Desiderata

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Из серии: Appunti di un Vampiro #5
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Caitlin finalmente terminò, e controllò la stanza di nuovo. Si scioccò. Quella che prima era una stanza buia e poco invitante, ora era diventata una stanza incredibilmente piena di luce, con una vista sull'oceano.

Caitlin passò poi ai pavimenti; inginocchiata a terra, prese a strofinarli centimetro per centimetro. Guardava con soddisfazione mentre lo sporco venivano via, e le belle ed enormi pietre cominciavano a splendere.

Poi, si rivolse all'enorme mensola sopra il camino, togliendo anni di polvere. Poi, passò all'enorme specchio lavorato posto al di sopra di esso, sfregandolo fino a quando non iniziò a brillare. Lei era nervosa per il fatto che non potesse ancora specchiarsi—ma sapeva che non c'era molto che potesse fare per risolvere la questione.

Dopo, si occupò del lampadario, pulendo tutti i cristalli dei portacandele. Dopotutto, si concentrò sul letto a baldacchino. Lavò tutti i posti, e poi il telaio, riportando lentamente alla vita l'antico legno. Afferrò le vecchie lenzuola e andò in terrazza e le scosse fortemente, e nuvole di polvere si innalzarono ovunque.

Caitlin tornò nella stanza, la sua aspirante camera da letto, e la osservò: adesso era magnifica. Splendeva così forte, così come ogni altra stanza in qualsiasi castello. Era sempre medievale, ma almeno ora era fresca ed invitante. Era felice all'idea di vivere lì.

Lei guardò in basso e vide che l'acqua nel secchio era diventata completamente nera; con un salto, fu in fondo alle scale e uscì fuori dalla porta, per andare a vuotarlo nel ruscello.

Caitlin sorrise al pensiero della reazione di Caleb quando sarebbe tornato. Sarebbe stato così sorpreso, pensò. Il suo prossimo passo sarebbe stato occuparsi della camera da pranzo. Avrebbe tentato di creare un ambiente intimo, in cui avrebbero consumato il loro primo pasto insieme nella nuova casa — il primo, sperava, di una lunga serie.

Ma, appena giunta al ruscello, mentre era inginocchiata sulla morbida erba, svuotando e riempiendo il secchio, improvvisamente avvertì una sensazione di allarme. Sentì un fruscio, vicino, e sentì un animale avvicinarsi a lei.

Si voltò rapidamente, e fu sorpresa da quello che vide.

Avvicinandosi a lei lentamente, a pochi metri di distanza, c'era un cucciolo di lupo. Aveva tutto il pelo bianco, fatta eccezione per una singola striscia di grigio che aveva sulla fronte e sulla schiena. Quello che più colpì Caitlin erano i suoi occhi: guardavano Caitlin come se la conoscesse. C'era di più: erano gli stessi occhi di Rose.

Caitlin sentì il cuore batterle forte. Sentiva come se Rose fosse tornata dal mondo dei morti, si fosse reincarnata in un altro animale. Quell'espressione, quella faccia. Il colore della pelliccia era diverso, ma, per il resto, sembrava Rose rinata.

Anche la cucciola appariva stupita di vedere Caitlin. Si fermò, guardandola, poi lentamente, cautamente, fece alcuni passi incerti verso di lei. Caitlin fece una scansione della foresta, guardando per vedere se altri cuccioli fossero nelle vicinanze, o la mamma. Lei non intendeva trovarsi impegnata in una lotta.

Ma non c'erano altri animali in vista.

Appena Caitlin esaminò la cucciola più attentamente, capì il perché. Zoppicava molto, con il sangue che fuorisciva da una zampa. Sembrava ferita. Era stata probabilmente abbandonata dalla sua mamma, realizzò Caitlin, lasciata a morire.

La cucciola abbassò la testa, e camminò lentamente, fino a Caitlin. Poi, con sorpresa di Caitlin, abbassò la testa e la appoggiò sulle sue gambe, guaendo leggermente, mentre chiudeva gli occhi.

Il cuore di Caitlin sobbalzò. Rose le era mancata così tanto, e ora era come se fosse tornata da lei.

