Geschichte und Region/Storia e regione 29/1 (2020)

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Conclusioni

“Non trovo gigli e rose a Viareng, ma spine e triboli, difficoltà e contrarietà, le lacrime mi stanno meglio del sorriso. Incominciai le lezioni con otto bambini, adesso ne ho dieci. Un ragazzo che legge molto male e nove altri, maschi e femmine che non conoscono le lettere, non sanno distinguere la mano destra dalla sinistra, né contare fino a cinque, e per disgrazia ancora non ci intendiamo, io non li capisco per niente e non so di qual linguaggio servirmi per far loro intendere qualche cosa. Alla sera poi […] faccio la scuola serale. Vi sono uomini e donne, giovini e giovane dall’età di quattordici anni fino ai sessant’anni. Leggono tutti malissimo ma pure m’intendono un po’ meglio dei primi. Tra il giorno e la sera ho circa una ventina di scolari e poi i curiosi. Alle volte mi perdo di coraggio […] Soliti al culto sono sette o otto, diversi leggono la Bibbia, ma temono ancora di mostrarsi. Dacché sono a Viareng i preti di Champ De Praz e Di Mont Jové non cessano di tuonare contro la maestra protestante, ed hanno mandato due uomini per avvertire i parenti di non mandarmi i loro figli alla scuola […] Giunta a Viareng quanto fui delusa nelle mie speranze. Dopo tanto aspettare credevo di trovare la casa abitabile, invece trovai nella scuola una certa macchina di banco che non so chi l’abbia inventata e altrove le pareti nude a l’eccezione di un letto con un saccone di foglie […] e non si trova niente qui e nessuno che vi possa dare una minestra convenevole, niente ed è tutto detto […] ho già molto speso per non avere ancora le cose indispensabili e sono senza denaro e non ardisco più domandare ai genitori e a lei mi vergogno di domandare prima che il trimestre sia compiuto, tuttavia se mi volesse fare questo favore gliene sarei riconoscente assai […] Sign. Presidente, non dimentichi l’opera che si comincia a Viareng. Dio è potente e può di queste pietre far diventare dei figli di Abraam. (18-12-1874)”28

La lettera di Louise Jourdan Malan, maestra valdese incaricata dal Provveditorato agli studi di Torino a tenere la cattedra della scuola elementare di Viering, frazione di Champdepraz, ci riporta alle critiche dei liberali valdostani verso le scuole di villaggio e induce a porci degli interrogativi sulla reale competenza alfabetica celata dietro la firma di un atto matrimoniale. Forse i liberali avevano ragione: nelle scuole di villaggio gli studi non andavano oltre il catechismo e il tracciare meccanicamente la propria firma; circostanza che darebbe forza non solo agli allora critici delle scuole di villaggio ma anche agli attuali critici delle metodologie quantitative di analisi dell’alfabetismo fondate sulla firma.29

La realtà è più complessa. La difficile convivenza tra la maestra Malan e gli abitanti di Viering è frutto dell’incontro di due culture diverse, una “borghese” e l’altra popolare: la prima fondata sulla scrittura, la seconda sull’oralità, sebbene, come dimostra proprio il caso alpino, disposta ad accogliere la scrittura tra i suoi codici comunicativi. Uno scontro che ci porta all’esistenza di alfabetismi plurali, non sempre riconducibili a quella cultura elitaria che, grazie anche alle scuole, si sarebbe, a partire dal Cinquecento, affermata sulla società occidentale. Le Alpi rappresentano indubbiamente un importante bacino di questi “alfabetismi alternativi”. La scuola alpina, e la scuola valdostana nel caso specifico, non è definita da un’autorità esterna alla comunità e non risponde agli scopi di conformazione e di controllo affidati alla scuola da questa autorità. La scuola alpina nasce entro il villaggio e risponde alle esigenze e ai codici culturali della comunità che la emana. È indubbio che esiste una dimensione confessionale e una pratica didattica comune alla scuola europea di antico regime. Tuttavia non si può nascondere che la religiosità, per quanto ancora contaminata da elementi pagani, è un fattore culturale fondamentale per una frontiera confessionale, forse senza pari in Europa, come quella alpina. Al tempo stesso il metodo didattico grammaticale30, seppur poco efficace e molto imperfetto, permetteva di istruire i fanciulli a chiunque avesse un po’ di pratica dell’alfabeto. Ma i punti in comune con la scuola promossa dalle autorità ecclesiastiche e civili nei loro progetti di alfabetizzazione si fermano qui. La scuola alpina risponde ad altre priorità e, queste priorità, sono definite dalla comunità. In breve, offerta e domanda di istruzione non sono separate, come avviene in gran parte dell’Europa, ma coincidono.

