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Из серии: Appunti di un Vampiro #3
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CAPITOLO TRE

Samantha guardò le enormi porte doppie aprirsi davanti di lei, cigolando mentre si muovevano sui cardini, e avvertì una stretta allo stomaco. Stava entrando nelle stanze del suo leader, accompagnata da diversi vampiri guardiani. Non la stavano trattenendo – non avrebbero mai osato— ma l'accompagnavano standole molto vicini ed il messaggio era chiaro. Era ancora una di loro, ma era agli arresti domiciliari, almeno fino a quando non avesse incontrato Rexius. L'aveva convocata come una soldatessa, ma anche come una prigioniera.

Le porte si chiusero rumorosamente alle sue spalle, e lei vide che l'enorme stanza era piena. Non vedeva un raduno simile da anni. C'erano centinaia di vampiri al suo interno. Chiaramente, volevano tutti guardare, conoscere le notizie, sapere che cosa fosse avvenuto con la Spada. Come aveva fatto a farsela portare via.

Soprattutto, volevano che lei fosse punita. Sapevano che Rexius era un leader spietato, e che persino il minimo errore avrebbe causato una grande punizione.

Samantha lo sapeva. Non stava cercando di sfuggire al proprio destino. Aveva accettato la sua missione, ed aveva fallito. Aveva trovato la Spada, sì, ma l'aveva anche persa. Aveva permesso a Kyle e Sergei di impadronirsene sotto il suo naso.

Tutto doveva essere perfetto. Lei ricordava chiaramente la Spada, che giaceva lì, sul pavimento della Cappella del Re, nel corridoio, a pochi metri di distanza. Le sarebbero bastati pochi secondi per prenderla, per portare a termine la missione e diventare l'eroina del covo.

E poi Kyle e quell'orribile scagnozzo, Sergei, erano arrivati, le avevano fatto perdere conoscenza e gliela avevano rubata sotto il naso. Era ingiusto. Come poteva aspettarsi qualcosa di simile?

E ora, che cosa era diventata? La responsabile. Quella che si era lasciata sfuggire la Spada. Quella che aveva fallito nella missione. Oh sì, l'avrebbe pagata cara. Questo era certo.

Ormai le importava di una cosa sola: voleva che Sam fosse al sicuro. Era stato colpito, fino a perdere i sensi, e lei lo aveva portato via da quel posto, fin lì. Lo aveva voluto vicino a sé. Non era pronta a lasciarlo andare, e non sapeva in quale altro posto portarlo. Si era introdotta furtivamente, e lo aveva messo al sicuro, in una stanza vuota del loro covo. Nessuno l'aveva vista, o almeno per quanto lei ne sapesse. Sarebbe stato al sicuro lì dentro, lontano dagli occhi indiscreti di quei vampiri. Avrebbe riferito dell'accaduto a Rexius, patito la sua punizione, e dopo avrebbe atteso fino all'alba, quando tutti sarebbero stati addormentati, e sarebbe fuggita con Sam.

Naturalmente, non poteva scappare subito. Avrebbe prima dovuto parlare con Rexius, subire la sua punizione, o altrimenti il suo covo le avrebbe dato la caccia, e lei avrebbe dovuto fuggire e nascondersi per il resto della sua vita. Dopo la punizione, nessuno si sarebbe mai messo sulle loro tracce. Poi, avrebbe preso Sam, e sarebbero andati via da lì, per poi stabilirsi da qualche parte. Soltanto loro due.

Non si era certo aspettata che il ragazzo, Sam, facesse nascere in lei dei sentimenti, così come era successo. Quando ora pensava alle sue priorità, metteva lui al primo posto. Voleva stare con lui. Aveva bisogno di stare con lui. Infatti, per quanto folle potesse suonare, anche alle sue orecchie, non riusciva più a immaginare la sua vita senza di lui. Un'infatuazione con un ragazzo adolescente. Era furiosa con se stessa. Non sapeva come aveva fatto ad arrivare a quel punto. Un'infatuazione con un adolescente. Men che meno, un umano. Lei si odiava per questo. Ma le cose stavano proprio così. Non c'era modo di riuscire a cambiare il modo in cui si sentiva.