Caitlin mise giù il secchio, e prese la cucciola in braccio. La tenne vicina al petto, piangendo mentre lo faceva, ricordando tutto il tempo che aveva trascorso con Rose. Nonostante tutto, le lacrime le scesero lungo le guance. La cucciola, come a percepire questo, si abbassò e leccò le lacrime dal suo viso.

Caitlin si abbassò e la baciò sulla fronte. La abbracciò, stringendola al petto. In nessun modo l'avrebbe lasciata andare. Avrebbe fatto qualsiasi cosa pur di farla guarire e riportarla alla vita. E, se la lupa avesse voluto, l'avrebbe tenuta con sé.

“Come dovrei chiamarti?” Caitlin chiese. “Non posso usare di nuovo Rose …. Che ne pensi di … Ruth?”

La cucciola improvvisamente leccò la guancia di Caitlin, come per rispondere al nome. Quella fu la risposta definitiva di cui Caitlin aveva bisogno.

E dunque, si sarebbe chiamata Ruth.

*

Caitlin, con Ruth al suo fianco, aveva appena terminato di pulire la camera da pranzo, quando scorse qualcosa di interessante lungo la parete. Lì, accanto al camino, c'erano due lunghe spade d'argento. Ne prese una, la spolverò e ne ammirò l'impugnatura, ricoperta di pietre preziose. Era una splendida arma. Poggiò in terra straccio e secchio, e non riuscì a fare a meno di fare un tentativo. Fece oscillare forte la spada, a destra e a sinistra, descrivendo ampi cerchi, muovendo le mani, in tutta la stanza. Avvertì una bella sensazione.

Si chiese quante altre armi ancora Caleb tenesse lì. Avrebbe potuto allenarsi un giorno.

“Ho visto che hai trovato le armi,” lui disse, entrando improvvisamente dalla porta. Immediatamente, Caitlin rimise a posto la spada, frettolosamente, sentendosi in colpa.

“Scusa, non intendevo frugare nella tua roba.”

Caleb rise. “La mia casa è tua,” lui disse, mentre camminava nella stanza, trasportando due enormi cervi sulle spalle. “Tutto quello che è mio, è tuo. Inoltre, sei la mia ragazza. Anch'io sarei andato dritto alle spade,” replicò con un sorriso.

Attraversò la stanza, trasportando il cervo, poi improvvisamente si fermò e si voltò, ed ebbe una reazione a scoppio ritardato.

“Accidenti,” lui esclamò con stupore. “Sembra un posto nuovo!”

Se ne stette lì a guardare, con gli occhi spalancati. Caitlin vide quanto fosse impressionato, e ne fu felice. Anche lei guardò la stanza, e vide che, in effetti, aveva subito una bella trasformazione. Ora avevano una splendida camera da pranzo, con tavolo e sedie pronti per il loro primo pasto.

Ruth improvvisamente guaì, e Caleb guardò in basso e la vide per la prima volta. Lui sembrò ancora più sorpreso.

Caitlin improvvisamente si preoccupò, temendo che lui non volesse la cucciola lì.

Ma fu sollevata nel vedere che gli occhi di Caleb si spalancarono per la gioia.

“Non posso crederci,” Caleb disse, guardando, “quegli occhi…assomiglia proprio a Rose.”

“Possiamo tenerla?” Caitlin chiese, esitando.

“Mi piacerebbe tanto,” lui rispose. “L'abbraccerei, ma ho entrambe le mani impegnate.”

Caleb continuò con il cervo, camminando per la stanza, e dirigendosi lungo il corridoio. Caitlin e Ruth lo seguirono, e lo guardarono mettere giù il cervo in una piccola stanza, su una grossa lastra di pietra.

“Visto che non cuciniamo davvero,” disse, “ho pensato di scolare il sangue per noi. Poi potremo berlo insieme, per cena. Ho pensato di occuparmi di rimettere a posto qui, così potremo sederci davanti al camino e bere comodamente.”

“Mi piacerebbe molto” Caitlin disse.

Ruth si sedette ai piedi di Caleb, guardando in alto e guaendo, mentre lui tagliava. L'uomo sorrise, tagliò un piccolo pezzo per lei, e glielo diede da mangiare. Lei lo prese al volo, lo mangiò e guaì chiedendone altro.