Sono tematiche qui richiamate per sommi capi e trattate con ampiezza in altri contesti, ai quali rimando.31 Qui basti ricordare che la scuola alpina, paradossalmente proprio grazie alla precarietà della sua didattica, è in grado di adattarsi alle esigenze di ogni membro della comunità: dall’agricoltore all’artigiano, da chi avrà incarichi nella comunità a chi dovrà emigrare. Artigianato, compenetrazione tra doveri familiari e doveri comunitari, emigrazione sono fattori che stimolano e definiscono l’alfabetismo valdostano e alpino. Non è un caso che dove essi sono più forti, nelle medie e nelle alte valli, scolarizzazione e alfabetismo conoscano delle impennate. Dove tali attività si organizzano entro forme di specializzazione professionale, come nel caso dei walser, l’analfabetismo è pressoché assente.

Sull’alfabetismo dei walser bisogna, infine, chiedersi se non entrino in gioco dinamiche assimilabili a quelle definite da Glauco Sanga32 riguardo ai gruppi marginali. Per tali bisogna intendere non solo i soggetti, come mendicanti, vagabondi, fieranti, che vivono ai margini della società, ma anche le piccole comunità che per attività economica, lingua e cultura si contraddistinguono – e vogliono deliberatamente distinguersi – dal gruppo linguistico e culturale prevalente. In questa sede non è possibile dare una risposta, ma è significativo che una piccola comunità “marginale” collocata nel centro della Pianura Padana, Castelponzone, offra, al pari dei walser, oltre ad una vocazione per il commercio e per l’artigianato, un alfabetismo universale negli stessi anni oggetto di questo studio.33

Maurizio Piseri, Schule und Alphabetisierung im unteren Aostatal im 18. und 19. Jahrhundert

Im 18. Jahrhundert bestand im Aostatal ein dichtes Netz von Schulen, in denen grundlegende Bildung vermittelt wurde, meist kleine Dorfschulen, die sich durch bescheidene testamentarische Hinterlassenschaften von Privaten – Laien wie Geistlichen – finanzierten. Die weite Verbreitung dieser Schulen kann als Grund dafür ausgemacht werden, dass das Aostatal in den ersten italienischen Volkszählungen als eine der am stärksten alphabetisierten Regionen aufschien. Dennoch wurde im 19. Jahrhundert an diesen Schulen scharfe Kritik geübt, vor allem von liberaler Seite, die diesen Dorfschulen einen konkreten Einfluss auf die Alphabetisierung absprach und sie vielmehr der Verbreitung von Bigotterie und Aberglaube bezichtigte. Auf der Gegenseite bemühte sich die Kirche des Aostatals um den Erhalt dieser Schulen, sah sie in ihnen doch ein Instrument, Tradition und lokale Identität zu bewahren.

Die Quellen aus napoleonischer Zeit verweisen auf die Schwierigkeiten und Grenzen der Schulen im Aostatal. Zweifelsohne waren diese weit verbreitet und so war zahlenmäßig ein Verhältnis zwischen Lehrperson und Bewohner*innen garantiert, das zumindest das Potential hatte, eine deutliche Reduzierung der Analphabetenrate zu gewährleisten. Doch zeigten die in napoleonischer Zeit durchgeführten schulischen Erhebungen die Probleme der Dorfschulen auf: Ihre wirtschaftlichen Ressourcen waren gering, was sich auf das Gehalt der Lehrpersonen auswirkte, das so niedrig ausfiel, dass den Lehrpersonen nur für wenige Monate im Jahr eine bescheidene Existenzgrundlage gesichert war. Möglich war die kapillare Verbreitung der Schulen im Aostatal also nur aufgrund der Sparsamkeit bei den Gehältern. Diese Bedingungen erschwerten die Suche nach kompetentem Lehrpersonal. Wir können davon ausgehen, dass viele dieser Dorfschulen aufgrund der schlechten Bezahlung und der geringen didaktischen Kompetenzen der Lehrpersonen nur knapp die Bestimmungen der französischen Schulordnungen erfüllten.

