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I Puritani di Scozia, vol. 1

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»Non v'è chi ignori, o Milady, s'affrettò a dire Bothwell, esser questo il solito stile onde i buoni servitori del re vengono accolti fra le mura di Tillietudlem.»

»In tutte le occasioni, soggiunse lady Bellenden che molto si compiacque di un tal complimento, procuro compiere i miei doveri con onore e con lealtà. Anzi non è tanto tempo, signor sergente, dacchè sua maestà il re, or sì gloriosamente regnante, e che forse ha tuttavia la clemenza di rammentarsi di quanto son per narrarvi, si degnò onorare in persona il mio castello, e accettare una colezione in una sala che vi sarà fatta vedere, e che oggi ancora chiamiamo la sala del re.»

Bothwell avea già fatto scendere da cavallo i suoi uomini e raccomandato a due d'essi di vegghiare sul prigioniero, per la qual cosa potea continuare senza divagarsi il parlamento che la signora del luogo aveva avuto la bontà d'intavolar seco lui.

»Poichè il re mio padrone, o Milady, ebbe il vantaggio di sperimentare la vostra ospitalità, non maraviglio s'ella si estende a tutti quei che lo servono, e il cui merito principale stassi nella fedeltà. Io poi appartengo a sua maestà più da vicino di quanto la mia divisa di sergente sembra indicarlo.»

»Davvero, o signore? Forse avrete fatto parte della casa reale?»

»Ne fo tuttavia parte, o Milady; ed ho quindi il diritto di vantarmi congiunto per sangue alle famiglie le più nobili della Scozia, e forse a quella ancor di Bellenden.»

»Non vi comprendo» soggiunse lady Margherita, che sollevò il capo in aria schifiltosa, e intesa a provare come ella avesse per uno scherzo male a proposito sì fatto dire.

»Nella condizione cui scesi, o Milady, è forse una follia in me il riandare tai ricordanze; ma voi dovreste aver udito parlare del mio avolo Francesco Stuardo, cugino germano di Giacomo I, che gli conferì il titolo di conte di Bothwell. La vita di lui non fu che una lunga sequela di sventure, nè il portarne il nome mi è stato sorgente di grandi vantaggi.»

»Veramente, soggiunse lady Margherita con tuono di maraviglia ad un tempo e di simpatia, avea ben io udito parlare che il pronipote di quest'uomo celebre non godea d'uno stato corrispondente alla propria nascita; ma fui ben lungi dall'immaginarmi, ch'egli avesse avuto sì poco avanzamento nella carriera militare. Come può essere che la fortuna abbia trattato così aspramente un germoglio della dinastia degli Stuardi?»

»Tutto ciò, o Milady, è nel corso ordinario delle umane cose. Ho avuto alcuni lampi di buona sorte. Ho votato più d'un fiaschetto in compagnia di Rochester; mi son dato più d'una volta bel tempo insieme a Buckingam: ho fatta la guerra ed avuta comunanza di diporti con Sheffield; ma tutti questi amici, che m'ebbero volentieri per compagno ne' loro sollazzi, non hanno poscia giammai pensato a giovarmi. Forse (aggiunse con acerbità) non ho saputo mostrarmi assai commosso dall'onore, che questi potenti grandi di nuova data compartivano ad un discendente degli Stuardi coll'ammetterlo nella lor società.»

»Ma i vostri amici di Scozia, o signore Stuardo, la vostra famiglia che in questo paese è sì numerosa e possente!»

»Che volete, Milady? Alcuni di questi m'avrebbero volentieri preso per guardia delle loro foreste, godendo io fama di buon cacciatore; altri mi avrebbero affidato l'incarico di difenderli in private querele perchè so adoperar bene la spada. Avvene alcuni che in mancanza di più scelti convitati m'avrebbero ammesso alla loro mensa non mi stando io dal votare i miei tre fiaschetti con leggiadria; ma servir per servire, parenti per parenti, ho preferito il prender servigio sotto mio cugino, Carlo II, benchè la paga sia poca, e la divisa non molto brillante.»

»È una vergogna, un vero scandalo! proruppe lady Margherita. E perchè non vi volgete a dirittura a sua maestà? Il re si troverebbe, cred'io, ben sorpreso, in veggendo un rampollo della sua augusta casa…»

»Perdonate la franchezza d'un soldato, o Milady. Pur conviene ch'io lo dica. Il re pensa molto più ai suoi propri rampolli che a quelli del bisavolo di suo nonno.»