Caitlin tornò nella stanza da pranzo, e cominciò a strofinare per ripulire i calici che aveva visto. Di fronte alla mensola c'era una pila di pellicce, e lei le raccolse e le portò fuori in terrazza, scutendole per prepararle.

Mentre attendeva che Caleb finisse, guardò verso il sole, mentre tramontava all'orizzonte. Poteva sentire il rumore delle onde, respirare l'aria impregnata di sale, e non si era mai sentita più rilassata. Se ne stette lì e chiuse gli occhi, e non era nemmeno consapevole di quanto tempo fosse passato.

Quando aprì di nuovo gli occhi, era quasi buio.

“Caitlin?” giunse la voce, chiamandola.

Lei si voltò e si precipitò dentro. Caleb era già lì, ed aveva in mano due enormi calici d'argento colmi del sangue di cervo. Lui era intento ad accendere le candele, in tutta la stanza poco illuminata. Lei gli si avvicinò, mettendo giù le pellicce.

In pochi istanti, la stanza era completamente illuminata da candele accese in ogni angolo. I due si sedettero insieme sulle pellicce davanti al camino, e Ruth si precipitò ad accucciarsi accanto a loro. Le finestre erano aperte e una brezza leggera penetrava; l'aria stava cominciando a rinfrescarsi.

I due si sedettero l'una accanto all'altro, e si guardarono negli occhi, mentre brindavano.

Il liquido era così buono. Bevvero e bevvero, e, mentre lui lo faceva, lei non si era mai sentita così viva. Era incredibile. Anche Caleb sembrava ringiovanito, gli occhi e la pelle splendevano. Insieme si voltarono e si guardarono negli occhi.

Lui si allungò, toccandole lentamente una guancia con il retro della sua mano.

Il cuore di Caitlin cominciò a battere forte, e lei si rese conto di essere nervosa. Sembrava essere trascorsa un'eternità dall'ultima volta che era stata con lui. Aveva immaginato un momento come quello così a lungo ed ora era arrivato; sembrava che fosse la prima volta con lui, come se tutto ricominciasse di nuovo. Lei si accorse del fatto che la mano di lui stava tremando: pertanto anche Caleb era nervoso.

Restavano così tante cose che lei intendeva dire, così tante domande che voleva porgli, e lei vide che anche lui non vedeva l'ora di farle delle domande. Ma in quel momento, lei non si fidava di se stessa, e non se la sentiva di parlare. E apparentemente, nemmeno lui.

 

I due si baciarono con passione. Appena le sue labbra incontrarono quelle di lei, Caitlin si sentì sopraffare dall'emozione per lui.

Chiuse gli occhi, mentre lui si avvicinava di più, per incontrarsi in un abbraccio appassionato. Rotolarono sulle pellicce, e lei sentì il suo cuore esplodere dall'emozione.

Finalmente, lui era suo.

CAPITOLO OTTO

Polly percorse velocemente numerosi corridoi di Versailles – i suoi passi riecheggiavano sul pavimento di marmo – per poi imboccarne uno lunghissimo, con altissimi soffitti e lampadari, ornato da cornici, camini marmorei, enormi specchi. Tutto splendeva.

Ma lei a malapena lo notò; le sembrava ovvio. Vivendo lì da anni, riusciva a malapena ad immaginare un'altra forma di esistenza.

Ma era molto colpita da Sam. Un visitatore come lui non faceva affatto parte della sua vita quotidiana e, in effetti, era piuttosto insolito. I visitatori vampiri erano rari, specialmente se provenienti da un'altra epoca, e, quando lo facevano, ad Aiden non sembrava mai importare. Sam doveva essere molto importante, comprese. Lui la intrigava. Sembrava un po' giovane, e un po' imbranato.

Ma c'era qualcosa in lui, qualcosa che non riusciva a definire. Sembrava come se, in qualche modo, lei avesse una sorta di connessione con lui, come se lei lo avesse incontrato prima o lui fosse connesso con qualcuno, importante per lei.