Dieser Beitrag versucht, Einblicke in die Effizienz der Dorfschulen im Aostatal zu eröffnen, indem er die Schreib- und Lesekompetenzen in zwei Gebieten genauer unter die Lupe nimmt: in der Unitè des Communes valdôtaines Évançon und im Gressoneytal. In beiden Gebieten ist der Prozentsatz der Bräutigame, welche die eigene Eheurkunde unterschreiben konnten, hoch. Die in den Quellen ausgewertete geographische Verbreitung korreliert mit dem für den Alpenraum typischen Modell einer solideren Alphabetisierung in höher gelegenen Berggebieten und einer allmählich sinkenden Alphabetisierungsrate, je weiter man ins Tal herabstieg – wo allerdings noch immer etwa die Hälfte der männlichen Ehepartner die Eheurkunde selbst unterschreiben konnte. Diese Höhen-Unterschiede sind in Zusammenhang zu bringen mit sozioökonomischen Faktoren, die über die Berufe der Bräutigame erschlossen werden können. In den mittleren und insbesondere in den höheren Tallagen kam dem Handwerk eine große Bedeutung zu: Vom lokalen Bedarf losgelöst, richtete sich sein Augenmerk vor allem auf die außerhalb des Aostatals gelegenen Märkte. Durch saisonale Migration boten sich so Gelegenheiten für den Absatz lokaler Handwerksprodukte.

 

Die Verhältnisse im Gressoneytal entsprachen ebenso diesem Modell, doch zeigt sich hier eine weitere Besonderheit, die mit der dortigen sprachlichen Minderheit der Walser zusammenhängt: Nicht nur für die männlichen Walser lässt sich seit der ersten Hälfte des 19. Jahrhunderts eine fast vollständige Alphabetisierung nachweisen, sondern mit 60 bis 70 Prozent konnten auch vergleichsweise viele Frauen lesen und schreiben (in den anderen Gebieten lag die Alphabetisierungsrate von Frauen zwischen 10 und 30 Prozent). Die Gründe für die umfassende Alphabetisierung liegen ohne Zweifel in der stärkeren Spezialisierung der Walser vor allem als saisonal migrierende Zimmerer und Maurer oder als Handwerker und Händler. Ebenso dürfte auch der Faktor der sprachlichen Minderheit dazu beigetragen haben: Über eine stärkere Alphabetiserung sollte die eigene sprachliche Identität bewahrt werden.

Trotz der in den Bergen weit verbreiteten Fähigkeit zu unterschreiben, zeichnete die städtische Bevölkerung beziehungsweise jene, die sich der städtischen Kultur verbunden fühlten, ein Bild von den Bergen als einen Raum, in dem Aberglaube und Unwissenheit vorherrschten. Hinsichtlich des hohen Alphabetisierungsgrades in dieser Region, der auch in den Statistiken des Regno d’Italia hervortritt, wird betont, die Fähigkeit zur Unterschrift sei eine rein mechanische Praxis, die keine Rückschlüsse auf eine tatsächliche Alphabetisierung zulasse. Diese Ansicht muss aber korrigiert werden: Die Lese- und Schreibkompetenzen, die in den Dorfschulen erworben wurden, mögen auch noch so basal gewesen sein, sie waren aber konkret. Ein Unterschied lässt sich aber hinsichtlich des kulturellen Bezugsrahmens ausmachen: Die Bergschulen folgten bestimmten eigenen Kodes und Zielen, die in den kulturellen Kontext der Berggemeinschaft passten, aber nicht jenen der auf Vereinheitlichung setzenden Schulpolitik der kulturellen Elite entsprachen.

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1 Raul MERZARIO, Il capitalismo in montagna. Strategie famigliari nella prima fase d’industrializzazione nel comasco, Bologna 1989.

2 Il Conseil des Commis fu istituito nel 1536. Oltre a esponenti della nobiltà e delle professioni collegiali, i suoi 71 membri, poi ridotti progressivamente a 25, comprendevano un rappresentante della Corte di Torino, il vice balivo e il vescovo di Aosta, ritenuto primo membro di diritto. L’organismo era posto a tutela delle prerogative concesse dallo Stato sabaudo (emanazione di decreto senza la previa approvazione del sovrano, controllo delle finanze e amministrazione giudiziaria). È bene ricordare la strana natura istituzionale del Ducato di Aosta, il quale non venne mai formalmente eretto a ducato, pur avendone la denominazione, e rimanendo sempre privo del supremo organo politico, amministrativo e giudiziario proprio di un ducato: il Senato, invece presente a Chambery.

3 Un’ampia panoramica storica sulla Valle d’Aosta è offerta in Stuart J. WOOLF (a cura di), Le regioni dall’unità ad oggi, vol. XII: La Valle d’Aosta, Torino 1995.