»In somma, signore Stuardo, dovete promettermi di dormire questa notte a Tillietudlem. Aspetto qui domani il vostro colonnello, il bravo Claverhouse, al quale il re ha molta obbligazione: vengono di fatto da questo ufiziale i severi provvedimenti che sono stati presi onde estirpare da' nostri dintorni tutti i facinorosi, tutti coloro che aspirano a rovesciare il governo. Gli domanderò il vostro avanzamento, il vostro pronto avanzamento, e son certa e del rispetto suo al sangue che vi scorre per le vene, e de' riguardi di cui si pregerà verso una lady che ha ricevuto tanti contrassegni di distinzione da sua maestà; quindi non lascerà priva d'effetto la mia domanda.»

»Vi son grato, Milady. Rimarrò qui certamente poichè a tanto m'incoraggiate; e mi giova anche perchè avrò più presto occasione di presentare al mio colonnello il prigioniero che ho meco.»

»E chi è questo prigioniero, signore Stuardo?»

»Un giovane, se vogliamo, di buona famiglia, che ha dato ricovero e agevolati i modi della fuga ad uno fra gli uccisori dell'arcivescovo di Sant'Andrea.»

»Quale obbrobrio! sclamò lady Bellenden. Par fino impossibile che un uomo di buona nascita consenta a farsi protettore d'un assassino, e soprattutto dell'assassino d'un rispettabile vecchio, d'un arcivescovo, d'un primate. Ho una prigione all'uopo, signore Stuardo; ve ne fo dar tosto la chiave. È quella stessa prigione, entro cui il mio povero sir Arturo Bellenden fece rinchiudere ventidue wig dopo la battaglia di Kilsythe; non può dirsi mal sana, perchè non è che due piani sotterra, e dovrebbe anche avere uno spiraglio per rinnovar l'aria.»

»Domando mille volte perdono, o Milady. Non è già ch'io dubiti dei meriti ammirabili della vostra prigione, ma ho promesso d'usare riguardi al mio prigioniero; vi chiedo quindi per lui una stanza, e avrò cura io di farlo custodire in modo che gli sia impossibile la fuga quanto se avesse i ceppi ai piedi e alle mani.»

»Come giudicate più a proposito, signore Stuardo; niuno meglio di voi conosce i vostri doveri. – Vi lascio. Ho dato gli ordini al mio intendente Harrison onde siate provveduto di quanto vi possa occorrere. Avrei il massimo piacere nel tenervi compagnia io medesima; ma…»

»Non fate complimenti, o Milady. Comprendo benissimo che la divisa di sergente distrugge qualunque privilegio potesse derivarmi dal real sangue di Giacomo V.»

»Non è per riguardo mio, signore Stuardo; mi fareste un torto col crederlo!.. ma domani parlerò al vostro colonnello e spero vedervi presto innalzato a tal grado, che vi renda più piacevole la ricordanza del nascer vostro.»

»Temo assai, Milady, sul verificarsi della vostra speranza, ma non vi sono quindi men grato delle buone intenzioni che a mio favore manifestaste. Ad ogni evento avrò passata una buona serata col sig. Harrison.»

Dopo di che lady Margherita gli fece un grazioso inchino, adatto a provare quanti riguardi ella serbasse al regio sangue comunque scorresse nelle vene di un sergente delle guardie; poi nel ritirarsi lo assicurò, che tutto quanto trovavasi nel castello di Tillietudlem era a piacere di lui e della sua gente a cavallo.

Al qual proposito il nostro sergente non si ristette dal prenderla esattamente in parola. Da lungo tempo ei non era molto sofistico nella scelta de' suoi compagni, e per vero dire sentì come avrebbe goduto di maggior libertà standosene coll'intendente che costretto a passare la sera colla cerimoniosa signora del castello. La sua prima fazione si fu il procacciare al prigioniero una stanza, e la esaminò egli medesimo per accertarsi che non vi fossero più d'un'uscita o modi facili per fuggire dalle finestre. Posta indi una guardia alla porta promise a Morton d'inviargli una cena, ed un fiaschetto del miglior vino che fosse nella cantina di milady; indi s'andò a mettere a tavola con Harrison e con Gudyil, che ne fecero ottimamente gli onori aggiugnendo appetito al convitato col lor buon esempio.