Il che era così strano, proprio perché la notte precedente, lei aveva fatto uno dei sogni più vividi di sempre. Aveva sognato una vampira di nome Caitlin. Poteva vedere il suo volto, i suoi occhi, i suoi capelli, persino in questo momento. Nel sogno, le veniva detto che questa ragazza era stata la sua migliore amica per la vita, e, per tutta la durata del sogno, sembrava che fossero sempre state amiche. Lei si era svegliata con la sensazione che fosse così reale, che si trattasse di più di un incontro, di un sogno. Non riusciva a capire, ma si era svegliata ricordando tutto di questa ragazza, ricordando tutti i momenti che avevano trascorso insieme.

Non aveva alcun senso, perché Polly sapeva che non era mai stata in nessuno di quei posti. Si chiese se forse, in qualche modo, aveva visto il futuro? Sapeva che i vampiri si visitavano tra loro nei sogni, e che, talvolta, avevano il potere di vedere nel futuro e nel passato. Ma questi poteri erano anche imprevedibili. Poteva trattarsi di un mondo di illusioni. Non si poteva mai sapere: si stava prevedendo il futuro, stava vedendo il passato o stava semplicemente sognando?

Dopo il sogno, Polly si era risvegliata cercando Caitlin, come se la conoscesse davvero. Si scoprì a sentire la sua mancanza, mentre camminava per il corridoio. Era una cosa folle. Sentire la mancanza di una ragazza che non aveva nemmeno mai incontrato.

E poi, quel ragazzo è entrato in scena, Sam. E per qualche assurda ragione, Polly sentiva la sua energia connessa a quella di lei. Come poteva lei possibilmente sapere. Stava immaginando anche questo?

Inoltre, scoprì di provare qualcosa per Sam. Non poteva dire di essere innamorata di lui. Ma non poteva neppure dire di non essere attratta da lui. C'era qualcosa su di lui. Ma non si trattava di un sentimento legato all'amore. Era più vicino ad essere … affascinata. Voleva sapere di più.

Quello che la rendeva più agitata era sapere che Kendra gli avesse già messo gli occhi addosso. Non necessariamente che lo volesse per sé. Era in un certo senso troppo presto per lei saperlo. Ma piuttosto perché lui sembrava così innocente, così ingenuo, influenzabile. E Kendra era un avvoltoio. Lei faceva parte della famiglia reale, una a cui nessuno aveva mai detto No in tutta la sua vita, ed aveva un modo magico di ottenere tutto quello che voleva, da chiunque volesse.

Polly aveva sempre percepito che Kendra avesse una sorta di agenda sinistra. Per anni, aveva tentato di farsi tramutare da ogni vampiro nel suo covo. Naturalmente, era proibito, e nessuno l'avrebbe fatto. Ma ora, era sicura che mirasse a Sam. Il sangue fresco era arrivato, e lei era determinata a riprovare. Polly rabbrividì, non apprezzando l'idea di quello che poteva accadere a Sam, se Kendra si fosse dimostrata determinata.

Sì, questo era certamente un giorno insolito per lei. La sua mente era preda delle emozioni, mentre camminava in fondo al corridoio, e si rese conto che era già tardi. Il nuovo cantante, di cui tutti parlavano, si stava esibendo in un concerto privato per Maria ed il suo entourage. L'artista si trovava lì da settimane, e tutte le altre ragazze erano interessate non solo alla sua voce, ma anche al suo aspetto. Lei non vedeva l'ora di vederlo con i suoi occhi. Aveva desiderato molto questo momento e ora era delusa di essere arrivata tardi.

Ecco il problema di quel posto, lei pensò, mentre stava camminando lungo un altro corridoio. Era davvero troppo grande. Era impossibile arrivare ovunque in tempo.

Polly camminò a passo svelto, infine raggiunse la fine di un altro corridoio e due guardie aprirono le immense porte doppie per lei. Entrò a passo svelto ma, appena richiuse le porte alle sue spalle, sentì un'ondata di imbarazzo travolgerla.

Tutti nella stanza si voltarono e la guardarono; mentre il cantante proseguì nella sua esibizione, lei si rese conto di aver interrotto il concerto. Il volto le divenne rosso per l'imbarazzo, mentre si sistemava nel retro della stanza, sedendosi in mezzo ai suoi amici.