Quel pensiero le diede forza, mentre si avvicinava lentamente al trono di Rexius, preparandosi alla sentenza. Avrebbe patito una sofferenza indescrivibile, ne era consapevole, ma il pensiero di Sam le avrebbe dato la forza di affrontare quello che l'aspettava. Avrebbe avuto qualcuno da cui tornare. E Sam sarebbe stato protetto, lontano da tutto questo. Ciò rendeva tutto sopportabile.

Ma l'avrebbe amata dopo che lei avrebbe subito la punizione? Se conosceva Rexius, le avrebbe riservato il bagno con l'Acido Iorico, le avrebbe sfigurato il volto per quanto fosse riuscito. Dopodichè lei avrebbe perso la migliore parte di sé. Sam avrebbe continuato ad amarla? Lei sperava proprio di sì.

Un silenzio calò sopra la stanza, mentre centinaia di vampiri si avvicinarono, impazienti di assistere allo scambio. Samantha fece diversi passi per avvicinarsi a Rexius, e si mise a terra su un ginocchio, chinando la testa.

Rexius, distante solo pochi metri, era seduto sul suo trono, con gli occhi blu dallo sguardo rigido e gelido, che la trafiggevano. La guardò per quelli che sembrarono minuti, sebbene Samantha sapesse che si era trattato probabilmente solo di secondi. Tenne la testa chinata. Sapeva che avrebbe fatto meglio a non incontrare il suo sguardo.

“Allora,” Rexius esordì, la sua voce roca fendeva l'aria, “la gallina torna al pollaio.”

Trascorsero altri minuti, mentre lui studiava Samantha. Lei sapeva che avrebbe fatto meglio a non cercare di fornire alcuna spiegazione. Mantenne solo la testa chinata.

“Ti ho affidato una semplice missione,” lui continuò. “Dopo i fallimenti di Kyle, mi occorreva qualcuno di cui potermi fidare. Il mio soldato più valoroso. Non mi hai mai deluso prima, non in migliaia di anni,” lui disse, con lo sguardo fisso su di lei. “Ma in questa, questa semplice missione, in qualche modo, hai fallito. E lo hai fatto miseramente.”

Samantha abbassò di nuovo la testa.

“Dunque. Dimmi esattamente che cosa è accaduto alla Spada. Dov'è?”

“Mio signore,” lei cominciò, lentamente, “Mi sono messa sulle tracce della ragazza, Caitlin. E di Caleb. Li ho trovati entrambi. Ed ho trovato la Spada. Ho anche fatto in modo che Caitlin la facesse cadere. Era sul pavimento, distante da me solo pochi metri. Sarebbero bastati pochi secondi in più per prenderla e portarla a te.”

Samantha deglutì.

“Non avrei potuto prevedere che cosa è successo dopo. Sono stata presa di sorpresa e attaccata da Kyle”.

Un forte mormorio esplose in tutta la stanza popolata di vampiri.

“Prima che potessi afferrare la Spada,” lei continuò, “Kyle l'aveva già presa. E' fuggito dalla chiesa, e non c'è stato nulla che io potessi fare. Ho provato a ritrovarlo, ma non ci sono riuscita, era troppo lontano. Ora la Spada è in suo possesso.”

Un mormorio ancora più forte esplose in tutta la stanza. L'ansia al suo interno era palpabile.

“SILENZIO!” urlò una voce.

Il mormorio allora scemò lentamente.

“Allora,” Rexius cominciò, “dopo tutto questo, hai lasciato che Kyle prendesse la Spada. Gliel'hai praticamente consegnata.”

Samantha sapeva che avrebbe dovuto evitare, ma non riusciva a contenersi. Lei doveva dire qualcosa in propria difesa.  “Mio signore, non c'era niente che io potessi fare —”

Rex l'interruppe, scutendo semplicemente la testa. Lei temette quel gesto. Significava che qualcosa di brutto sarebbe seguito.

“Grazie a te, ora mi devo preparare per due guerre. Questa patetica guerra con gli umani, e, ora, una guerra con Kyle.”

Un pesante silenzio cadde nella stanza, e Samantha comprese che la sua punizione era imminente. Era pronta ad accettarla. Teneva bene in mente l'immagine di Sam, e il fatto che non potessero assolutamente ucciderla. Non lo avrebbero mai fatto. Ci sarebbe stata una vita dopo tutto questo, una sorta di vita, e Sam ne avrebbe fatto parte.