CAPITOLO IX

 
Scorgi il lido tuttor, mia navicella,
E se' ludibrio ai venti e alla procella.
 
Prior.

Intantochè lady Bellenden avea col nobile sergente il colloquio da noi narrato testè, la pronipote non accesa d'egual entusiasmo siccome l'ava per tutto ciò che perteneva a regio sangue, nulla più sapea scorgere in Bothwell d'un gaglioffone ben complesso, i cui lineamenti abbronzati presentavano una singolare mescolanza d'imprudenza e d'abbiezione, di gaiezza e di mal'umore; laonde si trasse in disparte con Jenny Dennison che compiea verso lei gli ufizi di cameriera. Nè maggiore attenzione i soldati ottennero da miss Editta, datasi unicamente a contemplare il prigioniero, che per la cura appunto di nascondersi il volto col mantello eccitava vie più la curiosità della giovane.

»Vorrei sapere chi sia questo povero infelice» diss'ella a Jenny.

»A ciò pensava io parimente, o miss Editta: io temea forse Cuddy; ma Cuddy dovrebbe essere più piccolo. – Però… non mi sarà tanto difficile il saperlo, conosco uno di quei soldati… il più giovane fra i quattro… quello che ha migliore fisonomia.»

»E in qual modo è che lo conoscete?»

»Mio Dio, miss Editta! Egli è Tom Holliday, quel soldato che fu ferito pochi passi lungi da qui, e che si è trattenuto più d'un mese in questo castello. Oh! posso domandargli quello che voglio, ben certa di non averne ripulse.»

»Trovate adunque un'occasione onde chiedergli il nome del prigioniero, indi venite a raggiugnermi nelle mie stanze. Egli è forse qualche nostro confinante, qualche persona alla cui sorte prendiamo parte.»

Jenny adempiè tosto il ricevuto comando, nè fu tarda a ricondursi dalla padrona, ma con tale fisonomia che ben ne dava a divedere la sorpresa e la costernazione.

 

»Ebbene, Jenny! sclamò miss Bellenden. Che vuol dire questo smarrimento che vi si legge nel volto? Il prigioniero sarebbe egli mai veramente il povero Cuddy?»

»Cuddy, miss Editta! (Rispose Jenny, ben consapevole del cordoglio che stava per arrecare alla sua giovine signora) no, no, non è Cuddy… Oh! chi l'avrebbe mai sognato?.. Egli è… il sig. Enrico Morton.»

»Enrico Morton! sclamò Editta impallidendo a sua volta. Questa cosa è impossibile, assolutamente impossibile. Lo zio di Morton non ha che fare nulla co' ribelli. Il ministro di Milnwood ha prestato il suo giuramento di sommissione alle leggi, Enrico non si è mai ingerito nelle sfortunate nostre querele. Egli è del certo innocente.»

»Non son questi i tempi, o mia signora, in cui si cerchi sapere se un uomo è innocente o colpevole. Fosse ei più bianco della neve che copre le nostre montagne, si troverebbe modo, se almeno così si volesse, di farlo comparire più nero d'un corvo. Ah! Tom Holliday mi ha affermato ch'ei non è in rischio minor della vita.»

»Della vita! (sclamò miss Bellenden che appena avea forza di respirare) fa mestieri ch'io 'l veda, ch'io gli parli… Gli è assolutamente d'uopo salvarlo.»

»Deh! mia cara miss, pensate a lady Bellenden, ai pericoli, alle difficoltà. Egli è guardato a vista sintantochè arrivi il colonnello, e se il povero sir Morton non arriva a convincerlo della sua innocenza, vedo le cose avviate malamente per esso.»