Tutti si girarono lentamente, e, mentre lo fecero, lei si sistemò al suo posto, comprendendo che il concerto era quasi finito.

Polly si guardò in giro, osservò con attenzione e restò immediatamente colpita dal volto del cantante. Era persino molto più bello di quanto tutti avessero detto. Aveva delle sembianze scure, con occhi e capelli neri e ondulati. Il suo volto era perfettamente cesellato. Era abbigliato molto regalmente, dalla testa ai piedi, indossava una giacca nera di velluto, con calze bianche, e lucide scarpe nere. Era al centro di un piccolo palco, e sembrava così sicuro di sé, così controllato. Sembrava essere … russo.

Ma ancora più di questo: la sua voce era ipnotica. Mentre cantava, Polly era immobilizzata. Era completamente catturata, non in grado di fare altro che ascoltare, incapace di guardare altrove.

Polly era persa in una nebbia appena il canto cessò, con lo sguardo ancora fisso, ancora ascoltando le note finali, mentre tutti gli altri si alzarono, applaudendo e avvicinandosi a lui. L'intera stanza si radunò intorno a lui, e lui se ne stava lì, sorridendo e godendosi l'attenzione.

Polly si fece lentamente largo tra la folla. Potè vedere l'adorazione di tutte le altre ragazze, e lei si fece avanti e diede un'occhiata.

Lui si voltò e la guardò, fissando lo sguardo su di lei. Sembrava guardarla con un po' di disdegno, con uno sguardo sfacciato ed arrogante, come per suggerirle che dovesse guardarlo con ammirazione.

“Mi … è piaciuto il tuo concerto,” Polly disse, realizzando di essere nervosa.

“Naturalmente,” lui disse. “Perché non avrebbe dovuto?”

Le altre ragazze esplosero in un risolino, e Polly pensò che il suo commento fosse in qualche modo rude. Inoltre, lei nono riusciva a distogliere lo sguardo.

“Bene, se non stai soltanto guardando in questo modo, potresti anche dirmi il suo nome,” lui disse.

Polly balbettò, colta di sorpresa. Nessuno le aveva mai parlato in quel modo prima. Una parte di lei le suggeriva che avrebbe semplicemente dovuto allontanarsi; ma un'altra parte, invece le comunicava che non poteva farlo.

“Polly,” lei disse affannosamente.

“Polly,” lui ripetè, con una risatina. “Come un uccello.”

Polly divenne rossa per l'imbarazzo, mentre le altre ragazze esplosero in una risatina. Lei non sapeva se fosse innamorata di quell'uomo, o lo odiasse. Come poteva essere così arrogante?

“Bene, Polly,” lui disse, con un accento vago, “ti dirò il mio nome.”

Sollevò lentamente la sua mano, che era pallida e morbida, come quella di una ragazza.

“Sergei,” lui annunciò orgogliosamente, come se lei dovesse essere emozionata di saperlo.

Lei prese la mano nella sua, guardando, incapace di distogliere lo sguardo.

“Sergei,” lei ripetè, affannosamente.

E, nonostante tutto, sebbene il fatto che lui si fosse voltato improvvisamente, per parlare con le altre ragazze, nonostante la bandiera rossa che le urlava di andare via, lei sapeva che era già disperatamente innamorata.

CAPITOLO NOVE

Caitlin si svegliò felice, lentamente aprendo gli occhi, sentendosi completamente riposata e rilassata. Era la prima notte dopo tanto tempo, in cui non aveva sognato suo padre—infatti, non aveva fatto alcun sogno a dire il vero. Era anche la prima notte, da quello che riusciva a ricordare, in cui non era stata svegliata bruscamente, in cui era stata in grado di dormire per quanto volesse.

Caitlin si destò dal sonno, alla luce del sole che filtrava dalle finestre poste su entrambi i suoi lati, mentre dalle finestre aperte giungeva il rumore delle onde. Poteva sentire l'odore fresco dell'oceano, che penetrava nella stanza.