4 Una importante difesa delle scuole di villaggio venne da Joseph-August DUC, Le clergé valdôtain et l’istruction publique, Aoste 1894. Sebbene tardo, risalente ai primi del Novecento, il testo più importante, e capace di forti influssi, ancor oggi non esauriti, sulla storiografia locale è Joseph-Marie TRÈVES, À la recherche de la fondation de nos écoles; Aperçu sur l’instruction du peuple avant l’école élémentaire moderne. Une injustice qui crie vengeance. In: Recueil de textes valdôtains, Ecrits de l’abbé J. Trèves, vol. III, Aosta, 1967, pp. 161–231.

5 La questione è ben analizzata in Marco CUAZ, Alle frontiere dello Stato. La scuola elementare in Valle d’Aosta dalla restaurazione al fascismo, Milano 1988.

6 Monica DUFOUR, Alfabetismo, scuole e maestri nella Comunità Montana Evançon tra 1770 e 1859. In: Maurizio PISERI (a cura di), L’alfabeto in montagna. Scuola e alfabetismo nell’area alpina tra età moderna e XIX secolo, Milano 2012, pp. 159–181; Ezio REINOTTI, L’istruzione elementare in Valle d’Aosta dal 1688 al 1822, tesi di laurea, Università di Torino, a.a. 1973/74, rel. Remo Fornaca; Veronica BOSONIN, Leggere e scrivere nella Valle di Gressoney tra ‘700 e ‘800, tesi di laurea, Università della Valle d’Aosta, a.a. 2009/2010, rel. Maurizio Piseri.

7 DUFOUR, Alfabetismo, scuole e maestri, pp. 161–163.

8 La Valle d’Aosta costituiva un distretto del dipartimento. Capoluogo del dipartimento era Ivrea.

9 Le inchieste del dipartimento della Dora sono reperibili in Archivio di Stato di Torino (Sezioni Riunite), Prefettura di Ivrea, CAT XIV (1800–1870), Etats des écoles primaires dans l’arrondissement d’Aoste [30 maggio 1807]; Résumé général des renseignements sur les écoles primaires de l’arrondissement d’Aoste, 1 décembre 1808.

10 Dal 2014 denominate “Unité des Communes valdôtaines”.

11 È bene ricordare che la legge Fourcroy condizionerà anche la legge 4 settembre 1802 che ordina la pubblica istruzione della Repubblica Italiana e, successivamente, del Regno Italico.

12 Maurizio PISERI, La scuola primaria nel Regno Italico. 1796–1814, Milano 2017, pp. 125 e ssg.

13 DUFOUR, Alfabetismo, scuole e maestri, pp. 164–165.

14 Si parla di alfabetismo universale quando l’analfabetismo residuale scende sotto la soglia del 10 % e risulta pertanto riconducibile a fattori fisiologici e difficilmente eliminabili, come disabilità, malattie, degenerazioni neurologiche, condizioni di estrema marginalità sociale e materiale.

15 Carlo M. CIPOLLA, Istruzione e sviluppo. Il declino dell’analfabetismo nel mondo occidentale, Torino 1971, pp. 18–19.

16 Il curriculum delle scuole femminili, com’è noto, era ben diverso da quello delle scuole maschili. Dietro la generica dizione “femminile” c’è da attendersi scuole di lavori donneschi che impegnavano probabilmente le bambine nel leggere ma molto difficilmente nello scrivere.

17 “Essi ricevevano un misero compenso, proveniente dalle risorse di donazioni o dalle contribuzioni dei genitori agiati; un compenso che non permetteva di dedicarsi interamente alla professione e che obbligava a svolgere altre attività più remunerate, come il contadino, l’artigiano o il segretario comunale.” Marco CUAZ, Le maître d’école. In: Communauté de Travail des Alpes Occidentales (a cura di), L’Homme et les alpes, Grenoble 1992, pp. 313–316, qui p. 313.

18 “Una scuola comunale dove tutta la gente della parrocchia può inviare i loro figli per soli tre mesi, stipendio del maestro 40 lire. Egli, nell’anno corrente, non ha insegnato e non si trovano persone che possano assumersi questa pena, Jean Joseph del fu B. Polon è abbastanza istruito e dotato di probità, ma in quest’anno si è rifiutato di insegnare a causa della modestia dello stipendio.” Archivio Vescovile della Diocesi di Aosta, Montjovet, 1ère Liasse écolet, 14 mars 1809.

19 BOSONIN, Leggere e scrivere, pp. 199–201.

20 Monica DUFOUR, Alfabetismo, scuole e maestri nella comunità montana Evançon (1770–1859), tesi di laurea, Università della Valle d’Aosta, a.a. 2007/2008, rel. Maurizio Piseri.