»Se bisognerà ch'io muoia, o Jenny, morirò seco lui. Non mi opponete pericoli o difficoltà. Fate ch'io parli ad Holliday, conducetemi a lui; mi getterò a' suoi piedi, pregherò, supplicherò, gli dirò: per poco che abbiate un'anima!…»

»Che cosa mi tocca ascoltare? miss Bellenden a' piedi d'un Holliday parlando di anima a tal'uomo che sa appena d'avere un'anima! Cattivo divisamento, mia cara padrona! e il cui buon successo inoltre è impossibile! Quando siate veramente ferma nel voler vedere il sig. Enrico, lasciate condurre a me tale faccenda; benchè per vero non veda a che vi gioverà l'averlo veduto. Io so come debbo prendere la cosa con Holliday; è desso che questa notte farà la guardia alla porta del prigioniero. Ma primieramente gli è necessario, che addossiate una delle mie vesti per non essere riconosciuta; e viene appunto a favorirne l'oscurità della notte.»

»Andatemene presto a cercare una, o Jenny, non perdete un instante. Fa d'uopo ch'io 'l veda. Troverò ben io qualche via di salvarlo.»

Jenny corse lesta nella propria stanza, e portando con sè una delle sue vesti, la pose indosso alla padrona, che appoggiandosi al braccio di lei, si avanzò con passo tremante verso la camera, ove Enrico stava racchiuso.

Era situata nella torre principale sì fatta stanza, e metteva ad una loggia, che Holliday stava scorrendo in lungo ed in largo; perchè Bothwell fedele alla promessa di usare riguardi al prigioniero, non volle mettere in una medesima camera con esso l'uomo cui lo aveva dato in custodia. Holliday colla sua carabina sulle spalle scacciava la noia dell'esser solo innaffiandosi a quando a quando il gorgozzuolo con un fiaschetto di vino posto sopra una tavola, e che veniva dopo un boccale di birra, cui la nostra scolta aveva già tracannata. Le due donne giugnendo alla porta della loggia lo udirono cantare questi ultimi versi della prima strofetta d'una canzone scozzese:

 
Metti in bando i sogni tuoi,
Monta in groppa insiem con me.
 

»Sopra tutto, dicea Jenny a miss Editta, lasciatemi fare. So come devo condurre il mio uomo. Quanto a voi, non dite una sola parola.»

Dopo avere aperta la porta, assunse un tuono di civetteria villereccia; e si mise a continuar la canzone al punto in cui l'aveva interrotta Holliday.

 
Quel giubbon non mi talenta.
Invaghì di me un milordo.
Già con lui stretto è l'accordo.
Cerca un'altra che consenta
Starsi in groppa insiem con te.
 

»Una disfida!» sclamò Holliday, e quel ch'è più due contra uno, ma un buon soldato non si lascia mai far paura. Statemi ad udire. E così continuò la canzone.

 
Il milordo non ti cura,
Mia regina, e a parlar schietto
Ti burlò giurando affetto.
Sarà ancor tua gran ventura
Starti in groppa insiem con me.
 

»Adesso pagatemi la mia canzone» disse egli a Jenny, e in questa si fece innanzi per darle un abbraccio.

»Adagino, sig. Holliday! adagino! le disse costei rispignendolo. Che penserebbe di me mia cugina se vi lasciassi fare? Ah! se non vi contenete con più decenza, vi giuro bene che non mi vedrete più. Non vi vergognate d'aver sì poco rispetto pel nostro sesso? mi credeste qui venuta con qualche intenzione?..»

»E perchè dunque ci siete venuta, miss Jenny?»

»Mia cugina ha bisogno di parlare al vostro prigioniero, al sig. Morton, ed io soltanto venni per accompagnarla.»

»Davvero! Oh diavolo! E come contate di fare per entrare in quella camera? Nè voi, nè vostra cugina mi parete sottili tanto da poter passare pel buco d'una serratura. E quanto ad aprir la porta, mie vezzose signorine, è inutile pensarci sopra.»

»È inutile pensarci sopra? È anzi quel che ha da essere» rispose senza scompigliarsi Jenny.

»Me ne rallegro, miss Jenny; almeno l'idea è speditiva» e detto questo ritornò a camminare su e giù per la loggia con al braccio la sua carabina.

»Non volete dunque lasciarci entrare, sig. Holliday? Ebbene il male sarà tutto vostro! Questa è l'ultima volta che mi vedrete e conserverò per me quello che io aveva preparato per voi.»

E così dicendo si faceva passare dall'una all'altra mano un dollaro d'argento.

»Dategli oro» le dicea sotto voce miss Editta.