Lei guardò meglio, realizzando che stava dormendo con la testa appoggiata al petto di Caleb. Erano entrambi svestiti, sotto le coperte, e lei dormiva tra le sue braccia.

Guardò in alto, e vide che lui aveva gli occhi chiusi, ed era ancora profondamente addormentato.

Per la prima volta da quanto lei riuscisse a ricordare, Caitlin si sentì completamente a suo agio. Lì, in quel posto, in quell'epoca, tra le braccia di Caleb, sentiva che nulla poteva andar male. Voleva che quell'istante durasse in eterno, per aggrapparvici. Alla fine, era come se non ci fosse nulla di minaccioso all'orizzonte, nulla di imminente che potesse cambiare la loro vita.

Caitlin si guardò intorno nella stanza, e scorse il cofanetto d'argento che conteneva la lettera di suo padre, ancora chiuso. Appena lo guardò, ebbe un istante di preoccupazione: sentiva che se lo avesse aperto, se avesse letto la lettera, l'avrebbe condotta altrove, e le cose sarebbero cambiate. Distolse lo sguardo dal cofanetto, più determinata che mai, a non aprirlo.

Si alzò dal letto e camminò nella stanza, a piedi nudi che le davano una piacevole sensazione a toccare il pavimento fresco di pietra, e prese il cofanetto prezioso e lo nascose dietro una tenda. Non intendeva guardarlo. Non voleva che alcunchè cambiasse. Era determinata perché le cose non cambiassero.

Caitlin si vestì lentamente, indossando i nuovi abiti che la suora le aveva dato. Li aveva lavati la notte prima al ruscello, e li aveva appesi ad asciugare sopra un gargoyle fuori dalla sua finestra. Fu sorpresa di quanto rapidamente si fossero asciugati, di quanto fossero diventati freschi, mentre li indossava. Era pronta ad affrontare la giornata.

Caitlin doveva fare qualcosa per ricostituire il proprio guardaroba. Ora che si era finalmente stabilizzata—ed in un enorme castello con infinito spazio a disposizione — era sicura di potersi attrezzare. Se fosse stato necessario, avrebbe cucito, lavorato a maglia — qualunque cosa fosse necessaria. Con tutte le pecore che si trovavano in giro, era certa che dovesse esserci un contadino locale che vendesse qualche sorta di vestito. Non sarebbe stata la moda del secolo XXI, ma poi di nuovo, quello non era ciò che lei voleva. Voleva integrarsi, diventare parte di quell'epoca, di quel posto, di quelle persone. Più di ogni altra cosa, voleva solo vivere lì, per far sì che divenisse la sua nuova casa. Qualunque cosa quelle persone indossassero, anche lei sarebbe stata felice d'indossarla.

Caitlin aprì le enormi doppie porte in vetro, e uscì sul patio. La pietra riscaldata dal sole fu un toccasana per i suoi piedi, e lei sollevò il mento e sentì riscaldata dal sole. La suora le aveva dato nuove protezioni per la pelle, e nuove gocce per gli occhi, perciò il sole non l'aveva infastidita dopotutto. Al contrario, la fece sentire bene.

Raggiunse la cima della balaustra, ci mise sopra le mani, e guardò verso l'orizzonte. Fu accarezzata dalla brezza dell'oceano, mentre guardava in direzione dell'infinito cielo blu, sopra le ondeggianti colline, e vedeva le onde infrangersi a distanza. La spiaggia era completamente vuota. Sembrava che quello fosse un luogo remoto, lei si chiese se qualcuno venisse mai alla spiaggia.

“Eccoti qua,” giunse la voce.

 

Caitlin si voltò e fu felice di vedere Caleb in piedi, già vestito, che le veniva incontro.

Lui si diresse verso di lei, con un enorme sorriso dipinto sul suo volto, e anche lei esplose in un sorriso. Fece due passi verso di lui, e si persero in un lungo bacio, seguito da un abbraccio.

Era così bello stare tra le sue brccia, specialmente quando era la prima cosa al mattino.

Lentamente, si staccarono l'uno dall'altra e si guardarono negli occhi.

“Ti ho sognata,” lui disse.

“Spero fosse un bel sogno.”

Il sorriso di lui si allargò. “Naturalmente.”