“Ho una punizione molto speciale per te,” Rexius disse lentamente, esplodendo in un lento sorriso.

Samantha sentì le ampie doppie porte aprirsi dietro di lei e si voltò a guardare.

Il cuore le si fermò.

Lì, trascinato da due vampiri, incatenato mani e piedi, c'era Sam.

Lo avevano trovato.

Era imbavagliato e, per quanto si dimenasse nel tentativo di emettere un qualsiasi suono, non poteva. Aveva gli occhi spalancati per lo shock e la paura. Lo trascinarono fino al lato della stanza, con le catene tintinnanti, e lo bloccarono, costringendolo a guardare.

“Sembra che non solo tu abbia perso la Spada, ma che abbia anche sviluppato affetto per un umano, nonostante le regole della nostra razza,” Rexius esclamò “La tua punizione, Samantha, consisterà nel guardare soffrire chi ti è più caro. Ho capito che non si tratta di te stessa. E' questo ragazzo. Questo patetico, piccolo, ragazzo umano. Molto bene,” lui disse, sporgendosi in avanti, sorridendo. “Allora è così che sarai punita. Faremo patire a questo ragazzo delle orribili sofferenze.”

Il cuore di Samantha batteva forte in petto. Sta per avvenire qualcosa che lei non aveva previsto, e si trattava di qualcosa che lei non avrebbe lasciato accadere. Ad ogni costo.

Lei si mise in azione, balzando in direzione dei custodi di Sam. Ne raggiunse uno, colpendolo dritto al petto. Questo volò all'indietro.

Ma prima che potesse attaccare anche l'altro, diversi vampiri si gettarono su di lei, afferrandola e tenendola giù. Lei lottò con tutte le sue forze, ma erano in troppi, e non riusciva a competere con la loro forza collettiva in una volta sola.

Era costretta a guardare, senza poter fare nulla, mentre diversi vampiri trascinavano Sam al centro della stanza. Lo posizionarono sul punto—il punto esatto riservato a coloro che subivano il bagno di Acido Iorico. Per un vampiro, quella era una punizione indescrivibilmente dolorosa. Marchiava per la vita.

Per un umano, però, il dolore sarebbe stato incalcolabile, e la punizione sarebbe culminata in una morte orribile. Stavano portando Sam alla sua esecuzione. E la stavano costringendo a guardare.

Il sorriso di Rexius si allargò ulteriormente, quando Sam venne incatenato al punto designato. Appena Rexius fece un cenno col capo, uno dei custodi tolse il nastro dalla sua bocca.

 

Sam cercò immediatamente Samantha, con il terrore negli occhi.

“Samantha!” gridò. “Ti prego! Salvami!”

Samantha, nonostante se stessa, scoppiò in lacrime. Non c'era nulla, assolutamente nulla che lei potesse fare.

Sei vampiri portarono avanti un calderone di ferro, traboccante e sibilante,  agganciato alla cima di una scala. Lo misero in posizione, proprio sopra la testa di Sam.

Sam guardò in alto, verso di lui.

E l'ultima cosa che vide fu il liquido lasciare il calderone che puntava proprio al suo volto.

CAPITOLO QUATTRO

Caitlin stava correndo. I fiori le arrivavano fino alla vita, e, correndo, si creò un passaggio attraverso. Il sole, rosso sangue, si ergeva come una grossa sfera all'orizzonte.

Stando con le spalle rivolte verso il sole, all'orizzonte, c'era suo padre. O almeno, la sua sagoma. I suoi tratti erano irriconoscibili, ma lei sapeva che era lui.

Mentre Caitlin correva e correva, con tutte le sue energie, per riuscire finalmente a vederlo, abbracciarlo, il sole stava tramontando rapidamente, troppo rapidamente. Tutto era accaduto troppo in fretta, e nell'arco di pochi secondi, il sole era completamente sparito.

Si ritrovò a correre nel campo, nel bel mezzo della notte. Suo padre era sempre lì, in attesa. La ragazza sentiva che lui voleva che corresse più in fretta, che voleva abbracciarla. Ma le sue gambe non riuscivano a correre più velocemente e non contava quanto ci provasse, sembrava proprio si allontanasse sempre di più.