»Oibò! per lui basta argento; e poi se gli offrissi oro prenderebbe sospetto che foste d'una condizione più elevata di quanto date a divedere. – Ebbene, sig. Holliday; Mia cugina non ha tempo di piantarsi qui di fazione. Pensate se vi conviene lasciarci entrare; se no, buona notte!»

»Un momento! disse il soldato, un momento! capitoliamo un tantino. Se io permetto a vostra cugina d'introdursi là entro, mi terrete voi compagnia sintanto che ella ritorni? Questa è la via di trovarci tutti contenti.»

»Ben pensata! E credete voi forse che mia cugina ed io siam donne di tal'umore da avventurarci sole, ella con un giovine, io con un soldato? No, no, sig. Holliday cancellatelo dai vostri libri. Mio Dio! qual differenza tra le promesse e i fatti di certe persone! Quante volte v'ho udito dirmi: Domandatemi tutto quel che volete! e la prima volta che vi chiedo qualche cosa, è questa la compiacenza che mi usate! Oh non era così che si comportava il povero Cuddy, da voi tanto sprezzato! si sarebbe tolto a patto di essere appiccato piuttosto che fermarsi due volte a ragionare sopra una cosa di cui l'avesse pregato Jenny.»

»Cuddy vada al diavolo! sclamò il dragone. La mia speranza è che sarà appiccato sul serio una di queste mattine. L'ho veduto quest'oggi a Milnwood colla sua vecchia strega di madre ed ha mancato sì poco da tenermelo per sicuro, ch'io non mel conducessi attaccato alla coda del mio cavallo colle mani e co' piedi legati. Ah! c'era bene tutto il motivo di fermarlo!»

»A maraviglia! a maraviglia! ma se voi costrignete Cuddy a prender la fuga per mezzo a monti e foreste, abbiatevi occhio alla vita, perchè è tale da giugnervi con un buon colpo d'archibuso; e affè! tira a segno; fu il terzo alla gara del pappagallo. – Ma qui si va fuor di via. Voi non volete dunque lasciarci entrare? Andiamo cugina, spacciamoci da quest'uomo così scortese.»

»Aspettate anche un poco, Jenny. Diavolo! Mi credete sì inesorabile ad ogni parola che dico? – Il sergente adesso dov'è?»

»A tavola che mangia e beve in compagnia di Harrison e Gudyil.»

»E gli altri miei camerati?»

»Corteggiano sei galloni di birra, nè pensano che a votarli.»

»Se così è, non verranno qui che al momento di dovermi dare la muta; vale a dire fra un'ora. Ma, vezzosa Jenny, mi promettete voi di venire un'altra volta, e sola, a trovarmi?»

»Forse sì, forse no. Intanto ecco un dollaro, che vi procaccerà diletto per lo meno quanto la mia compagnia.»

»Dio mi danni, se questo è vero! disse egli prendendo la moneta. Non l'accetterei neanco se non fosse per compensarmi del pericolo cui mi cimento. Se il colonnello sapesse quanto oso per voi, mi farebbe cavalcare un cavallo di legno, alto come la torre di Tillietudlem. Su via! Ecco aperta la porta! Entrate, ma non vi perdete troppo lungo tempo a cianciare, e appena vi chiamo, uscite con prontezza come se udiste sonare a raccolta.»

Entrate ch'esse furono, Holliday chiuse la porta, riprese la propria carabina, e continuò, fischiando alternativamente e cantando, i suoi giri lungo la loggia.

Morton stava seduto coi gomiti appoggiati sopra una tavola e col capo sulle proprie mani. Sollevò gli occhi in udendo aprirsi la porta, e allorchè s'accorse delle due donne che entravano, si alzò in piedi facendo un atto di maraviglia. Editta, coperta d'un velo, rimaneva addietro senza avere forza di inoltrarsi o di parlare; perchè la modestia avea fatto sparire da lei quel coraggio che dianzi la disperazione sola inspirolle. In quel momento non vedea più quai modi vi fossero di soccorrere l'amante. Un caos angustioso d'idee le teneva l'animo, e fra queste per sin la tema d'essersi degradata agli occhi di Morton con una risoluzione mal conforme al decoro prescritto al suo sesso, comunque le circostanze sembrassero in tal qual modo scusarla. Rimasta immobile e quasi fuor di sentimento, l'ancella, al cui braccio ella reggeasi, adoperava invano sforzi ad assicurarla e a restituirle il coraggio dicendole sotto voce: »Ebbene, miss Editta, eccoci ove era nostra intenzione di essere! Profittiamo del momento. Il sergente può venire a far la sua ronda, e mai ci starebbe l'avventurare il povero Holliday ad essere punito per averne usata cortesia.»