21 È il caso del Regno Italico, dove maestri valutati positivamente nelle inchieste poi sono oggetto di critiche e di accuse anche pesanti da parte delle amministrazioni comunali allorché la corrispondenza non è più con le autorità di governo ma con gli organismi amministrativi intermedi, come le prefetture o le viceprefetture. PISERI, La scuola primaria, pp. 203–222.

22 PISERI, La scuola primaria, pp. 303–324.

23 DUFOUR, Alfabetismo, scuole e maestri; BOSONIN, Leggere e scrivere.

24 CIPOLLA, Istruzione e sviluppo, pp. 68–83. Cipolla stima intorno al 50–55 % l’alfabetismo complessivo della popolazione europea nel 1850.

25 BOSONIN, Leggere e scrivere, pp. 60–68.

26 L’istruzione informale è quella offerta da soggetti che non esercitano l’attività di insegnante in forma professionale o, comunque, per trarne un reddito. Gli esempi possono essere molti, dal parroco che istruisce gratis et amore Dei i bambini della sua parrocchia ai genitori che insegnano l’alfabeto ai figli. Per quanto meno efficace e meno diffusa della formale, l’istruzione informale ebbe ruoli centrali in alcuni contesti; ad esempio, nella sua forma genitoriale, essa fu fondamentale nell’alfabetizzazione dei paesi scandinavi. Egil JOHANSSON, The History of Literacy in Sweden. In: Harvey J. GRAFF (a cura di), Literacy and Social Development in the West: a reader, Cambridge 1981, pp. 151–182.

27 Queste sono le professioni rilevate in BOSONIN, Leggere e scrivere, pp. 222–226.

28 Ilenia BOZZUTO, Educare al femminile. Maestre ed educatrici in Italia e in Valle d’Aosta, tesi di laurea, Università della Valle d’Aosta, a.a. 2011/2012, rel. Maurizio Piseri.

29 Dubbi sul valore delle firme erano già stati espressi negli anni Settanta con argomentazioni fondate in Michel VOVELLE, Y a-t-il eu une révolution de culture au XVIII siécle? A propos de l’education populaire en Provence. In: Revue d’histoire moderne et contemporaine XXIV (1975), pp. 89–142 e riprese in Italia in Gian Paolo BRIZZI, Riforme scolastiche e domanda di istruzione. In: IDEM (a cura di), Istituzioni scolastiche ed organizzazione dell’insegnamento nei domini estensi nel XVIII secolo (Contributi 11-12), Reggio Emilia 1983, pp. 53–98. Il valore della firma come strumento sì imperfetto ma pur sempre imprescindibile perché capace di offrire uno standard universale in grado di permettere comparazioni sincroniche e diacroniche è stato ribadito con valide argomentazioni da Rab A. HOUSTON, The Literacy Myth? Illiteracy in Scotland 1630–1760. In Past and Present 96 (1982), pp. 81–102, qui pp. 82–83. Recentemente nuove critiche alla firma sono giunte da oltreoceano da una letteratura che non merita di essere presa in considerazione, se non per l’esempio che ne esprime la completa infondatezza metodologica: David VINCENT, The Rise of Mass Literacy, Cambridge/Malden Mass. 2000, nel quale l’alfabetismo è stimato attraverso l’analisi dei flussi del traffico postale, dimenticando che il forte incremento della corrispondenza nella seconda metà dell’Ottocento fu dovuta alla statizzazione dei servizi postali e all’introduzione della tariffa unica, meglio nota con il termine francobollo.

30 Così denominata perché basata sull’apprendimento progressivo, dal più piccolo al più grande, degli elementi della frase: lettere, sillabe, parole, proposizioni.

31 Si veda soprattutto PISERI (a cura di), L’alfabeto in montagna.

32 Si vedano, a riguardo, i diversi studi pubblicati, non solo da SANGA, sulla rivista Ricerca folklorica. In particolare si veda il volume n. 15 (1987) con la sezione monografica intitolata “Oralità e scrittura. Le letterature popolari europee”. Per ulteriori dettagli bibliografici rimando a Glauco Sanga, Marginalità e scrittura. In: Ricerca Folklorica XV (1987), pp. 15–18.

 

33 Maurizio PISERI, L’alfabeto delle riforme. Scuola e alfabetismo nel basso Cremonese da Maria Teresa all’Unità, Milano 2002, pp. 50–53 e sgg. Il ruolo dell’alfabetismo nella preservazione dell’i-dentità è analizzato in Rab A. HOUSTON, Scottish Literacy and the Scottish Identity. Literacy and Society in Scotland and England (1660–1850), Cambridge 1989.

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