Mentre correva, improvvisamente, la luna spuntò alta nel cielo, oltre l'orizzonte—un'enorme luna rosso sangue, che riempiva l'intero cielo. Caitlin poteva coglierne ogni dettaglio, i rilievi, i crateri. Era così chiaro. Suo padre era ancora lì, una sagoma stagliata contro il cielo, e, quando lei provò a correre ancora più in fretta, sembrò come se stesse corrende verso la luna stessa.

Ma non funzionava. Improvvisamente, le gambe ed i piedi non si muovevano più. Lei guardò in basso, e vide che i fiori le si erano attorcigliati intorno alle caviglie e alle gambe, e stavano mutando in piante rampicanti. Erano così spesse, e forti da non consentirle di muoversi.

Non appena alzò lo sguardo, si accorse che, un enorme serpente strisciava verso di lei, facendosi largo attraverso il campo. Lei provò a lottare, a liberarsi, ma non ci riuscì. Tutto quello che poteva fare era guardare mentre si avvicinava. Appena divenne più vicino, balzò in aria, puntando dritto alla sua gola. Lei si voltò e urlò, e sentì i suoi denti conficcarsi nel collo.  Il dolore era terribile.

Caitlin si svegliò spaventata, seduta sul letto e respirando forte. Si toccò la gola, e sentì due cicatrici ben marcate. Per un istante, confuse il sogno con la realtà, e si guardò intorno nella stanza, cercando un serpente. Non ce n'erano.

Si massaggiò la gola. La ferità le faceva ancora male, ma non quanto le era accaduto nel sogno. Respirò profondamente.

Caitlin era ricoperta di un sudore freddo, il cuore le batteva ancora forte. Si deterse il viso e i lati delle tempie, e potè sentire i suoi capelli freddi e bagnati aderire alla pelle. Da quanto tempo non si lavava? Non aveva fatto lo shampoo? Non si lavava la faccia? Per quanto tempo era rimasta stesa lì a dormire? Non riusciva a ricordare. E dove si trovava esattamente?

Caitlin  guardò tutta la stanza. Era lo stesso posto che ricordava da qualche tempo —era in un sogno, o si era svegliata lì altre volte prima? La stanza era completamente fatta di pietra, ed aveva un'alta finestra ad arco, attraverso la quale poteva vedere il cielo stellato, e l'enorme luna piena, la cui luce filtrava attraverso.

Si sedette sul bordo del letto e si massaggiò la fronte, sforzandosi di ricordare. Mentre lo fece, fu colpita da un orribile dolore al fianco. Si toccò proprio lì, e sentì la crosta di una ferita. Cercò di ricordare quale ne fosse la causa. Qualcuno l'aveva attaccata?

Caitlin si sforzò di pensarci, e lentamente, ma sicuramente, i dettagli le si palesarono in mente. Boston. Il Freedom Trail. La Cappella del Re. La spada. Poi … veniva attaccata. Poi …

Caleb. Lui era stato lì, a vegliare su di lei. Lei aveva sentito il mondo scivolare via, e gli aveva chiesto. Trasformami, lo aveva implorato …

Caitlin si portò le mani al collo e sentì due marchi ai lati della sua gola; comprese che lui aveva ascoltato la sua preghiera.

Quello spiegava ogni cosa. Caitlin cominciò a realizzare. Era stata trasformata. Era stata portata da qualche parte, probabilmente per riprendersi, probabilmente sotto l'occhio vigile di Caleb. Si toccò braccia e gambe, piegò il collo, provò il corpo….

Si sentiva diversa, questo era sicuro. Non era più lei. Percepiva una forza illimitata correrle per le vene. Un desiderio di correre, di scattare, di sfondare le pareti, volare nell'aria. Avvertì anche qualcos'altro: due lievi bozzi sulla schiena, dietro le scapole. Molto lievi, ma sapeva che c'erano. Ali. Lo sapeva, lo sentiva, che se voleva volare, si sarebbero aperte per lei.

Caitlin si esaltò per la forza che aveva appena scoperto in sé. Voleva disperatamente provarla.  Si sentiva così intrappolata – non aveva idea di quanto tempo avesse trascorso lì – e voleva verificare come potesse essere questa nuova vita. Avvertì anche qualcos'altro, del tutto nuovo: un senso di temerarietà. La sensazione di non poter morire. Sentiva che poteva commettere degli stupidi errori, che aveva infinite vite a disposizione con cui giocare. Voleva spingere le cose all'estremo.