Intanto Morton incominciò a sospettare la verità delle cose. Chi altri fuori d'Editta potea nel castello di lady Bellenden prendersi tanto pensiere di lui? Pure la foggia delle vesti addossate dalla sua incognita e il velo impedendogli ravvisarla, ei paventa persino d'esternare i dubbi in lui nati, e di arrecare, se falsi, un torto a colei che gli era scopo d'ogni tenera affezione. Finalmente Jenny, fornita d'un'indole disinvolta e risoluta, che la rendea sommamente atta a sostenere tai parti, si prese la sicurtà di rompere il diaccio.

»Sig. Morton, gli diss'ella, miss Editta afflittissima dello stato in cui vi trovate viene ella stessa…»

Nè le fu mestieri d'aggiugnere maggiori cose. Enrico era già a' piedi di miss Bellenden, già le avea presa una mano che si premeva al seno con tenerezza, largheggiandole di ringraziamenti, che la commozione destata nell'animo suo appena facea intelligibili.

Editta rimase immobile per alcuni minuti, siccome la statua d'una divinità rimane immobile innanzi alle turbe d'adoratori che le tributano voti. Tornata finalmente in se stessa, sciolse la propria mano da quelle di Enrico. »Mi perdonerete voi, gli diss'ella, avendo appena forza d'articolar le parole, mi perdonerete voi un atto che non so quasi io medesima perdonarmi? Ma l'amicizia che da lungo tempo ho concepita per voi è troppo forte per non lasciarmi il coraggio di abbandonarvi, allorchè v'abbandonano tutti gli altri. – Perchè dunque siete voi arrestato in tal guisa? Qual cosa può operarsi a vostro favore? Mio zio, che porta sì buona opinione di voi, il signor di Milnwood, non vi potranno essere giovevoli? Qual sarà la via onde salvarvi? Quali argomenti avete voi per temere?»

»Nessuno (sclamò Enrico impadronendosi della bella mano che gli era sfuggita, e che Editta allora non cercò più di ritrarre). Che che possa omai accadermi, questo istante sarà stato il più delizioso della mia vita. Io il riconosco da voi, cara Editta… Ah! avrei dovuto dire miss Bellenden, ma vuolsi concedere alla sciagura un qualche diritto. – Sì, riconosco da voi il solo istante di felicità che abbia abbellita la mia esistenza, e fossi anche costretto a perdere la vita, una tal rimembranza ne conforterà l'estremo periodo.»

»Ma è egli possibile, sig. Morton, che voi, il quale finora non prendeste veruna parte nelle nostre civili dissensioni, d'improvviso vi troviate fra mezzo ad esse, e fra mezzo in guisa che ad espiare il vostro fallo non corriate rischio minore?..»

Qui tacque la giovinetta, poichè ritrose ne furon le labbra ad esprimer la voce che la sua idea le suggeriva.

»Della vita; gli è quanto volete dire, rispose Morton colla massima calma. Io credo cionnullostante che questa vita dipenda affatto dalla volontà di chi dovrà giudicarmi. Le guardie cui sono affidato mi dipingono, come cosa possibile, che io ottenga la permissione di prendere servizio in un reggimento scozzese, ovvero in terra straniera. Non ha guari, io contemplava con qualche soddisfazione una sì fatta probabilità, ma dacchè vi ho riveduta, sento che l'esilio sarebbe per me più crudele della morte.»

 

»È egli dunque vero che giugneste a tal d'imprudenza di mettervi in qualche lega con alcuno degli sgraziati uccisori dell'infelice arcivescovo?»

»Nè tampoco io sapeva che il delitto fosse stato commesso, allorchè diedi asilo per una notte ad un di costoro, il quale però in altri tempi avea salvata la vita a mio padre. Ma tale scusa non mi verrà fatta buona. Eccetto voi, miss Bellenden, chi vorrà credermi? e vi confesserò pur anco che se questa circostanza mi fosse stata nota, difficilmente mi sarei indotto a lasciare in pericolo i giorni d'un uomo a cui mio padre avea dovuto la conservazione de' propri.»