Lei era curiosa di sapere che cosa lui avesse sognato, ma non chiese nulla, e non volle ficcanasare. Caleb era fatto così: a volte, poteva cadere misteriosamente in silenzio, e a volte, era difficile leggere i suoi pensieri. Naturalmente, avevano entrambi il potere di leggere i loro pensieri reciproci, ma lei notò anche che, paradossalmente, quando erano vicinissimi, era più difficile sentire ciò che entrambi stavano pensando. Era quasi come se più fossero innamorati, tanto più il loro potere venisse oscurato. Come se determinate cose dovessero restare nascoste.

Lei voleva disperatamente sapere tutto quello che lui stava pensando, ma di nuovo, non riuscì a leggere la sua mente.

Gli prese la mano, e camminarono insieme fino alla terrazza, guardando fuori.

“Amo questo posto,” lei disse. “Sto già pensando a tutti i modi in cui possiamo metterlo in sesto.”

Appena lei pronunciò quelle parole, notò che il sorriso sul volto di lui si abbassò, sebbene lievemente. Era un leggero cambio di espressione, ma lei gli era abbastanza vicina ora da poterlo vedere. Lei sentì anche la presa della sua mano allentarsi, proprio appena. Non riusciva a leggergli la mente, ma in quanto donna, poteva percepire un lieve distacco.

Perché? lei si chiese.

“Sarebbe grandioso,” lui disse.

Ma c'era qualcosa nel tono della sua voce, qualcosa di appena accennato che avvertì: qualcosa lo infastidiva. Era turbato da qualcosa.

Lo stava immaginando?

Che cosa era andato male? lei si chiese. Sta cambiando idea su noi due?

Lei era lì e lo guardava negli occhi, persi verso l'orizzonte, provando a capire che cosa lui stesse pensando.

“Sei felice di essere tornato qui?” gli chiese, insistendo gentilmente.

“Sì, tanto,” fu la risposta.

Caitlin intendeva dire: Allora perché vedo la tristezza nei tuoi occhi? Sono io? Non mi ami quanto pensavi?

Ma aveva troppa paura di chiedere. E non voleva spingerlo via.

E allora Caitlin cadde nel silenzio. Ma sentiva anche che il suo cuore cominciava a spezzarsi lentamente.

Ripensò alla loro relazione, a tutti i posti in cui erano stati. New York City. Boston. Edgartown. Venezia. Roma. Erano sempre stati in fuga; non avevano mai avuto il tempo di starsene tranquilli, di stare insieme. Di godere del loro essere una coppia.

Ora, era giunto il loro momento. Forse adesso che non c'erano più ostacoli, che non c'era nulla a separarli, non era così eccitante per lui. Forse aveva paura di starle così vicino. Forse l'unica cosa che l'aveva fatto innamorare di lei, Caitlin temeva, erano state le circostanze, il fatto che non potessero stare insieme.

Forse, ora che erano insieme, lui non sapeva che cosa fare.

E Caleb era davvero il tipo di uomo adatto a vivere una vita domestica, senza essere in fuga da qualcosa, senza impegnarsi ad andare in battaglia? Contento di starsene semplicemente seduto lì e crearsi una casa per poi viverci?

Caitlin cominciò a preoccuparsi. Forse lui non lo era. Dopotutto, considerato il modo in cui aveva vissuto per gli ultimi mille anni. Come poteva possibilmente cambiare tutto ora? Solo per lei?

O, Caitlin si chiese se la sua mente le stesse solo tirando dei brutti scherzi? Stava solo immaginando tutto? La stava allontanando dalle proporzioni? Era solo troppo sensibile per vedere le cose che non c'erano? Dopotutto, lui aveva detto che sarebbe stato grandioso. Intendeva davvero quello?

Caitlin sapeva che doveva andare in fondo alla questione. Non poteva sopportare di vivere in una menzogna. Se per qualche ragione, lui non fosse interessato a lei, doveva saperlo. Doveva.

Si sentì tremare lentamente, appena si preparava a formulare la domanda.

“Caleb,” iniziò dolcemente, con la gola secca e la voce tremante, “Va tutto bene?”