Caitlin si voltò e guardò fuori dalla finestra, al cielo notturno. La finestra aveva la forma di un ampio arco, senza vetro, ed era aperta esposta agli elementi. Quel genere di cose che si possono vedere in un vecchio monastero medievale.

In passato, la vecchia Caitlin umana avrebbe esitato, avrebbe pensato a che cosa doveva fare, ci avrebbe riflettuto su. Ma la rinata Caitlin non provava alcuna esitazione. Praticamente l'istante dopo averci pensato, lei scattò, decisa.

Soltanto con alcuni brevi passi, Caitlin saltò sul davanzale della finestra e si lanciò nell'aria aperta.

Una parte di lei, quella istintiva, le disse che una volta in aria, le sue ali si sarebbero spalancate. Se si fosse sbagliata, si sarebbe sfracellata al suolo, precipitando da centinaia di metri di altezza.  Ma la nuova Caitlin non credeva che si sarebbe mai sbagliata.

E infatti era così. Non appena si lanciò in alto, nell'oscurità della notte, le ali si spalancarono da dietro le scapole, e lei sentì l'esilarante brivido del volo, di librarsi nell'aria. Era felice di sentire quanto fossero grandi e lunghe le sue ali, elettrizzata di sentire l'aria fresca sul suo viso, sui capelli e sul corpo. Era notte, ma la luna era così piena e grande, che illuminava la notte, quasi come fosse giorno.

Caitlin guardò in basso ed aveva una prospettiva a volo d'uccello. Aveva percepito l'acqua, ed aveva avuto ragione. Era su un'isola. Tutto intorno a lei, in ogni direzione, scorreva un enorme e bel fiume, le sue acque molto quiete ed illuminate dalla luce della luna. Era il fiume più selvaggio che avesse mai visto. E lì, nel bel mezzo di esso, c'era la minuscola isoletta su cui aveva dormito. Una piccola isola, estesa forse poche dozzine di acri; un'estremità era dominata da un decadente castello scozzese, per metà in rovina. Il resto dell'isola era completamente nascosto da una fitta foresta.

Mentre volava, salendo e scendendo grazie alle correnti d'aria, girandosi, tuffandosi e andando in picchiata, girò di nuovo intorno all'isola. Il castello era maestoso, magnifico. In parte era in rovina, ma altre aree, quelle nascoste alla vista esterna,erano perfettamente conservate. C'erano dei cortili interni e dei cortili esterni, bastioni, torrette, scale a chiocciola, ed acri e acri di giardini. C'era abbastanza spazio da contenere un piccolo esercito.

Scendendo in picchiata, vide l'interno del castello, illuminato dalle torce. E c'erano delle persone che giravano in tondo. Vampiri? I suoi sensi le dissero di sì. La sua stessa specie. Stavano camminando, interagendo tra loro. Alcuni di loro si stavano allenando, nei combattimenti con la spada, giocando. L'isola era ricca di attività. Chi erano queste persone? perché lei era lì? Ce l'avevano portata loro?

Appena Caitlin terminò il giro, vide la stanza da cui era volata via. Si trovava in cima alla torre più alta, che si apriva fino ad un enorme bastione, dotato di un'ampia terrazza aperta. Su di essa, c'era un solo vampiro. Caitlin non ebbe bisogno di volare più vicino, per sapere chi fosse. Lo sapeva già, nel profondo del cuore e dell'anima. Il suo sangue ora scorreva dentro di lei, che lo amava con tutto il cuore. E adesso che l'aveva tramutata, lo amava con qualcosa che andava ben oltre l'amore. Sapeva, anche da quella lontana distanza, che la figura che camminava a passo regolare fuori dalla sua stanza era Caleb.

Il cuore sobbalzò alla sua vista. Lui era lì. Era davvero lì. La attendeva proprio fuori della sua stanza. Doveva aver atteso che lei si ristabilisse. Per tutto il tempo.

Chi sapeva quanto tempo fosse trascorso? Lui non aveva mai lasciato il suo fianco. Anche con tutto quello che era accaduto, tutto quello che ora stava accadendo. Lo amava più di quanto riuscisse a dire. E ora, avrebbero trascorso insieme l'eternità.