»E qual è il tribunale che dovrà decidere di vostra sorte?»

»Un tribunale, miss Bellenden? dimenticaste voi dunque che l'infelice nostro paese non ne conosce d'altri fuorchè i consigli militari? Mi venne annunziato che il mio giudice doveva essere il colonnello Graham di Claverhouse.»

»Claverhouse! sclamò Editta. Oh Dio! siete condannato prima d'essere inteso. Egli ha scritto alla mia ava che domani sarebbe qui a capo del suo reggimento. Egli viene ad assalire una mano di ribelli assembratisi nelle montagne di questa contea, e vie più infanatichiti dagli assassini del primate. Le espressioni della lettera di Claverhouse, le minacce che vi si contengono mi trassero a fremere, comunque fossi così lontana dall'immaginarmi che… che un amico…»

»Non vi abbandonate però ad eccessive inquietudini, mia cara Editta. Sia pur severo Claverhouse! nessuno gli nega valore, nobiltà d'animo, generosità. Io son figlio d'un soldato e come soldato difenderò la mia causa. Forse ad una difesa franca e sincera Claverhouse concederà più favorevole ascolto che nol farebbe un giudice civile, tremebondo schiavo delle circostanze. Ve lo confesso. Oggi che tutte le molle della giustizia son rotte in una guisa la più deplorabile, mi sarebbe meno amaro il perdere la vita per una conseguenza del dispotismo militare, che condannato da una sentenza, in apparenza legale, d'un giudice corrotto, di un di que' tanti giudici, i quali, se conoscono ancora quelle leggi che sono instituite a proteggerne, le adoperano a' dì nostri per convertirle in istrumenti di dispotismo e di distruzione.»

»Voi siete nonostante perduto se Claverhouse vi dee giudicare. L'infelice arcivescovo ne era intrinseco amico. Nella lettera, di cui vi ho parlato ora, si esprime in chiare note non esservi da sperare grazia di sorte alcuna per coloro che avranno dato asilo o soccorso a qualcuno degli uccisori del primate: che non varranno nè scuse nè sutterfugi a salvarli; ch'ei vendicherà la morte del prelato col far cadere tante teste recise quanti capelli bianchi quel vegliardo aveva sul capo.»

Jenny stata sino allor silenziosa, in veggendo che i due amanti si diffondevano in flebili considerazioni senza trovare rimedio alla sovrastante disgrazia, si fece finalmente coraggio a dare ella pure il suo avviso.

»Vi chiedo scusa, miss Editta, ma noi non abbiam tempo da perdere. Che il sig. Morton metta la mia vesta e la mia mantellina; uscirà con voi senza che Holliday lo riconosca. Intanto che ha bevuto di più, non gli si dev'essere schiarita la vista. Voi indicherete al sig. Enrico la via per uscir del castello, indi tornerete nel vostro appartamento; io m'avvolgerò nel pastrano del fuggitivo, farò per una mezz'ora la parte di prigioniero, indi chiamerò Holliday e gli dirò di lasciarmi uscire4

»Di lasciarvi uscire, soggiunse Morton! nè sapete voi che la vostra vita pagherebbe per la mia fuga?»

»Non temete di ciò, rispose Jenny. Holliday avrebbe troppo interesse a non confessare d'aver dato accesso in questo luogo a veruno; e troverebbe tutt'altra scusa per dar ragione d'una tal fuga.»

»Molto bene! (sclamò Holliday che dopo avere ascoltato ogni cosa aprì in quell'istante la porta). Non si potevano combinar meglio le cose. Per tutti i diavoli, brava! Il male è che, se son cieco, non son poi sordo, e affinchè il vostro bel divisamento andasse a buon termine, non pensaste a parlar meno forte. Su via, miss Jenny, e anche voi signora cugina, lo siate o nol siate, marche! è sonata per entrambe la ritirata.»

»Spero, mio caro amico (disse Morton ad Holliday con tuono conforme all'agitazione in cui il suo animo si trovava) che non farete motto di un tale divisamento, ed io per parte mia vi do parola d'onore di custodire il segreto sulla compiacenza che usaste a queste signore col permettere ad esse il vedermi. Se voi avete udito da principio a fine i nostri discorsi, vi sarete accorto ch'io non accettai il partito propostomi da questa buona figliuola.»

