l’una dall’altra.”

Non ero sicura che questo fosse divertente, ma quando le ragazze si sciolsero in risatine, risi anche io.

“Va bene, Belala,” disse sua madre. “Fa’ la tua domanda.”

“Dove hai preso il tuo braccialetto?”Chiese lei, cercando di soffocare le sue risate.

“Me l’ha dato Yzebel.”

“Possiamo vederlo?” Chiese Kazza.

Allungai loro il polso mentre prendevo un morso di pane. Girarono il braccialetto per studiarlo da ogni angolazione.

“Elefanti!”Esclamò una di loro.

“Sì,”rispose l’altra. “E guarda qui, in alto. È bellissimo.”

“Hai visto le parole?”Chiese una ragazza all’altra.

“Parole?” Guardò più da vicino. “Sì, mi chiedo cosa dicano le parole.”

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