Lui era lì, sui bastioni, guardando in basso, verso il fiume, con un'espressione preoccupata e triste al contempo, dipinta sul volto.

Caitlin volò in basso, nella sua direzione, sperando di sorprenderlo, impressionarlo con la sua nuova capacità appena scoperta.

Caleb guardò in alto, e il suo volto s'illuminò di gioia.

Ma quando Caitlin entrò per atterrare, qualcosa improvvisamente andò male. Lei sentì che stava perdendo l'equilibrio, coordinazione. Si accorse di stare arrivando troppo velocemente e comprese che non avrebbe potuto correggere questo errore in tempo. Appena si avvicinò ai bastioni, si graffiò un ginocchio e atterrò troppo forte, sbattendo contro la pietra.

“Caitlin!” Caleb esclamò, correndole incontro.

Caitlin giaceva sulla dura pietra, avvertendo un nuovo dolore alla gamba. Stava bene. Se fosse stata la vecchia Caitlin, una semplice umana, si sarebbe rotta diverse ossa. Ma come nuova Caitlin, sapeva che sarebbe guarita, riprendendosi rapidamente, probabilmente nell'arco di pochi minuti.

Ma lei era in imbarazzo. Aveva voluto sorprendere ed impressionare Caleb. Ma ora sembrava un'idiota.

“Caitlin?” lui chiese di nuovo, inginochiandosi al suo fianco, posando una mano sulla sua spalla. “Stai bene?”

Lei lo guardò, sorridendo impacciata.

“Era un modo per impressionarti,” lei disse, sentendosi un'idiota.

Lui mise una mano lungo il lato della sua gamba, per controllare se si fosse ferita.

“Non sono più umana,” lei scattò. “Non devi preoccuparti per me.”

Lei si pentì immediatamente di aver pronunciato quelle parole, e per il suo tono. Era venuta fuori come un'accusa, quasi come se si pentisse di essere stata tramutata. E non intendeva certo usare un tono brusco. Al contrario, lei amava il suo tocco, amava che fosse così protettivo. Avrebbe voluto ringraziarlo, dirgli questo e altro ancora, ma, come al solito, aveva fallito nell'intento, aveva detto la cosa sbagliata nel momento sbagliato.

Che terribile prima impressione come nuova Caitlin. Non riusciva proprio a tenere la bocca chiusa. Chiaramente, alcune cose non sarebbero mai cambiate, neanche con l'immortalità.

Lei si alzò e stava per poggiare la mano sulla sua spalla per scusarsi, quando improvvisamente, sentì un guaito, e una nuvola pelosa piombò sulla sua faccia. Si appoggiò indietro e capì che cosa fosse.

Rose. La sua cucciola di lupo, Rose saltò in braccio a Caitlin. Guaiva per la gioia, e leccava tutto il viso di Caitlin. Caitlin non potè fare a meno di scoppiare in una sonora risata. Abbracciò Rose, la spinse a terra e la guardò.

Sebbene ancora una cuccola, Rose era già cresciuta, ed era più grande di quanto Caitlin ricordasse. Caitlin pensò, e richiamò alla mente l'ultima volta che aveva visto Rose, nella Cappella del Re, che giaceva a terra, sanguinante, perché Samantha le aveva sparato. Era stata certa che Rose fosse morta.

“Si è ripresa,” Caleb disse, leggendole la mente, come sempre. “E' robusta. Proprio come sua madre,” lui aggiunse, con un sorriso.

Caleb doveva aver vegliato su entrambe per tutto questo tempo.

“Quanto tempo sono stata in questo stato?” Caitlin chiese.

“Una settimana,” Caleb le rispose.

 

Una settimana, Caitlin pensò. Incredibile.

Si sentiva come se fosse stata in tale condizione per anni. Si sentiva come se fosse morta e tornata in vita, ma in una nuova forma. Si sentiva come se fosse stata purificata, e stesse per cominciare una nuova vita, con una lavagna bianca.

Ma quando ricordò tutti gli eventi trascorsi, si rese conto che il trascorrere di una sola settimana era anche un'eternità. Avevano perso la Spada. E suo fratello Sam era stato rapito. Era passata un'intera settimana. perché Caleb non si era messo sulle loro tracce? Ogni minuto contava.