»Al diavolo la sua bontà! proruppe in tale esclamazione Holliday. Siate però certo ch'io non amo le ciance, e per altra parte è interesse di tutti noi il non farne. Ma quanto a questa galeotta, non mi garba che vada impunita d'aver cercato d'ingabbiare un povero diavolo, non colpevole se non se della troppa attenzione che fece alle sue scaltre moine.»

Pur queste furono di nuovo l'armi con cui si difese Jenny; perchè si mise il fazzoletto agli occhi e pianse, o almeno finse di piangere, »Orsù! disse Holliday raddolcendo il tuono, se avete ancora alcuna cosa da dirvi, che tutto ciò venga spacciato in due minuti! Ora non vi vorrebbe altro se non che il mio imbriacone di sergente fosse preso dalla fantasia di far la sua ronda una mezz'ora prima del solito, e saremmo tutti colti in un leggiadrissimo trabocchello.»

»Addio, Editta (disse Morton ostentando una fermezza d'animo che egli era ben lungi dal provare nel cuore) non indugiate oltre, e abbandonatemi al mio destino. Posso ora sopportare con più coraggio le mie sciagure, poichè ebbi la sorte di rivedervi, e poichè ad esse prendete parte. Addio. Involatevi al rischio di venire scoperta.»

Sì favellando la condusse verso la porta, d'ond'ella uscì senza aver forza di nulla rispondergli e reggendosi alla sua fedele Jenny.

»Ciascuno ha i suoi gusti, diceva Holliday nel chiudere la porta. Il diavolo mi trascini s'io volessi dar dispiacere ad una giovane così avvenente per tutti quanti i Puritani che vivono nella Scozia!»

Rientrata Editta nel proprio appartamento, si abbandonò all'eccesso del suo dolore, e intanto Jenny si studiava addurle tutte quelle circostanze che poteano lasciar travedere qualche raggio di speranza.

»Non vi disperate in tal guisa, o miss Editta. Chi sa quello che può accadere? Il sig. Morton è un degno giovane, di buona nascita; non useranno con lui del tutto come son soliti con que' poveri diavoli che fermano nelle montagne, e che senza cerimonie fanno appiccare, se per grazia le palle degli archibusi non li finiscono. Lo zio del giovane Morton è ricco, e a furia di denari può trarlo d'impaccio. Vostro zio ancora potrebbe giovargli assai, perchè è in buona armonia con tutti questi abiti rossi

»Non la pensate male, o Jenny (disse Editta scotendosi allora dalla specie di letargia in cui la teneva il cordoglio). Questo è momento di operare, non di darsi alla disperazione. Trovate modo in questa sera medesima di incaricarvi d'una lettera per mio zio.»

»Ch'io vada a Charnwood, miss Editta! a quest'ora! Non pensate che è lontano più di sei miglia? che tutta la strada è coperta d'abiti rossi? che per giugnere fin là è d'uopo attraversare una foresta? Non so nemmeno se un uomo si prendesse un tale assunto. Povero Cuddy! foss'egli qui! Non avrei da dirgli che una parola, e partirebbe senza chiedere nè perchè nè come. Avessi almeno avuto il tempo di stringere amicizia col giardiniere venuto in sua vece! Ma non conviene pensarci! Ei sta per ammogliarsi colla brutta Meg Murdieson.»

»Eppure, Jenny, egli è mestieri che adoperando o preghiere o denari troviate chi si conduca subito da mio zio. La vita mia dipende da ciò.»

4In tempi ben di poco posteriori a quelli narrati ora, vale a dire dopo la spedizione tentata sfortunatamente dal re Giacomo per risalire sul trono d'Inghilterra, e propriamente nel 1716, milady Milhisdale si valse, ed efficacemente, di un tale espediente per far fuggire dalla torre di Londra il proprio marito condannato a perdere il capo sotto la scure del carnefice. Ella rimase in vece del reo, e la corte ordinò la libertà di questa generosa donna che andò a raggiugnere in Francia lo sposo; fatto identico, cambiati i nomi propri delle persone e dei paesi e le epoche, alla prova d'amor coniugale ben tornata nel 1815 alla rinomata Francese, madama De la Vallette. – Nota del Traduttore
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