Lui la guardò, con aria interrogativa.

“Sembri … triste,” lei disse. “Come se non fossi completamente felice.”

“Io …” lui cominciò, ma poi si bloccò. Si fermò e sospirò profondamente. “Sono molto felice di stare con te.”

Questo fu tutto ciò che riuscì a dire. E le sembrò alquanto forzato.

“Mi scuseresti soltanto per un momento?” lui le chiese educatamente.

Caitlin annuì, troppo turbata per parlare.

E con quelle poche parole, lui si voltò e lasciò il patio, sparendo presto alla vista.

Dov'era andato? Perché se n'era andato così all'improvviso?

Caitlin non ne aveva idea, ma questo confermò i suoi sospetti. Lui non poteva proprio restare lì, con lei, a godersi la vista. C'era qualcosa dentro di lui. Qualcosa di abbastanza forte da volerlo fare andare via.

Caitlin sentì il suo mondo lentamente disgregarsi.

Che cosa poteva essere?

Poi le venne in mente. Sera. L'ultima volta che lo aveva visto, era sposato con lei. Forse era ancora ben impresso nella mente di Caleb. Nutriva ancora dei sentimenti per lei? Ora stava pensando a lei? L'aver dormito insieme la scorsa notte aveva fatto riemergere i suoi sentimenti per lei?

Dove trattarsi di questo, realizzò Caitlin. Non riusciva a trovare un'altra spiegazione plausibile. Caleb doveva sentire la sua mancanza. Lei era nella sua mente. Forse si stava preparando a dirle che doveva partire, per andare a cercare Sera.

Caitlin non poteva leggergli la mente, ma era una donna dopotutto. E come ogni altra donna, sentì il cuore cominciare a rompersi in milioni di piccoli pezzi.

*

Caleb lasciò immediatamente il balcone, e attraversò le stanze del castello, sopraffatto dall'emozione. Nonostante tutto, non riusciva a smettere di pensare a suo figlio Jade. Non riusciva a togliersi dalla mente l'immagine, in cui lui teneva tra le braccia il suo cadavere.

Appena si diresse rapidamente nell'altra stanza, scoppiò in lacrime. Non poteva permettere che Caitlin lo vedesse in quelle condizioni. Aveva dovuto allontanarsi da lei velocemente.

Aveva amato così tanto Jade. Il ragazzo era proprio come lui in tanti modi, e sarebbe diventato non solo un grande guerriero, ma anche un grande giovane uomo. Caleb non avrebbe mai immaginato di trascorrere la vita senza di lui.

Ora, sentiva il dolore crescergli dentro improvvisamente, e velocemente. Dopo la morte di Jade, Caleb non aveva avuto alcun rimpianto di essere tornato indietro nel tempo. Al contrario, era eccitato di essere lontano da Sera, alla quale non si era mai sentito davvero vicino, ed eccitato di essere tornato con Caitlin. Era emozionato di avere avuto la possiblità di salvarla al Colosseo, e anche di trovarsi ora al suo fianco. Infatti, era la sola cosa che lo faceva andare avanti.

Era stato così coinvolto nel turbinio degli eventi, nel trovarla e riportarla nella sua casa, che non aveva avuto un momento fino ad ora per sentire il vero impatto causato dalla perdita di Jade. Ma ora era spuntato fuori dal nulla, quando meno se lo aspettava, e lo aveva sopraffatto. Ecco perché aveva lasciato il fianco di Caitlin così in fretta. Era il loro primo giorno lì, avevano appena trascorso una memorabile notte insieme, e lui voleva che lei fosse felice. Non intendeva trascinarla nella sua tristezza.

Caleb camminò da una stanza all'altra, poi si diresse verso una porta nascosta, che conduceva ad un'intricata e stretta scalinata. La percorse, girando a destra e a sinistra, finchè non si ritrovò in cima ad una piccola torretta circolare, posta al terzo e più alto piano del castello. Lì, in cima, c'era un piccolo salotto, un gazebo in pietra all'aperto, che utilizzava per ritirarsi nei momenti di preoccupazione. Si sedette sul davanzale di pietra, in un incavo usurato, e guardò verso l'oceano.

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