Caleb si alzò in piedi, e così fece anche Caitlin. Ferma di fronte a lui, lo guardò negli occhi. Il cuore della ragazza cominciò a palpitare. Lei non sapeva che cosa fare. Qual era il protocollo, l'etichetta, ora che erano entrambi vampiri? Ora che lui poteva essere identificato come il vampiro che l'aveva tramutata? Stavano insieme? Lui l'amava ancora di più, adesso che era diventata della sua razza? Ora che sarebbero stati insieme per sempre?

Lei si sentì più nervosa, quasi come se ci fosse ancora di più in gioco, molto più di quanto vi fosse mai stato.

Lei si allungò e pose gentilmente una mano sulla sua guancia.

Lui la guardò negli occhi, e gli occhi di lui risplendevano nella luce della luna.

“Grazie,” lei disse, dolcemente.

Lei avrebbe voluto dire, Ti amo, ma non non le era uscito bene. Avrebbe voluto chiedergli: starai con me per sempre? Mi ami ancora?

Ma, nonostante tutto, nonostante i poteri che lei aveva appena scoperto di possedere, non aveva il coraggio di dirlo. Avrebbe almeno potuto dire, Grazie di avermi salvata, o, Grazie di aver vegliato su di me, o Grazie per esserci. Lei sapeva a quanto lui avesse rinunciato per esserci, quanto avesse sacrificato. Ma tutto quello che riuscì a dirgli fu soltanto, Grazie.

Lui sorrise lentamente, e con una mano le spostò dolcemente i capelli dal viso, mettendoglieli dietro l'orecchio. Poi con il palmo della mano, così liscio, le accarezzò il viso, studiandola.

Lei si chiese che cosa stesse pensando. Le avrebbe espresso il suo amore eterno? L'avrebbe baciata?

Sentì che stava proprio per farlo e improvvisamente divenne nervosa. Nervosa per come la loro nuova vita sarebbe stata. Nervosa per quello che sarebbe avvenuto se le cose non avessero funzionato. Perciò, invece di assaporare quel momento, finì per rovinarlo, aprendo quella grossa bocca, quando tutto quello che voleva fare era tenerla chiusa.

“Che cosa è accaduto alla Spada?” chiese.

L'espressione del viso di Caleb mutò completamente. Passò da uno sguardo d'amore, di passione, ad uno che esprimeva profonda preoccupazione. Lei se ne accorse immediatamente: era stato come una nuvola nera che passa sopra un cielo d'estate.

Lui si voltò e fece diversi passi verso il bordo dei bastioni in pietra, e guardò verso il fiume.

Sei una vera idiota, lei pensò tra sé e sé. perché hai dovuto parlare? perché non hai lasciato semplicemente che ti baciasse?

A lei importava della Spada, questo era vero, ma non quanto le importasse di lui. Di loro, come coppia. Ma aveva rovinato il momento.

“Temo che la Spada sia andata,” Caleb disse dolcemente, voltandole le spalle, guardando fuori. “Ce l'hanno rubata. Prima Samantha, poi Kyle. Ci hanno colti di sorpresa. Non ho previsto il loro arrivo. Avrei dovuto”.

Caitlin gli si avvicinò, stando al suo fianco e allungando dolcemente una mano sulla sua spalla. Sperò che forse avrebbe potuto cambiare lo stato d'animo di nuovo.

“La tua gente sta bene?” lei chiese.

Lui si voltò e la guardò, ed aveva un'espressione ancora più preoccupata di prima.

“No,” lui rispose nettamente. “Il mio covo è in grave pericolo. Ed ogni minuto che passo lontano da loro, il pericolo aumenta.”

Caitlin pensò.

“Allora perché non sei tornato da loro?” chiese.

Ma lei già conosceva la risposta, ancor prima di formulare la domanda.

“Non potevo lasciarti,” replicò. “Dovevo assicurarmi che tu stessi bene.”

Era tutto qui? Caitlin pensò. Si era solo preoccupato di vedere che lei stesse bene? E non appena se ne fosse assicurato, l'avrebbe lasciata?

Da un lato, Caitlin sentì un'ondata d'amore per lui, essendo ben consapevole di che cosa avesse sacrificato. Ma, dall'altro, si chiese se lui si preoccupasse soltanto del suo benessere fisico e non di loro in quanto coppia.

“Allora …” Caitlin cominciò, “ora che puoi vedere che sto bene … te ne andrai?”

Era una domanda venuta fuori in un modo troppo brutale. Che cosa c'era di sbagliato in lei? perché non poteva essere più dolce, gentile, come lo era stato lui? Certamente non intendeva esprimersi in quel modo. Quello che avrebbe voluto dire era: Ti prego, non lasciarmi mai.

“Caitlin,” cominciò dolcemente, “voglio che tu capisca. La mia famiglia, la mia gente, il mio covo – sono tutti in grave pericolo. La Spada è là fuori, ed è nelle mani sbagliate. Devo riportarla a loro. Devo salvarli. In verità, avrei dovuto andarmene una settimana fa … e ora che vedo che ti sei ripresa, insomma … non che io voglia lasciarti. E' che devo salvare la mia famiglia” disse gentilmente.

“Potrei venire con te” Caitlin rispose, speranzosa. “Potrei essere di aiuto.”

“Non ti sei ripresa completamente,” lui disse. “Quell'atterraggio brusco non è stato un incidente. Ad ogni vampiro occorre del tempo per padroneggiare bene i propri poteri. E ,nel tuo caso, sei stata colpita brutalmente dalla Spada. Potrebbero volerci giorni, o settimane per guarire. Se venissi, potresti farti del male. Il campo di battaglia non è un posto per te ora. Ti istruiranno qui. Ecco perché ti ci ho portata.”

Caleb si voltò ed attraversò la terrazza, guidandola, e indicò in direzione del cortile.

Lì, lontano di sotto, c'erano dozzine di vampiri, illuminati dalla luce delle torce, che si allenavano, combattevano e lottavano tra loro.

“Questa isoletta ospita uno dei migliori covi che ci sono,” Caleb disse. “Hanno accontentito ad accoglierti. Ti insegneranno. Ti prepareranno. Ti renderanno più forte. E poi, quando i tuoi poteri saranno pienamente sviluppati, e quando sarai completamente guarita, sarò onorato di averti al mio fianco per combattere. Fino ad allora, temo che non potrò lasciarti venire. La guerra a cui sto per prendere parte sarà molto pericolosa. Anche per un vampiro.”

Il sopracciglio di Caitlin si aggrottò. Aveva temuto che lo avrebbe sentito pronunciare quelle parole.

“Ma che cosa accadrebbe se tu non tornassi?” lei chiese.

“Se sarò vivo, tornerò da te. Te lo prometto.”

“E se invece non dovessi sopravvivere?” Caitlin chiese, quasi troppo spaventata di aver pronunciato quelle parole.

Caleb si voltò e guardò verso l'orizzonte, e respirò profondamente. Guardò le nuvole, e non disse una sola parola.

Ora era l'occasione di Caitlin. Voleva disperatamente cambiare argomento. Lui era determinato a partire, lo capiva e nulla lo avrebbe fermato. Ed era chiaro che non l'avrebbe portata con sé. Provò un'ondata di spossatezza e sapeva che aveva ragione: non era pronta a combattere. Aveva bisogno di guarire.

Non voleva perdere dell'altro tempo, provando a fermarlo. E non voleva più parlare di vampiri, guerre o spade. Voleva impiegare il prezioso tempo che restava, a parlare di loro due. Caitlin e Caleb. Loro in quanto coppia. Del loro futuro. Del loro amore reciproco. Del loro impegno reciproco. A che punto si trovavano esattamente?

Si rese improvvisamente conto di una cosa ancora più importante: per tutta la durata del tempo che avevano trascorso insieme, sin dal loro primo incontro, lei lo aveva sempre dato per scontato. Non si era mai fermata per prendersi un attimo, per guardarlo negli occhi e dirgli esattamente quanto lo amasse. Ora era una donna, e sentiva che era giunto il momento di comportarsi da persona matura, agire come una donna. E dirgli che cosa provava davvero per lui. Aveva bisogno che lui lo sapesse. Forse lui lo percepiva, percepiva quanto lei lo amasse, ma lei non lo aveva mai espresso con le parole. Caleb, ti amo. Ti amo dal primo istante in cui ti ho incontrato. Ti amerò sempre.

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